Press review

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
05 April 2020

L'Unione Sarda



 

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 5 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 7

IL FUTURO. Camerieri in mascherina, spese on line e tanta tecnologia

La vita dopo il Covid: ecco cosa cambierà
BANCO DI PROVA. Angelo Bagnasco: “La pandemia cambierà le nostre vite ma permetterà anche di capire nei fatti se l’Europa è una comunità di popoli

L'unica certezza è un'ammissione di incertezza: «Tutto quanto non sarà più come prima». Una prospettiva che in queste settimane di quarantena e dati statistici mette d'accordo chiunque: leader politici e speculatori, sociologi e influencer, star dello spettacolo e studenti, imprenditori e casalinghe. Ma come cambieranno davvero le nostre vite? Ecco qualche ipotesi.

Casa

Ci siamo stati molto e alcune abitudini rimarranno. Dovendo diffidare dell'ascensore, nel quale è difficile mantenere le distanze, continuerà la riscoperta delle scale utili anche all'esercizio fisico. Per garantire la sicurezza dell'ambiente domestico si è ormai diffusa l'abitudine di abbandonare le scarpe all'ingresso. Mascherine, guanti e detergente saranno i nuovi accessori obbligati. Ma il problema sarà smaltirli, visto che non sono rifiuti facili da trattare.

Controlli

Dopo averla difesa a denti stretti saremo costretti a cedere sul piano della privacy. Il tracciamento da parte di app per individuare assembramenti o contatti con persone infette è cosa di giorni, ma il futuro non ha limiti. Le app potrebbero spingersi anche a individuare comportamenti a rischio o sintomi pericolosi.

Lavoro e commercio

Il lavoro a domicilio si sta diffondendo forzosamente nel mondo delle imprese e della PA. Superata la quarantena si tornerà in fabbrica e negli uffici, ma alcune attività, resteranno efficienti anche ai “domiciliari”. Un vantaggio per molte famiglie. Un rischio per molte situazioni di precariato. Il coronavirus ha fatto volare il commercio online e la tendenza si rafforzerà ancora. Negozi e punti vendita anche di medie dimensioni diventeranno centri di distribuzione a domicilio per ordini effettuati da cataloghi.

Scuole e università

Dovranno riorganizzarsi: distanze, buone pratiche e disinfettanti, maggior uso della tecnologia, con corsi e lezioni online. Le università in particolare adotteranno il numero chiuso per chi la lezione vuole seguirla dall'aula, predisponendo sale di ascolto o accessi da remoto per gli altri.

Trasporti

Bus, metropolitane e treni sono i nuovi «nemici». Si va verso spazi delimitati per l'attesa e corse a «numero chiuso»: dovremo abituarci a percorsi di distanziamento e controlli. I mezzi verranno sottoposti a pulizie e disinfezioni dopo ogni corsa. Uno dei settori maggiormente rivoluzionato sarà il trasporto aereo. Dopo decenni di espansioni delle low cost, le compagnie dovranno riprogettare le procedure: termo scanner agli imbarchi, guanti e mascherine per i passeggeri, imbarco coi soli «finger», posti contingentati e assegnati ad adeguata distanza.

Ristoranti e palestre

Nei ristoranti verrà limitato il numero di clienti, con distanza di oltre due metri tra i tavoli. I camerieri gireranno in guanti e mascherina. Le prenotazioni diverranno la norma e le file per entrare dovranno essere distanziate. Molti punteranno sulle consegne a domicilio. Le palestre di grandi dimensioni si attrezzeranno invece con percorsi su prenotazione. E aumenteranno i corsi online con personal trainer in video che guidano lezioni ed esercizi a casa.

Cinema, teatri, discoteche

I posti saranno assegnati con prenotazione e il numero di spettatori limito. I percorsi filtrati inoltre diventeranno la norma.








