Press review

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
15 March 2020

L'Unione Sarda




 

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 2

L’AVVENTURA. Giunti ieri a Porto Torres gli studenti sardi che erano in Spagna

DALL'ERASMUS ALLA PAURA, POI LO SBARCO

In fuga dalla Spagna: il Covid-19 spaventa anche gli studenti Erasmus sardi mentre Madrid decide di non ricevere più passeggeri in arrivo dall'Italia.

L'urgenza di rientrare in Sardegna è scattata tre giorni fa, quando le università di Cagliari e Sassari hanno lanciato l'allarme invitando i ragazzi a rientrare. L'emergenza sanitaria su scala globale lanciata anche nel territorio spagnolo ha creato non pochi grattacapi ai giovani. L'unico salvagente la nave Grimaldi Cruise Roma, partita da Barcellona e approdata ieri alle 13.15 nello scalo industriale di Porto Torres, facendo sbarcare 290 passeggeri stanchissimi. «Siamo scappate da Madrid e da Malaga dopo il richiamo dell'università - raccontano due studentesse di Cagliari - e visto lo stato di pandemia la nostra copertura assicurativa Erasmus non sarebbe stata più valida: in sostanza se mi fossi ammalata non avrebbero potuto garantirmi le cure». Intanto chiudono i confini delle città e delle regioni spagnole. Un pericolo per i tanti studenti che ancora devono rientrare in Italia. Sulla nave anche molti sardi che si erano ritrovati bloccati in Spagna, chi per lavoro e o per una vacanza prolungata forzatamente. «Il taglio dei voli Alitalia, Ryanair e Easyjet ci ha portato alla disperazione, non riuscivamo a trovare un modo per rientrare a casa», racconta un gruppo di Domusnovas. Negata invece l'autorizzazione a sbarcare per cinque passeggeri genovesi che avevano chiesto di poter scendere per poi imbarcarsi sulla Porto Torres-Genova.

Mariangela Pala






 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 marzo 2020 / Primo Piano - Pagina 3

L’EMERGENZA
L’Università di Cagliari è pronta: i laureati in Medicina avranno l’abilitazione in giugno
SPECIALIZZANDI SUBITO IN CORSIA: PRIMI CONTRATTI
L’Ats assume i borsisti di Anestesia. La rettrice Del Zompo: “Pochi investimenti, pochi medici”
OPERATIVI. Gli specializzandi al terzo e quarto anno potranno lavorare negli ospedali: a Cagliari coinvolti circa 300 medici

L'università di Cagliari non si fa trovare impreparata. E con un decreto, la rettrice Maria Del Zompo ha garantito agli specializzandi che saranno assunti negli ospedali sardi per l'emergenza coronavirus, di poter proseguire la loro formazione nelle scuole a tempo parziale.

Prime assunzioni

Immediati gli effetti pratici: in questi giorni l'Ats sta infatti contrattualizzando quattro borsisti in Anestesia e rianimazione, uno dei settori in cui in questo momento c'è più bisogno, che potranno così dare subito il loro contributo in corsia. E altri potrebbero aggiungersi a breve. «Coi decreti degli ultimi giorni - spiega la Del Zompo - gli specializzandi del terzo e quarto anno possono essere assunti dalle aziende sanitarie, mentre sino ad oggi i laureati in medicina non potevano lavorare negli ospedali senza la specialistica». Forze fresche in arrivo dunque, considerando che questa possibilità riguarda 300 dei 600 laureati in medicina che a Cagliari stanno completando il percorso formativo. Per contro c'è però da registrare il blocco, da parte dell'Azienda ospedaliera universitaria del capoluogo, dei corsi di specializzazione per chi è invece al primo e al secondo anno, motivato da ragioni legate al rischio contagio.

