Press review

25 October 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Prima Economia (Pagina 15 - Edizione CA)
PROTESTA. Appello di Cgil, Cisl e Uil alla rettora
Servizi di portierato all'Università: «Stipendi più bassi di 370 euro»
Sindacati in agitazione per il nuovo appalto del servizio di portierato all'Università di Cagliari. Secondo i rappresentanti di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltrasporti il nuovo contratto penalizzerà infatti economicamente i 137 addetti attualmente impiegati. «La rettora Maria del Zompo pochi mesi fa davanti alle organizzazioni sindacali aveva garantito che nessun posto di lavoro sarebbe stato messo a rischio - dice Monica Porcedda della Cisl-Fisascat - e soprattutto, avendo stanziato la stessa somma per il nuovo contratto di appalto, che sarebbero state garantite le stesse condizioni economiche».
Ma così non sarà: «È stato acquistato da parte dell'Ateneo un servizio differente e i lavoratori hanno visto modificato il contratto nazionale di riferimento con una conseguente perdita di retribuzione di 370 euro mensili». Cgil, Cisl e Uil si appellano perciò ai vertici accademici. (l.m.)

 

2 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Regione (Pagina 5 - Edizione CA)
LA PETIZIONE
Gli studenti: bisogna potenziare i trasporti

«Anche i trasporti troppo costosi o che non funzionano come dovrebbero contribuiscono ad allontanare i ragazzi dalla scuola», dice Michela Lippi, portavoce di Eureka, associazione di studenti medi cagliaritani che insieme con Unica 2.0 (degli universitari) sta portando avanti una battaglia per migliorare i servizi. «Abbiamo fatto una petizione, stiamo lavorando su diversi tavoli, abbiamo già incontrato il direttore del Ctm che si è mostrato molto disponibile e pronto ad ascoltarci», spiega Lippi. La campagna è stata battezzata “Movirindi” e rilancia tre proposte semplici che però possono incidere notevolmente sulla vita quotidiana di tanti ragazzi. «Per migliaia di studentesse e di studenti, a causa del costo del trasporto, la possibilità di raggiungere i luoghi di formazione della cultura è un diritto che non viene garantito», sostengono. Così, la prima proposta è la gratuità del servizio per tutti gli studenti sardi con un Isee sotto i 25.000 euro. Secondo punto: gli autobus notturni. «Innanzitutto perché molte biblioteche chiudono tardi, anche a mezzanotte, e poi perché la crescita culturale e lo stimolo a studiare non si formano soltanto di giorno in aule, ma anche andando a vedere spettacoli teatrali, film, concerti». Chiedono l'estensione delle linee 1, 6, 8 e 31 fino alle 4 del mattino, con frequenza di mezz'ora a partire dall'ultima corsa attuale. Terza questione: il potenziamento. «Chiediamo un incremento della linea 18 di Quartucciu e della 17 di Selargius; un collegamento fra Sestu e Cagliari; il ripristino della linea 29 nel suo tracciato originario da viale La Playa alla Cittadella Universitaria di Monserrato; l'estensione fino alle 20 della linea Qsa e una maggiore integrazione dei collegamenti verso le scuole dell'hinterland e le sedi universitarie». (cr. co.)

 

3 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Sassari e Alghero (Pagina 41 - Edizione CA)
SASSARI
Aule studio aperte nel weekend

Week end con studio e wi-fi. In postazioni perfettamente attrezzate. E in compagnia, perché non è certo una rarità dover studiare anche di sabato e domenica. Gli studenti dell'Università di Sassari apprezzano lo "Student Hub", il sistema di aule studio aperte d'ora in poi anche nel fine settimana. Dalle 9 alle 20 di sabato e dalle 10 alle 19 di domenica. Quattro le aule già pronte: due in viale Mancini, nel Centro didattico Quadrilatero, una nel Polo Bionaturalistico di via Piandanna, una nel Polo didattico Monserrato in via Vienna. Ben presto verranno messe a disposizione anche altre aule nei poli di via Roma e di via Zanfarino. I lavori, realizzati nei mesi estivi, hanno consentito di allestire 150 postazioni, dotate di wi-fi per il collegamento a Internet, e dispongono di distributori automatici di bevande. Le aule sono state rese più sicure attraverso sistemi di allarme e presidi di controllo. Nel corso dell'inaugurazione, il rettore Massimo Carpinelli ha spiegato: «Abbiamo accolto una esplicita richiesta avanzata dagli studenti e dalle studentesse. Le nuove aule studio sono confortevoli e silenziose. Ma vorrei che fossero non solo luoghi di studio solitari, ma anche luoghi di aggregazione che permettano ai nostri studenti di sentirsi parte della grande comunità dell'Università di Sassari». Nei prossimi giorni via ai lavori per il rifacimento dell'ex aula Satta (36 posti studente) e l'ampliamento dell'attuale "Student hub" del Quadrilatero che potrà ospitare 72 studenti all'interno del primo piano e 30 studenti nel terrazzo esterno.
Giampiero Marras