2 - L’UNIONE SARDA di domenica 5 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 7

Specializzandi alleati dei medici
«È un privilegio aiutare il Paese»

Lo sforzo degli specializzandi è determinante per favorire la sconfitta del Covid-19. Sono i giovani camici bianchi i migliori alleati dei colleghi più esperti. Pietro è al quarto anno del corso in anestesia e rianimazione è ha scelto di lavorare per l'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Il giovane medico racconta la sua condizione: «Sono dove si combatte la battaglia più estrema. Dare la nostra disponibilità per ricevere l'incarico da specializzandi è stata la cosa più naturale del mondo». Per l'allievo della Statale di Milano i turni sono infiniti e la fatica è amplificata dalle bardature necessarie ad evitare il contagio: «La sera ho il cuore pesante ma mi ritengo un privilegiato. In un momento di difficoltà per il Paese ho l'opportunità di dare il mio contributo».

Servizio civile

I volontari del Servizio civile torneranno in servizio il 16 aprile. Potranno essere impiegati negli enti che soffrono per l'emergenza o continuare a collaborare con il Terzo settore. Il loro richiamo sarà ufficializzato nelle prossime ore da una circolare del dipartimento per le Politiche giovanili e il servizio civile di Palazzo Chigi.

Matteo Mascia








3 - L’UNIONE SARDA di domenica 5 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 11

L’emergenza. Le voci dei dipendenti delle ditte esterne pagati in media 500-600 euro al mese

«PULIAMO GLI OSPEDALI SENZA PROTEZIONI»
Oltre mille addetti, quasi tutte donne: un esercito invisibile che vice nella paura

«La mascherina me la sono fatta fare in cotone su suggerimento di un chirurgo, per proteggermi gli occhi invece uso gli occhiali per leggere. Quando ci affidano i servizi preghiamo che ci tocchino le scale, dove ormai non passa più nessuno, mentre ovviamente c'è il terrore di andare nei reparti, specie quelli più a rischio come Rianimazione, Radiologia e Pronto soccorso. La verità è che siamo invisibili e non certo da oggi, di noi non gliene frega niente a nessuno. Ma non possiamo dire niente perché altrimenti perdiamo il lavoro».

Le addette alle pulizie

Anna, nome di fantasia, lavora per una delle imprese esterne (quasi tutte non sarde) che si occupano delle pulizie negli ospedali dell'Isola. Mille dipendenti in tutta la Sardegna, il 90 per cento donne, moltissime separate e con prole. Un esercito retribuito con stipendi minimi. «I contratti full time possono arrivare a 900 euro ma la media è di 500-600 euro al mese», conferma lei. Da quando è scoppiata l'emergenza Covid-19 di loro, eroine poco pagate in primissima linea, non ha mai parlato nessuno. Eppure frequentano gli stessi ambienti di medici e infermieri. E soprattutto spetta a loro sanificare stanze di degenza, letti e barelle.

Poche protezioni

«Nonostante ciò non abbiamo dispositivi di protezione individuale adeguati - denuncia Anna - che ci vengono forniti solo se si devono pulire le stanze di pazienti risultati positivi. Le imprese private per cui lavoriamo dicono che noi non abbiamo rapporti diretti con i pazienti e quindi non ci sono rischi, ma quando si sanifica il letto di un paziente dimesso di solito accanto c'è quello di chi è ancora ricoverato. Senza considerare che abbiamo contatti continui con gli operatori sanitari, che spesso sono i primi a stupirsi di vederci lavorare senza protezioni adeguate. La verità è che oggi dentro un ospedale non ci sono più zone sicure e anche gli ascensori sono ad altissimo rischio». A questo si aggiunge poi un altro timore, che siano sempre le ultime a sapere cosa succede nelle corsie. «È capitato che una collega sia entrata in una stanza sbagliata ma l'ha scoperto solo dopo un po' - rivela Laura, un'altra addetta -, ha chiesto che le venisse eseguito il tampone ma non glielo hanno fatto. Abbiamo paura che non ci dicano tutto, inutile negarlo». E così il terrore di restare contagiati aumenta. «Non ci sentiamo tutelate ma il lavoro ci serve: quasi tutte abbiamo figli e se ti metti in malattia è certo che avrai ripercussioni».