Percorsi più veloci

Ma non è tutto. A giorni il Governo dovrebbe anche varare un provvedimento con cui sarà possibile saltare tutta la parte del tirocinio post laurea e il conseguente esame di Stato, accorciando così di molto i tempi di formazione dei medici italiani. «Da un anno e mezzo noi rettori chiediamo di rendere la laurea in medicina subito abilitante - conferma la Del Zompo -, riconoscendo ai laureati il tirocinio fatto durante i sei anni del corso di studio. Questo consentirà infatti di accedere subito alle scuole di specializzazione saltando l'esame di abilitazione e accorciando così di tanto i tempi, anche perché gli esami di Stato si fanno due volte all'anno mentre noi facciamo sessioni di laurea quasi ogni mese. Stiamo solo aspettando il via libera ministeriale e quando arriverà saremo organizzati. Il problema non c'è invece per le altre professioni sanitarie - infermieri, ostetriche, tecnici di radiologia - che alla fine del corso di laurea triennale sono già abilitati alla professione». Molti laureandi hanno però lasciato il periodo del tirocinio all'ultimo: come faranno adesso che l'università è chiusa per l'epidemia di Covid-19? «Non si devono preoccupare perché prorogheremo i termini in modo da venirgli incontro - rassicura il rettrice -. Con l'ok del Ministero noi siamo in grado di avere le prime lauree abilitanti già a giugno, mentre sposteremo quelle di chi non ha finito il tirocinio anche ad agosto, se necessario». Lauree che, se non si potrà riaprire l'Universita in tempi brevi, si faranno on line. «Dottorandi e specializzandi discuteranno da subito le tesi per via telematica mentre ci stiamo già attrezzando per le sessioni di laurea di aprile che potrebbero essere posticipate di qualche giorno. Gli esami di profitto? È più complicato, aspettiamo indicazioni a livello nazionale».

Borse e concorsi

Di certo c'è che se si vuole avere più medici bisognerà aumentare le borse di specializzazione, in questi anni bandite col contagocce. «Il problema nasce lì - conferma la De Zompo -, chi si è accorto solo ora che ci sono pochi medici è stato molto disattento. E poi si devono fare i concorsi per tutte le professioni sanitarie, evitando che i nostri giovani vadano a lavorare all'estero come accaduto in questi anni. Spero che questa emergenza serva almeno a capire che le Rianimazioni bisogna averle, siamo felici quando sono vuote ma bisogna averle anche se costano. Cultura, istruzione e salute dovrebbero essere le priorità sempre e comunque: oggi è forse più chiaro a tutti».

Massimo Ledda






 

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 marzo 2020 / PRIMO PIANO

L’EMERGENZA. Il costituzionalista Pietro Ciarlo, docente dell’Università di Cagliari distingue tra nord e sud

«SULLE RESTRIZIONI BISOGNA RIFLETTERE CASO PER CASO»
Nelle decisioni del governo c’è anche un intento educativo ma, nelle prossime settimane o mesi, dovremo subire le stesse restrizioni anche con poche decine di casi?

Giusto chiudere tutto. È l'unico modo per bloccare il coronavirus. La Cina fa scuola. La Sardegna è meno colpita di altre regioni: forse l'insularità, di sicuro i controlli e le chiusure, e anche il senso di responsabilità dei suoi abitanti sono serviti. Il professore di diritto Costituzionale all'Università di Cagliari, Pietro Ciarlo, ne è convinto. E nel giorno in cui sono stati chiusi porti e aeroporti «con un semplice provvedimento amministrativo», considerato che le restrizioni non saranno di breve durata, ritiene si possa cominciare a riflettere sui numeri. Per magari poi gradualmente modificare il regime di restrizioni. «Ma non voglio fare un discorso formalistico».

Allora stiamo alla sostanza.

«C'è una sorta di asimmetria: non si sta tenendo conto delle differenza per territori».

Servono provvedimenti diversi?

«Sia chiaro: quanto fatto fin qui va benissimo».

Ma?

«Man mano che la situazione evolve bisogna tener conto delle diversità territoriali. C'è una progressione geometrica dei contagi, certo, i focolai sono pericolosi, sicuro, ma si sta delineando una situazione territoriale differente tra nord e sud».

Molti controlli significa pochi contagi.

«Siamo sigillati, e bene è stato fatto. Dico solo: bisogna iniziare a ragionare. Questo non significa adottare un immediato alleggerimento dei vincoli».

Che cosa, allora?

«Riflettere sulle differenze».

Quali sono?

«In un'isola con un milione e mezzo di abitanti ci sono 50 casi».

Grazie alle restrizioni.

«Io penso che quei numeri offrano uno spunto di riflessione».

Per difendere la salute collettiva limitare alcune libertà è inevitabile.

