Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 April 2019

L'Unione Sarda

Rassegna quotidiani locali
a cura dell’Ufficio stampa e redazione web


L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 14 aprile 2019 / Commenti (Pagina 53 - Edizione CA)
Il dibattito
PORTI, PROBLEMI DI COMPETITIVITÀ

La notizia che Hapag Lloyd dal 30 aprile non scalerà più nel Porto Canale di Cagliari ripropone con forza il tema sul futuro dello scalo cagliaritano e quello sulla competitività dei porti container nel Mediterraneo.
Da sempre il mare Nostrum è crocevia strategico del traffico marittimo, cerniera fra Oriente ed Occidente, punto di snodo delle rotte “Pendulum” con il Far East: nel 2005 vi transitava il 15% del traffico merci nel mondo, diventato +19% nel 2017 (+123% negli ultimi 15 anni). Guardando al traffico container, nel periodo 2002-2017 il n° di TEUs è raddoppiato, passando da 23 a 50 milioni di TEUs (primi 30 porti): nonostante i numeri positivi, è necessario cogliere alcuni segnali che evidenziano, in realtà, una situazione in divenire. Nel triennio 2015-2017 il traffico di transhipment ha smesso di crescere, stabilizzandosi su 33 milioni di TEUs, mentre è cresciuto repentinamente, nello stesso periodo, quello nei porti gateway, passando da 12 a 19 milioni di TEUs.
Ancora, la movimentazione dei container è sempre più governata da pochi armatori. Per contro, diverse compagnie armatoriali stanno entrando nella gestione diretta degli scali, come testimonia l'acquisizione del terminal Mct di Gioia Tauro da parte di MSC, quella di Vado Ligure e Barcellona da parte di APM (gruppo Maesk) e l'ingresso della cinese COSCO nel porto del Pireo. Inoltre, il gigantismo navale sempre più spinto taglierà fuori numerosi porti. Infine, la strategia cinese One Belt One Road ha individuato nel corridoio Adriatico “Pireo-Trieste” il principale asse di penetrazione marittimo da sud del continente europeo, relegando gli altri scali a ruoli non strategici.
È necessario definire un nuovo modello di competitività dei porti, in grado di rispondere ai cambiamenti in atto, diviso in quattro opzioni. La prima riguarda l'avvicinamento dei luoghi di produzione a quelli del trasporto, favorendo la presenza di attività produttive in prossimità dei porti: in tale direzione si collocano i processi, già in atto ma da incentivare, su ZES, aree logistiche integrate, distretti logistici o zone franche doganali.
La seconda opzione si riferisce al miglioramento delle connessioni fra porti e destinazioni finali, attraverso il potenziamento dell'ultimo miglio: significa azzerare i colli di bottiglia nei piazzali e nelle banchine (lavorando su nuove tecnologie e formazione di operatori qualificati), aumentare la diffusione di sistemi ICT nella gestione dei processi, rafforzare le connessioni intermodali ed incentivare i percorsi di innovazione (come IoT o Blockchain). La terza riguarda l'introduzione di nuovi servizi sinergici e complementari all'attività portuale, come la localizzazione di magazzini per merce ad elevato valore aggiunto, o il posizionamento di parti significative di specifiche supply chain, o la gestione di filiere accessorie dei container (gestione di vuoti e danneggiati), o, ancora, la localizzazione di servizi ai natanti (bunker ed energy service).
L'ultima opzione, la più rilevante, riguarda la creazione di cluster portuali allargati, in una logica di network: è un processo di condivisione che coinvolge sia i porti (anche distanti fra loro) che le istituzioni politiche e soggetti economici e sociali. Si tratta, in pratica, di trovare quel giusto mix fra concorrenza e cooperazione, con una tendenza a rafforzare quest'ultima in un'ottica di azione sinergica integrata, il cui scopo finale è quello di mantenere una posizione di centralità nei traffici mondiali.
GIANFRANCO FANCELLO
DOCENTE, UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 14 aprile 2019 / Prima Salute (Pagina 52 - Edizione CA)
«Adolescenti in crisi, una condizione sempre più diffusa»