I sindacati

Una situazione delicata che conosce molto bene Vincenzo Di Monte, delegato della Uil di Cagliari che si occupa proprio di tutelare i dipendenti delle imprese esterne di pulizia. «È un problema molto serio - spiega -, queste lavoratrici sono esposte quanto medici e infermieri ma sono considerate come le ultime ruote del carro, quasi invisibili, retribuite con 7,15 euro all'ora e il contratto fermo dal 2013. Inizialmente, con poche eccezioni, le imprese appaltatrici non davano neanche le mascherine. Ora la situazione è leggermente migliorata, anche se non ovunque, ma vengono fornite solo mascherine chirurgiche che tra l'altro devono tenere per almeno tre giorni. Noi abbiamo scritto anche alla Prefettura di Cagliari, chiedendo che in caso di inadempimento dei datori di lavoro si facciano intervenire le direzioni delle aziende sanitarie, ma non ci ha risposto nessuno. Abbiamo fatto tutte le segnalazioni possibili, anche alla Procura della Repubblica perché le addette alle pulizie dovrebbero avere mascherine, sovracamici e cuffiette come gli operatori sanitari». Al momento però gli appelli sono caduti nel vuoto.

Contratti a tempo

Al punto che molte dipendenti, terrorizzate, si stanno mettendo in malattia. «Almeno 30 su 100 - conferma Di Monte -. E siccome il lavoro è ovviamente aumentato le ditte stanno assumendo personale a tempo determinato, per un mese o due. Così nessuno oserà fiatare nella speranza di vedersi confermato il contratto».

Massimo Ledda







4 - L’UNIONE SARDA di domenica 5 aprile 2020 / PRIMO PIANO

La solitudine delle future mamme

Attente, attentissime a tutto. Si lavano le mani in continuazione, escono il meno possibile di casa ma soprattutto cercano di non piangere quando pensano a quel giorno speciale che dovrebbe essere il più bello della loro vita. Ma per le future mamme in dolce attesa però è diventato difficile non far sentire a quel miracolo che ancora nuota nella loro pancia l'apprensione vissuta in tempo di quarantena.

Il loro timore di entrare in un ospedale, in piena emergenza sanitaria, dove tutti convivono con mascherine e guanti per difendersi dal quel mostro chiamato Coronavirus, è grande. Il Covid-19 non ferma le nascite, ma fa preoccupare le donne che accarezzano i loro pancioni in un mix di gioia e timori.

Le donne

Simona Pau, 35 anni di Villaurbana, cerca di essere forte anche se ammette di non riuscire a immaginare il parto senza il marito vicino: «Partorirò all'ospedale San Martino di Oristano tra circa un mese e chissà se le restrizioni che dobbiamo rispettare adesso saranno ancora in vigore. Mi mancherà tanto anche la festa con gli amici e i parenti. Ma pazienza. Sono pronta ad affrontare questa avventura ascoltando, una volta arrivata a destinazione, i consigli degli infermieri e dei medici. Naturalmente con mascherina e guanti». Veronica Piludu, 27 anni di Cagliari, racconta la sua esperienza: «Per problemi di salute entro in ospedale molto spesso e ogni volta è un'angoscia. Due settimane fa ero al Policlinico e sono stata mandata via perché la struttura doveva essere sanificata per un sospetto caso Covid-19. Insomma, non è stato bello».

Le paure

A giugno nascerà il secondo bambino di Francesca Ortu, 38 anni, di Gonnosnò ma residente ad Oristano. «La paura più grande è quella di entrare in ospedale sana e uscire malata. Ora le strutture ospedaliere sono i luoghi più a rischio. Sono gli esperti a dirlo. Vivere un'esperienza così forte da sole poi non è bello. Chissà se mio marito potrà essere al mio fianco. Un sopporto psicologico in questi momenti è importante».