«Non voglio fare un discorso sui diritti, la libertà di circolazione è tutelata dalla Costituzione anche se non la si apprezza perché è naturale».

Oggi che siamo tutti in quarantena sì.

«Certo, ma perché non posso passeggiare? Nelle decisioni c'è anche un intento educativo, e non lo metto in discussione, ma nelle prossime settimane o mesi dobbiamo subire le stesse restrizioni anche con poche decine di casi»?

Non si corre il rischio di rovinare tutto?

«Chiudere l'ottico serve quanto bar e ristoranti»?

Tanto non c'è nessuno in giro.

«Appunto. Ma perché io non posso circolare da solo, rispettando la distanza, magari con mascherina e guanti obbligatori»?

Discorsi pericolosi in questo momento.

«No, è il momento di riflettere».

Perché?

«Per evitare che si sviluppi una forza di inerzia, per evitare la deresponsabilizzazione della precauzione».

Non la seguo.

«Chi decide valuta le situazioni potenzialmente dannose adottando provvedimenti di precauzione».

Giusto, no?

«Giusto. Ma quando la precauzione diventa assorbente c'è il rischio che schiacci tutti gli altri principi».

Il governo si è assunto le sue responsabilità.

«Sì, ma a lungo l'invito a stare a casa deresponsabilizza ed è qui che le istituzioni locali devono essere attive nella precauzione selettiva».

Chentu concas, chentu berrittas.

«Non succede se si fa una selezione dei comportamenti man mano che la situazione si evolve».

Il diritto alla salute prevale.

«Sicuro, ma si va delineando una situazione diversa per la Sardegna rispetto all'omogeneità dei provvedimenti statali».

Quindi?

«Faccio io una domanda: che cosa si può chiedere al governo di speciale per la Sardegna»?

Maria Francesca Chiappe






 

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 marzo 2020 /  Speciale DONNA OGGI - Pagina III
Mai come in queste settimane di emergenza sentiamo parlare di smart working. Eccone i pregi e i difetti
CASA DOLCE CASA  MA LO È DAVVERO?

Maggiore produttività, incremento dell'occupazione femminile, migliori opportunità professionali. Lo smart working è una conquista per molti lavoratori e oggi di grande attualità per l'emergenza sanitaria causata dal covid19. Ma l'isolamento è l'altra faccia della medaglia di questa nuova forma di flessibilità, che può addirittura minare il benessere psicologico dei lavoratori. Lo psicologo sociale Renato Troffa ci spiega perché.

Quali sono i punti di forza dello smart working?

«Dal punto di vista organizzativo e sociale, lo smart working è tradizionalmente associato all'aumento della produttività, stimata tra il quindici e il venti per cento, alla riduzione dei costi di gestione e dell'inquinamento, al miglioramento delle condizioni di vita. Sul piano personale lo smart working consente un controllo maggiore sul bilanciamento e sulla conciliazione tra vita privata e lavoro. Alcuni studi hanno hanno evidenziato che per molte persone sia più importante della mera retribuzione economica. E di certo può essere una importante leva per l'incremento dell'occupazione femminile».

Eppure recenti indagini hanno evidenziato molti svantaggi sotto il profilo psicologico...

«Lavorare da casa può minare il nostro benessere psicologico quando si sviluppa una sensazione di disconnessione dal tessuto sociale e organizzativo e di isolamento, dovuta alla mancanza dell'opportunità di un'interazione e connessione con le colleghe e i colleghi. Se sommata a un isolamento sociale, può portare a un incremento del rischio di una fenomenologia depressiva. L'ansia di provare la propria utilità pur non essendo fisicamente presenti sul posto di lavoro, può creare un senso di colpa difficile da gestire».

L'assenza di interazione e scambio con i colleghi può compromettere i risultati professionali?

«Per molte persone è fondamentale ricevere feedback da parte di colleghi o superiori. La mancanza di un confronto sociale che consente di valutare adeguatamente il proprio contributo può portare a mettere in dubbio il proprio valore».

Come si può evitare di ritenersi sempre al lavoro?