 

4 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Regione (Pagina 5 - Edizione CA)
LA RICERCA. Dessena: noi abbiamo dati differenti, e Iscol@ sta dando risultati importanti
FUGA DALLA SCUOLA, L'ISOLA PRIMA IN ITALIA
La percentuale di dispersione dei ragazzi sardi delle superiori è del 21,2%

«Purtroppo cerchiamo di mettere una pezza quando è troppo tardi, di chiudere le stalle quando i buoi sono già scappati», dice Massimo Mocci, preside del Ferraris, istituto professionale alberghiero di Iglesias. «L'abbandono scolastico è un fenomeno che parte da lontano, dipende da tanti fattori, ma fondamentalmente la scuola italiana non riesce ad assolvere al principio dell'articolo 3 della Costituzione: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
LE PERCENTUALI  Oscillano i dati sulla dispersione. L'ultima percentuale, pubblicata avant'ieri da Openpolis, riporta l'Isola al primo posto in Italia: 21,2% è la media regionale, con un picco del 25,7% nella provincia del Sud Sardegna e, all'estremo opposto, l'8,7% nell'Oristanese. I giovani che lasciavano le superiori erano il 23,5% nel 2014, sono scesi al 18,1% nel 2016, quest'estate un'indagine diffusa da “Tuttoscuola” aveva addirittura registrato un terrificante 33%, adesso - con riferimento al 2017, su rilevazioni Svimez e Istat - si parla del 21,2% di giovani tra i 18 e i 24 anni che si ritirano prematuramente dagli studi (l'Italia è assestata sul 14%, quarta in Europa) e l'obiettivo del 10% nel 2020 fissato da Bruxelles appare irraggiungibile.
LA RIFLESSIONE  «La funzione della scuola come “ascensore sociale” è sempre più in crisi», prosegue Mocci, «quando questi quindici/sedicenni arrivano da noi hanno già alle spalle fallimenti, situazioni di precarietà sociale, famiglie disaggregate, insomma, sono, come dire, “persi”, e allora cosa possiamo fare noi insegnanti? Cercare di non aggiungere frustrazione a frustrazione, non aggravare la situazione. Perché non sempre è possibile andare a prenderli a casa, farci carico del progetto di vita di questi ragazzi, non dalla scuola secondaria, ma dal primo ciclo, quando vediamo lo stigma della povertà educativa e hanno genitori che non credono nell'istruzione». Comunque - aggiunge il preside - «il progetto “Tutti a Iscol@” va potenziato, soprattutto nella linea C, con un robusto intervento di pedagogisti e psicologi. Per quanto invece riguarda la parte dell'edilizia, il caos delle province - da cui dipendono le scuole - ha ostacolato molti lavori di ristrutturazione».
LA REGIONE  Giuseppe Dessena, assessore regionale alla Pubblica istruzione, contesta i dati di Openpolis. «Posto che la dispersione è elevata e preoccupante, noi ci basiamo soltanto su Eurostat, che certifica un abbandono nell'Isola poco sopra il 18%, stabile da un paio d'anni. Insomma, secondo noi la dispersione è calata, grazie al grande piano che abbiamo messo in campo, Iscol@, e gli investimenti massicci stanno riportando la fiducia delle famiglie nella scuola». Ancora - prosegue Dessena - «dobbiamo considerare la formazione professionale, un altro settore in cui la Regione, l'assessorato al Lavoro, sta scommettendo parecchio, e sono percorsi che contribuiscono a far scendere ulteriormente gli abbandoni».
LA NOSTRA CULTURA  Chiede provocatoriamente Francesco Casula, ex docente di storia, filosofia e italiano: «Abbiamo il più alto tasso di bocciati e di abbandono scolastico, gli studenti sardi sono più tonti degli italiani? O poco inclini all'impegno? E i docenti più scarsi o più severi? Io non credo. Penso invece che i motivi siano altri: riguardano il senso di lontananza e di estraneità di questa scuola, che non risulta né interessante, né gratificante, né attraente. La scuola italiana in Sardegna è rivolta a un alunno che non c'è: tutt'al più a uno studente metropolitano, nordista e maschio. Non a un sardo, e tanto meno a una sarda. È una scuola che con i contesti sociali, ambientali, culturali e linguistici degli studenti non ha niente a che fare. Nella nostra scuola la Sardegna non esiste: è assente nei programmi, nelle discipline, nei libri di testo, nell'organizzazione. Da questo derivano la mortalità e la dispersione. Dunque, bisognerebbe cambiare radicalmente la didattica, i curricula, la stessa mentalità di docenti e dirigenti scolastici».
Cristina Cossu