Veronica Cossu, 32 anni di Cabras, non vede l'ora di conoscere la sua prima figlia: «Diventerò mamma tra circa dieci giorni. Ma ancora non so dove partorirò. Sino ai primi di marzo ero serena, ora però tutte le mie certezze sono crollate. L'idea di potermi ammalare in ospedale mi terrorizza tanto. Mi rende triste anche sapere che mio marito in quel momento speciale non sarà presente. Sia per me, ma anche per lui».

Il ginecologo

Il direttore del reparto di Ginecologia del San Martino, Angelo Multinu, 64 anni, tranquillizza le future mamme: «Capisco tutto, anche il dispiacere delle mamme che partoriranno purtroppo senza i mariti vicini, ma stiamo operando in questo modo per il loro bene. Ma per permettere anche ai papà di vedere subito da vicino i loro figli appena nati, stiamo dimettendo le pazienti dopo 48 ore dal parto. Naturalmente se stanno bene».

Per quanto riguarda invece le norme di comportamento da seguire una volta arrivate in ospedale, Multinu dà consigli importanti: «Chi deve effettuare normali visite deve raggiungere direttamente il quarto piano. Le future mamme che arrivano già in travaglio devono passare invece dal Pronto soccorso dove gli operatori sanitari misureranno loro la febbre. Se la paziente non ha nessun sintomo collegato al Covid-19 salirà direttamente in reparto, altrimenti verrà isolata in una saletta adiacente al Pronto soccorso in attesa che i medici decidano come comportarsi: o trasferire il caso a Cagliari oppure organizzare il parto a Oristano in un'altra zona allestita per le mamme sospette positive. Insomma, siamo pronti per affrontare qualsiasi situazione».

Sara Pinna







5 - L’UNIONE SARDA di domenica 5 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 18

L’EMERGENZA. La riflessione/1. E intanto il Covid-19 ci ricorda che esiste ancora il “digital divide”

IL CONTATTO FISICO SIMULATO ATTRAVERSO LE VIDEOCHAT
Il nostro mondo futuro sarà di percezioni surrogate?

Gli eventi imprevisti possono essere tragici come una catastrofe o euforici come un amore a prima vista ma sempre portano con sé una sorta d'ironia e di sperimentalità. Facendo saltare gli automatismi consueti spiazzano il punto di vista, fanno percepire assurdità e ingiustizie annidate nella normalità, realizzano scenari a cui i nostri corpi hanno sempre fatto resistenza o che modificano le nostre sensibilità.

Trasformazioni

Prendete il Covid-19. Il suo arrivo nel giro di pochi giorni ha trasformato cittadini ricchi, che reclamavano respingimenti di esseri umani poveri, in appestati respinti dai paesi africani in cui si recavano in vacanza. Persone che da tempo sostenevano che chi chiedeva accoglienza non aveva motivi reali per andar via dai propri paesi si sono trovate nel giro di poche ore a fuggire (nonostante i divieti!) verso seconde case, isole, luoghi il più possibile distanti dagli epicentri del contagio. Basta un virus e un sentore di fragilità per trasformare uno sciovinista in un migrante. Il tutto mentre i ricchi veri prendevano jet privati: Ronaldo per rifugiarsi sull'isola di Madeira, Berlusconi in Provenza. Anche un semplice professore universitario come il sottoscritto, protetto dal suo stipendio fisso, può dire con una certa facilità «state a casa, approfittatene per leggere» magari dimenticando che la lettura può apparire di poco conforto per chi ha la casa troppo piccola e il lavoro gli è venuto a mancare. Siamo tutti esposti al Covid-19 ma lo siamo nelle nostre piccole e grandi disuguaglianze.