«È fondamentale imparare a creare delle barriere che proteggano da questo rischio. Le aziende possono dare una mano in questo, dandosi regole interne, come quella di non inviare email al di fuori dell'orario di lavoro o abusando dei programmi di messaggistica, magari confinandoli a numeri di telefono dedicati da utilizzare solo in orario di lavoro. È necessario trovare un punto di equilibrio in grado di valorizzare le opportunità e mitigare i rischi per il benessere psicologico dei lavoratori».

Cinzia Isola

 





 

La Nuova Sardegna




 

 

 

 


5 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 marzo 2020 / Prima pagina
SI MUOVE IL RETTORE
Piano per riportare a casa gli Erasmus sassaresi

Quaranta studenti Erasmus, di rientro dalla Spagna, si sarebbero dovuti imbarcare martedì sulla nave passeggeri Barcellona-Porto Torres. Ora, con la “blindatura” dei porti si riparte da capo. Ma la soluzione è solo rimandata. Ne è sicuro il rettore dell’università di Sassari, Massimo Carpinelli. Che da ieri pomeriggio si è riattaccato al telefono per ricucire la tela che tesseva da giorni per riportare i suoi Erasmus a cara.   Bua a pagina 3

Primo piano - Pagina 3
Bloccati in Spagna 40 ragazzi dell'università di Sassari

STUDENTI ERASMUS PRONTI ALLA PARTENZA MA POI SCATTA IL RINVIO
Il rettore Carpinelli: «Occorre una soluzione rapida»

di Giovanni Bua
SASSARI Il piano era già pronto, e studiato nei minimi dettagli con ambasciata italiana a Madrid, prefettura, Grimaldi lines. Quaranta studenti Erasmus, di rientro dalla Spagna, si sarebbero dovuti imbarcare martedì sulla nave passeggeri Barcellona-Porto Torres, rientrando così nell'Isola. Ora, con la "blindatura" dei porti si riparte da capo. Ma la soluzione è solo rimandata. Ne è sicuro il rettore dell'università di Sassari, Massimo Carpinelli. Che da ieri pomeriggio si è riattaccato al telefono per ricucire la tela che tesseva da giorni per riportare i suoi Erasmus a casa.
Una quarantina (con l'aggiunta di alcuni dottorandi e borsisti in arrivo dal Portogallo) che, nella popolosa comunità di 250 ragazzi e ragazze che stanno vivendo la loro avventura di studio all'estero nella penisola iberica, ha chiesto di tornare. «E che - spiega il rettore Massimo Carpinelli - come tutti gli altri ragazzi e ragazze sparsi in tutta Europa, seguiamo giorno per giorno. Cercando di essere sempre disponibili per ogni esigenza, in questo momento così delicato. E chiaramente pronti ad aprire un canale sicuro di rientro, nel caso che si manifestasse la volontà o la necessità di farlo».
Il viaggio era organizzato, dopo una serie di contatti prima con l'ambasciatore italiano a Madrid, Stefano Sannino e poi con la prefetta di Sassari Maria Luisa D'Alessandro, oltre che con tutte le autorità sanitarie e di pubblica sicurezza. «Dovevamo scegliere la via più breve e sicura - sottolinea il rettore - e alla fine abbiamo optato per il trasbordo in nave sulla Barcellona-Porto Torres della Grimaldi di martedì. Chiaramente parte della sicurezza riguarda i trasporti. E quindi avevamo dato il via libera ai nostri studenti per raggiungere Barcellona con mezzi privati, per cui noi avremmo sostenuto le spese. Poi abbiamo preso contatti con Eugenio Cossu, ad della Grimaldi, che si è messo subito a disposizione e ha riservato una serie di posti per gli studenti. Stavamo definendo gli ultimi dettagli per il trasbordo da Porto Torres alle destinazioni finali».
Poi il giro di vite di Solinas, che lascia aperta una porta. «Il trasporto marittimo delle persone - recita - può eventualmente avvenire soltanto previa autorizzazione del presidente della Regione per dimostrate e improrogabili esigenze». «Il rientro dei nostri ragazzi - spiega Carpinelli - è una di queste. E siamo sicuri che, di concerto con Regione e Prefettura e, se serve, con l'appoggio da parte della Grimaldi, troveremo una soluzione rapida. Anche perché, con la situazione in continuo mutamento, attraversare i confini tra Stati diventa sempre più difficile. La tempestività e dunque fondamentale».
Il vantaggio dell'operazione, che comunque proseguirà con il resto dei paesi d'Europa, è che i ragazzi che sbarcheranno nell'Isola saranno tutti "attesi", segnalati e facilmente monitorabili nelle prossime settimane. E che le famiglie avranno in questi giorni il modo di organizzare la quarantena nella maniera più agevole e meno rischiosa possibile. «L'Erasmus - chiude il rettore - è il nostro fiore all'occhiello. Il nostro punto di forza, e allo stesso tempo una delle nostre più grandi responsabilità. Ci stiamo attrezzando per non fermarci, per rimanere un faro che continui a brillare in una notte che non sappiamo quanto sarà lunga. Ma per fare questo compiutamente dobbiamo anche essere un punto di riferimento per i nostri studenti ovunque essi siano. Sono attivi inoltre gli indirizzi email relint@uniss.it per chiunque voglia prendere contatto con noi. Ci siamo, e ci saremo sempre, uniti e più forti che mai».