Secondo i dati più recenti dell'Organizzazione mondiale della sanità si tratta di una pandemia che colpisce gli adolescenti. I disturbi dell'umore, del sonno e dell'attenzione, in generale tutti i disturbi del sistema della maturazione, sono cresciuti nel corso dell'ultimo decennio in maniera esponenziale e a livello mondiale. I ragazzi stanno male, lamentano un forte disagio psicologico ed esistenziale (sono cresciuti anche i tassi di suicidio), e gli adulti sono disorientati.
Secondo Daniela Lucangeli, ordinaria di Psicologia dell'educazione e dello sviluppo all'Università di Padova, presidente dell'Accademia mondiale delle Scienze Learning Disabilities, la condizione dei più giovani è preoccupante ed esige che le famiglie e la scuola riprendano al più presto a fare ciò che gli spetta: educare e orientare. Nei giorni scorsi la studiosa era a Cagliari per il Congresso “Quando educare è più difficile: nell'era del digitale”, organizzato dal Coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati e ospitato dalla Facoltà di studi umanistici dell'Ateneo cittadino, grazie alla mediazione della professoressa Maria Pietronilla Penna.
Qual è lo stato di salute degli adolescenti italiani?
«Vorrei dire che è uno stato che ci consente di stare tranquilli, ma in realtà i dati raccolti nelle scuole indicano che, da 14 anni in poi, oltre il 60 per cento dei ragazzi lamentano malessere, e in alcune regioni la percentuale sale al 70 per cento. Si tratta di un disagio stabile, che perdura nel tempo».
In che cosa consiste?
«È un malessere legato perlopiù all'esperienza scolastica. Una delle ragioni è l'ingozzamento cognitivo, cioè una condizione in cui è molto elevata la fatica cognitiva che i ragazzi patiscono ogni giorno in classe. L'altra variabile è che alla fatica che si fa per imparare non si accompagnano emozioni positive: curiosità, interesse, desiderio di dare il proprio contributo, motivazione intrinseca all'apprendimento. Al contrario, le emozioni stabili associate alla scuola sono ansia, stress da verifica, un senso di noia e il giudizio».
Insomma, a scuola si sta male?
«Gli adolescenti vivono la scuola come un luogo in cui sono giudicati per le loro prestazioni, e non come un luogo in cui imparare. C'è da dire che anche la difficoltà a mantenere l'attenzione, la carenza di sonno e un uso improprio delle tecnologie digitali non aiutano l'apprendimento».
Usare il cellulare in classe può motivare i ragazzi oppure è sbagliato?
«Dobbiamo smetterla di ragionare in termini di aut aut e iniziare a ragionare in termini di et et. Il cellulare in classe si può usare sotto la guida di un docente e in maniera finalizzata, per una ricerca, per esempio. Non bisogna adoperarlo se serve a connettersi con un mondo altro da quello in cui ci si trova in quel momento. Il problema non è la presenza della tecnologia, ma la sostituzione dell'umano».
Oltre ad aver modificato il modo di imparare dei più giovani, la tecnologia ha inciso sulla loro capacità di provare emozioni?
«Le tecnologie digitali sono diventate un mezzo di mediazione psicosociale. Siamo tutti costantemente connessi al digitale, e anziché guardarci negli occhi e parlare guardiamo uno schermo. In questo modo sostituiamo al contatto, allo sguardo, al sorriso la mediazione tecnologica, e mutiamo la qualità dell'interazione umana. Tuttavia, non direi, come si è sostenuto, che l'analfabetismo emozionale di cui si parla a proposito dei più giovani sia dipeso dal digitale».
In che senso?
«Il digitale è un rifugio per i ragazzi perché, spesso, non trovano negli adulti quell'ascolto e quell'attenzione di cui avrebbero bisogno. È perché sono vulnerabili a livello emotivo che i più giovani si affidano allo smartphone, e lo sono perché gli adulti non interagiscono con loro come dovrebbero. Non era mai capitato che durante l'allattamento le mamme guardassero il telefono anziché il proprio bambino. La povertà di relazione si traduce nella povertà di capacità emotiva, e il digitale, che nel mediarla semplifica l'interazione, riempie questo vuoto».
Franca Rita Porcu