Faccia a faccia

Il Covid-19 ha realizzato nel giro di venti giorni una profezia mai realmente compiuta a causa dell'erotica disobbedienza della corporeità in presenza: il telelavoro, la generale virtualizzazione delle relazioni sociali. Oggi viviamo un profluvio di videochiamate: salvifiche, come fra nonni e nipoti, necessarie, come fra docenti e studenti, utili ma infestanti, come il sovrapporsi di squilli, chat, urla fra bambini o colleghi. Se è vero che esse rappresentano un tentativo di recupero del faccia a faccia in una situazione di perdita del contatto fisico - fino a produrre rapida intimità virtuale anche fra persone quasi sconosciute - dall'altro questa videosfera si presenta come un grande esperimento che ci interroga sulle nostre abitudini future. Forse non arriveremo come in Matrix a perderci in un mondo sociale fatto di percezioni surrogate, fino al punto di dimenticare di essere vivi solo attraverso un collegamento in rete, ma intanto con il Covid-19 non sono più solo gli esotici hikikomori a vivere reclusi in una stanza lasciando che internet sia l'unico accesso al mondo.

Il Covid-19 ci ha poi ricordato che esiste ancora il digital divide, e che anche in occidente ciò che pareva un servizio (un diritto!) ormai acquisito è precluso a molti e a rischio per tutti, dato che le connessioni potrebbero collassare. Proprio come nelle crisi economiche: tutti corrono in banca a prelevare i soldi e scoprono che la liquidità “sulla carta” non corrisponde ad alcuna concreta cartamoneta o riserva d'oro, ma solo alla fiducia collettiva nel sistema degli scambi. Così noi potremmo scoprire che l'accesso funziona solo fin quando pochi lo usano davvero e che contatti, fiducia, consenso in presenza possono essere scambiati con interazioni virtuali, come in parte ha già dimostrato il successo del populismo via social di questi anni. Dopo il Covid-19 saremo ancor più assuefatti o meno disposti ad accettarlo?

Contraddizioni

Il caso gioca a dadi con noi e il Covid-19 è il suo lancio. O, se preferite, è il jolly dell'Uno che serve a mischiare le carte che abbiamo in mano: le carte sono sempre quelle ma il peso nelle mani dei partecipanti cambia. Solo un veggente, o un ciarlatano da talk show, può dire cosa sarà il mondo dopo il Covid-19. L'unica cosa certa è che l'esplosione delle vecchie contraddizioni ci fa vedere quelle presenti. Sarebbe già molto rendersene conto e prepararsi al fatto che le vecchie contraddizioni lasceranno il posto a nuove contraddizioni.

Franciscu Sedda






6 - L’UNIONE SARDA di domenica 5 aprile 2020 / NUORO E PROVINCIA - Pagina 43

Bitti. Il valore simbolico del latte utilizzato per aiutare l’équipe dell’ateneo di Cagliari

COVID-19, I PASTORI SOSTENGONO LA RICERCA
Plauso della rettrice Del Zompo: “Un gesto forte e di alto significato”

«La ricerca è fondamentale per superare questa emergenza legata al coronavirus e arrivare a un vaccino. Perciò bisogna sostenerla». Il senso pratico dei pastori trasforma subito quelle parole in un'iniziativa solidale. Raimondo Ena, 54 anni, allevatore di Bitti, mette in moto così una raccolta fondi a favore del team di Biologia molecolare dell'università di Cagliari, guidata da Germano Orrù, che alcune settimane fa ha sequenziato il gene N del Covid-19. Uno studio importante nell'ambito della ricerca di antivirali. L'idea di sostenere il loro impegno, rilanciata sui social, va oltre i confini agropastorali e conquista intellettuali e artisti raccogliendo il plauso della rettrice dell'ateneo di Cagliari, Maria Del Zompo. «Sono grata e particolarmente compiaciuta per un gesto di alto significato», dice.