 


6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 marzo 2020 / Primo piano - Pagina 5

CORONAVIRUS
Delibera dell'ats per far fronte all'emergenza

LA SANITÀ RECLUTA MEDICI IN PENSIONE E SPECIALIZZANDI ALL'ULTIMO ANNO

di Stefania Puorro
OLBIA Servono altri medici. Anche in Sardegna. Per fronteggiare l'emergenza Coronavirus, c'è bisogno di specialisti per gli ospedali di Cagliari, Carbonia, Sanluri, Oristano, Nuoro, Lanusei, Olbia e Sassari. Ma anche per gli istituti di pena. L'appello, urgente, si è trasformato in una delibera pubblicata due giorni fa e firmata dal direttore delle Risorse Umane dell'Ats Marco Biagini. È una manifestazione di interesse permanente per il "conferimento di incarichi di collaborazione esterna". Si cercano (e verranno assunti subito) medici specializzati in: Medicina di emergenza, Anestesia e Rianimazione, Terapia intensiva e del dolore, Malattie dell'apparato respiratorio, Malattie infettive e tropicali, Malattie dell'apparato cardiovascolare, Radiodiagnostica, Igiene e medicina preventiva. Ma c'è talmente tanto bisogno di forze, che possono presentare domanda "ed essere contrattualizzati" anche i medici iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso delle relative scuole di specializzazione.
Chiamati a raccolta anche i medici in pensione da non meno di tre anni. A Olbia, per esempio, il direttore della Assl Paolo Tauro, ha "richiamato" (con una determinazione) Franco Pala, ex primario del reparto di Rianimazione del Giovanni Paolo II, andato in pensione lo scorso primo gennaio. Pala ha dunque rimesso il camice per operare con la task force che è istituita a livello locale.
L'incarico per tutti i medici di cui l'isola ha un grande bisogno, durerà sei mesi ma sarà eventualmente prorogabile. Ma quali sono i requisiti necessari per presentare la domanda? Bisogna essere cittadini italiani o appartenenti a uno stato membro dell'Unione Europea, non aver alle spalle condanne penali e non essere coinvolti in situazioni che possano causare un conflitto di interessi con l'Ats Sardegna. Non potranno invece presentare domanda coloro che risultano dipendenti di altre strutture del Sistema sanitario regionale.
La domanda di partecipazione, nella quale si potrà esprimere la preferenza per l'ospedale in cui si vorrebbe andare a operare (ma questa non viene garantita come certezza), dovrà essere indirizzata a SC Ricerca e Selezione delle Risorse Umane (via Piero Della Francescana 1, Su Planu, Selargius) esclusivamente a mezzo posta elettronica ai seguenti indirizzi pec: bandiricercaselez.risumane@pec.atssardegna.it oppure sc.ricercaselezione@atssardegna.it. Sulla busta chiusa ci dovrà essere scritto "Manifestazione disponibilità svolgimento incarichi libero professionale in ambito Ats Sardegna per figure mediche diverse Emergenza Covid 19". «Quando il responsabile del procedimento raccoglierà le domande ed eseguirà le necessarie verifiche per l'ammissione - si precisa nella delibera -, verrà stipulato immediatamente il contratto con il medico». Per altre informazioni si può anche telefonare anche allo 070-6093384 dalle 10 alle 12 del mercoledì e del venerdì.

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