 

5 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Quartu SantElena (Pagina 22 - Edizione CA)
LA STORIA. «Al loro arrivo non parlavano italiano, ora sono tutti inseriti»
A SCUOLA CON JAIED E I SUOI FRATELLI
In città ci sono 140 studenti stranieri: racconti d'integrazione

Quando è arrivata a Quartu direttamente dal Marocco, Jaied Ibtissam aveva appena due anni. Con la sua famiglia è passata attraverso gioie e difficoltà e adesso, ormai diciassettenne, è una studentesse modello dell'istituto tecnico Levi: parla cinque lingue e ha 10 in tutte le materie.  La ragazza è una dei 140 studenti stranieri che frequentano le scuole della città: materne, elementari, medie e superiori. Un esercito di cinesi, tunisini, senegalesi, polacchi, rumeni e anche tedeschi che si sono perfettamente integrati con i loro compagni e che sono diventati parte importante della comunità scolastica.
I RACCONTI  «Mio padre vive qui da trent'anni», racconta Jaied, «e trovandosi così bene in questa città, ha deciso di portare anche me e mia madre. Sono arrivata piccolissima e all'inizio ovviamente ho affrontato diverse difficoltà. Ho frequentato qui tutte le scuole e ho fatto tutto con le mie forze, imparando intanto a parlare bene l'italiano». La nostalgia di casa ogni tanto si fa sentire ma Quartu è ormai nel suo cuore. «Tornare in Marocco è sempre un'emozione fortissima», aggiunge la studentessa, «ma anche lasciare questa che è diventata la mia casa è una sofferenza. Sono grata ai miei genitori che mi hanno permesso di studiare e di diventare quello che sono e ringrazio tanto i miei professori».
IL SARTO VENUTO DAL DESERTO  Omar Ceesay, 17 anni, si è appassionato al cucito e ha persino fatto una sfilata dei suoi abiti. Nato in Gambia è arrivato in Sardegna nel 2016 da solo dopo un viaggio di due mesi, attraversando prima il deserto e poi il mare su un barcone. È stato accolto nell'oasi di San Vincenzo di suor Anna Cogoni e qui ha potuto coltivare la passione per le stoffe: «Sto molto bene qui, le persone sono gentili» dice Omar, «ho imparato a cucire quando stavo con mia mamma e poi, arrivato qui, ho continuato. Sono orgoglioso di avere creato degli abiti miei e spero di poter fare il sarto un giorno». Le sue creazioni, eleganti e casual, sportive e da cerimonia, sono state presentate nei giorni scorsi nella comunità di suor Anna. Omar è anche un calciatore del Quartu 2000 così come il suo amico Ablay che di anni ne ha 16 e che invece è arrivato in aereo. «A scuola ho fatto amicizia con tutti» dice, «mi sono integrato e mi piace molto giocare in una squadra di calcio».
LE CURIOSITÀ  Gli studenti più numerosi sono i cinesi, una quarantina, seguiti dai senegalesi. L'istituto comprensivo 2 è quello che accoglie il maggior numero di bimbi provenienti da altre parti del mondo: in tutto 24 tra nigeriani, ghanesi, cinesi, polacchi, senegalesi, brasiliani, russi e ucraini.
IN CLASSE  «Da noi arrivano così piccoli che ancora non parlano nemmeno l'italiano» dice la dirigente Greca Piras, «sono tutti perfettamente integrati. Quelli che incontrano più difficoltà sono i cinesi che hanno una cultura molto diversa dalla nostra e che fanno più fatica degli altri a parlare la nostra lingua perché in casa i genitori continuano a parlare sempre il cinese». La scuola si è attrezzata per accoglierli al meglio: «Abbiamo un insegnate che si occupa appositamente dell'inserimento dei bambini stranieri» prosegue la dirigente, «in modo da farli sentire subito a casa e di aiutarli ad interagire fin da subito con gli altri compagni».
Giorgia Daga

STATISTICHE
Le scuole dei grandi numeri

All'istituto comprensivo numero 2 i bimbi arrivati dalle altri parti del mondo sono 24, mentre in tutti gli altri se ne contano tra i dodici e i tredici. Per quanto riguarda invece le scuole superiori, al primo posto c'è l'istituto tecnico Levi dove gli studenti stranieri sono 19, segue il liceo classico Motzo che ne conta invece 15, mentre il fanalino di coda è il liceo scientifico e artistico Brotzu dove gli studenti stranieri sono in tutto 10, tra cui anche un ragazzo della Costa D'Avorio che gioca nel Cagliari. (g. da.)
 