Donazioni

«Un anno fa abbiamo fatto la guerra del latte, ne abbiamo buttato tanto per avere un prezzo migliore, abbiamo bloccato l'Isola e tutti sono stati solidali con i pastori. Quella solidarietà non si dimentica, vale sempre, tanto più in questa emergenza», aggiunge Ena. Così ha concepito le donazioni utilizzando come parametro di riferimento il valore di un litro di latte - 80 centesimi - come succede abitualmente nel calcolo degli affitti dei terreni. Scelta simbolica e identitaria. Chi vuole versa sul conto corrente aperto nella filiale del Banco di Sardegna di Bitti l'equivalente di dieci, 50 o cento litri o quello che vuole. «L'idea mi sembrava brillante sia perché il latte è l'oro della Sardegna sia perché evidenziava la nota caratteristica dei pastori di fornire aiuto alle persone in difficoltà», sottolinea Sebastiano Tola, avvocato cagliaritano con origini bittesi, che ha adottato l'iniziativa diffondendola sui sociali e allargandola fino a coinvolgere intellettuali come Aldo Berlinguer, artisti come Gigi Sanna e gli Istentales, e la stilista Rita Piredda che ha realizzato mascherine con la lana di pecora.

L'università

«Devo essere sincera, l'iniziativa dei pastori mi ha colpito nel profondo - dice la rettrice Del Zompo - un gesto genuino e spontaneo che proviene dal cuore della Sardegna, da un popolo fiero che sa rimboccarsi le maniche e mostra fiducia e attenzioni per la nostra università, la ricerca e la cultura. Un gesto forte che ha la mia personale gratitudine e l'apprezzamento della comunità accademica».

Marilena Orunesu


 

 

La Nuova Sardegna



 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 5 aprile 2020 /  Sassari - Pagina 16

Replica al segretario della Cisl Antonio Monni che chiedeva l'inserimento di coordinatori

L'Aou: «Le unità di crisi sono già al completo»

SASSARI «I coordinatori infermieristici delle strutture complesse di Pediatria, Malattie infettive, Pneumologia e Anestesia e Rianimazione sono già presenti in qualità di componenti delle unità di crisi locali. La loro presenza è stabilita dalle determinazioni del direttore generale dell'assessorato regionale della Sanità che si sono susseguite da gennaio a marzo». È la replica dell'Aou di Sassari al segretario territoriale della Cisl Antonio Monni, che chiedeva l'inserimento di coordinatori sanitari all'interno delle unità di crisi. «La composizione delle unità di crisi , coordinate dal direttore sanitario dell'Ats Sardegna, prevede anche altri soggetti coinvolti nella gestione dell'emergenza - prosegue l'Aou -: il direttore sanitario dell'Areus, un componente designato dall'assessore dell'Igiene e Sanità e dell'assistenza sociale, il direttore sanitario del presidio interessato dal caso, il direttore della Struttura complessa di Pediatria interessato dal caso, il direttore della struttura complessa di Malattie Infettive interessato dal caso, il direttore della struttura complessa di Pneumologia interessato dal caso, il direttore della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione interessato dal caso, il direttore del Presidio ospedaliero interessato dal caso, il Medico Competente della struttura interessata dal caso, il direttore della struttura complessa Pronto soccorso OBI interessato dal caso, il responsabile della Centrale operativa del 118 territorialmente competente, il direttore del Laboratorio di analisi di riferimento, i direttori dei Dipartimenti di prevenzione e i direttori dei Servizi di Igiene e Sanità pubblica interessati dal caso, il direttore della struttura complessa Direzione del distretto interessato dal caso, il responsabile dell'Ufficio di sanità marittima, aerea e frontaliera (Usmaf) di riferimento. Sono inoltre componenti di diritto i direttori sanitari delle Aou di Sassari e Cagliari e dell'Azienda ospedaliera Brotzu e possono esserci ulteriori integrazioni». Inoltre l'Aou precisa che già a gennaio sono state inviate le prime disposizioni sull'epidemia da coronavirus, che vengono costantemente aggiornate. Per quanto riguarda, invece, i Dpi all'interno del Santissima Annunziata, sia le mascherine chirurgiche sia quelle Ffp2 sono disponibili e non sono mai mancate. Per quanto riguarda le Ffp3, la farmacia «dispone di questi Dpi in numero ridotto, data la difficoltà di reperimento sul mercato, ma anche queste, fino ad oggi, non sono state mai fatte mancare agli operatori che trattano i casi per cui è previsto il loro utilizzo».

Questionnaire and social

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