 

La Nuova Sardegna

 

LA NUOVA SARDEGNA

3 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 14 aprile 2019 / Primo piano - Pagina 2
Per i non residenti differenze di costi tra i tre scali a causa del sistema misto
POCHI VOLI E PREZZI ALTI LE VACANZE A RISCHIO
Su Olbia si paga di più, a Cagliari e soprattutto Alghero i posti scarseggiano

SASSARI Prezzi pazzi, biglietti introvabili, compagnie aeree con la valigia, quasi 600 lavoratori sull'orlo di una crisi di nervi, un territorio - la Gallura - che vede volare via una delle sue principali industrie. Peggio di così forse non potrebbe andare, a causa di una Continuità territoriale aerea che non solo non spezza le catene dell'isolamento ma addirittura crea figli e figliastri, sardi e turisti di serie A e di serie B. E il calendario non aiuta, anzi ci mette il carico pesante: l'avvio del sistema ibrido, un po' vecchio e un po' nuovo targato Solinas-Toninelli, coincide con la partenza della stagione turistica, tra le feste di Pasqua e i vari ponti che si allungano sino a maggio. Per chi vive di turismo, per un'intera isola che da anni sogna il rilancio grazie a una vera industria delle vacanze quello che sta accadendo in questi giorni ha il sapore di una polpetta avvelenata. Perché la Sardegna rischia, da ora e per i prossimi mesi di trovarsi in questa situazione paradossale: a Olbia tanti voli - molti più di prima - verso Roma e Milano, con tariffa differenziata tra residenti e non (in alta stagione il prezzo può essere triplicato); a Cagliari ed Alghero tariffa unica e gli stessi voli di prima, dunque insufficienti soprattutto nella Riviera del Corallo che anche grazie al nuovo modello di Continuità sperava di uscire da un lungo periodo buio. Questa situazione anomala, con costi dei biglietti e frequenze diverse tra i tre scali dell'isola, scontenta un po' tutti. E in queste ore in cui si moltiplicano le proteste dei sindacati, dei lavoratori e gli appelli al Governo, gli occhi sono puntati sul vertice in programma domani a Villa Devoto: il governatore Solinas ha convocato Alitalia e AirItaly, vuole tentare una mediazione tra due vettori che da settimane si fanno la guerra nei cieli, da quelli dell'isola a quelli internazionali. Servirà un miracolo, considerato che Air Italy ha chiuso i voli da Olbia nella serata di venerdì e ha ordinato agli operatori di riproteggere i passeggeri con Alitalia. Prezzi? Dipende. Tutto uguale per i sardi che viaggiano verso la Penisola, con tariffe per Roma e Milano che oscillano dai 57 ai 76 euro (sola andata). Tutto diverso per i non residenti, equiparati ai sardi se volano su Alghero e Cagliari, esclusi dalle agevolazioni se invece scelgono il Costa Smeralda di Olbia. Quest'ultimo scalo è infatti l'unico in cui dal 17 prenderà il via la nuova Continuità figlia della precedente giunta Pigliaru che, su indicazione dell'Europa, ha eliminato la tariffa unica, elevando i prezzi dei biglietti per i non residenti e fissando dei tetti che non potranno essere superati: per nove mesi, dal 1 ottobre al 31 maggio, i turisti non dovranno pagare più del doppio rispetto a un residente in Sardegna, quindi da circa 102 a 145 euro (solo andata), mentre nei quattro mesi di alta stagione, da giugno a settembre, il prezzo del biglietto potrà lievitare sino al triplo, quindi da 160 a 220 euro. Una differenza notevole che potrebbe penalizzare lo scalo olbiese spingendo i turisti a volare su Cagliari o Alghero per pagare quanto i residenti. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, snobberanno l'isola e le vacanze le faranno altrove. Meno voli. La nuova Continuità prevedeva una massiccia iniezioni di voli e di posti per sopperire alle continue carenze. Gli incrementi erano stati stabiliti sulla base dello studio del Cirem, il Consorzio delle Università di Cagliari e Sassari. Al momento solo Olbia avrà l'aumento, pari a +36% di posti per Roma-Fiumicino e +66% sulla Olbia-Milano Linate e uj +29% complessivo per quanto riguarda le frequenze. Bocce ferme invece a Cagliari e Alghero: stesso numero di voli e stesse difficoltà. Un numero aiuta a capire quanto, soprattutto nel Nord Ovest, fosse fondamentale incrementare i posti: il Cirem aveva stabilito una crescita del 109%, più del doppio, nel collegamento per Milano. Niente fa fare, quegli aerei resteranno a terra. (si. sa.)

 

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