6 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Prima (Pagina 1 - Edizione CA)
IL COMMENTO
Europeismo in picchiata

Marco Pignotti U n sondaggio sull'opinione pubblica italiana a cura dell'Eurobarometro, rivela che i nostri connazionali ritengono l'Unione Europea incapace di abbassare il livello di disoccupazione (72%), risolvere la questione della migrazione (70%), contrastare il terrorismo (62%) e ridurre l'evasione fiscale (56%).  Inoltre, più di un intervistato su due ritiene che l'adesione all'UE non porti alcun beneficio né alla nostra economia, né alla nostra sicurezza. In particolare, sono gli ultracinquantenni, e nello specifico le donne, a manifestare una decisa insoddisfazione nei confronti dell'operato della Commissione. Si tratta di dati sconfortanti, perché fotografano una situazione che non contribuisce a costruire quell'integrazione che le istituzioni europee intendono perseguire. Non va meglio nel resto del continente. Basta ricordare come nelle ultime consultazioni per eleggere il parlamento di Strasburgo nel 2014, appena un cittadino europeo su due si recò alle urne e che l'esito delle consultazioni indicò come i partiti populisti ed euroscettici fossero in grado di puntare ad un ruolo di primo piano nei prossimi anni. Infatti, il 30% dei seggi dell'attuale assemblea sono occupati da schieramenti che intendono mettere in discussione il concetto stesso di Unione e non escludono neppure di voler smantellare le regole che disciplinano la moneta unica (l'Euro) e il rispetto dei vincoli di spesa (pareggio di bilancio). (...)  segue a pagina 14

Politica (Pagina 11 - Edizione CA)  segue dalla prima pagina
Cosa succede quando l'europeismo va in picchiata
(...) Quattro anni fa questo segnale è stato sottovalutato, soprattutto in Italia. Troppo forte era l'euforia per la vittoria del “nuovo” Partito Democratico, in grado di sbaragliare ogni competitore dall'alto di un risultato entusiasmante: il famoso 41 per cento di voti di renziana memoria. Quel patrimonio elettorale autorizzò gran parte della classe politica italiana a ritenere la battaglia per l'integrazione europea ampiamente vinta, almeno nel nostro Paese.  Di conseguenza, gli stessi governi in carica nell'ultimo quinquennio decisero di interpretare lo spirito europeista a giorni alterni: un giorno critici, ma costruttivi; il giorno seguente costruttivi, ma critici. In questo modo, le prime forme di disubbidienza europea sono entrate in circolo nelle vene degli italiani, da sempre indicati come i cittadini più disponibili all'unificazione europea, in quanto storicamente meno nazionalisti di francesi, tedeschi ed inglesi. Da quel momento, la Comunità Europea, percepita dagli italiani solo marginalmente, è diventata un'entità reale e determinante della propria esistenza ed ha assunto le vesti del maestro severo ed inflessibile che detta i “compiti” alle nazioni più indisciplinate. Adesso appare assai arduo risalire la corrente: persuadere una popolazione molto sfiduciata su quanto sia preferibile “l'unità nella diversità”, rispetto all'isolamento e alla contrapposizione.  L'operazione si rivela ancora più difficile, perché la stessa Unione europea appare alla costante ricerca di un'identità che spinga le persone a restarle fedeli, soprattutto in coincidenza con i momenti difficili e di crisi. Al momento, l'euroscetticismo è un fenomeno trasversale: lo troviamo sia a destra, che a sinistra. Finora è risultato complicato combinare i principali partiti euroscettici intorno ad una programma condiviso, sebbene un aiuto in questa direzione venga fornito dall'incapacità di trovare risposte chiare e condivise sui temi che principalmente assillano quotidianamente i cittadini europei ed italiani: sicurezza, immigrazione e lavoro. Di conseguenza, laddove fallisce l'europeismo vince l'euro-ignoranza. Attualmente, troppe voci discordanti rendono l'indirizzo politico comunitario incerto e anche le altre potenze mondiali fanno fatica a riconoscere una politica esplicitamente ed orgogliosamente europea. Pertanto, non resta che ricordare amaramente una famosa battuta degli anni '70 attribuita a Henry Kissinger: “chi devo chiamare se voglio parlare con l'Europa?”. Purtroppo, ancora oggi, non sappiamo cosa rispondere.
Marco Pignotti,
Docente di storia della comunicazione politica
Università di Cagliari

 

7 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Prima Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
COMUNE. Presentato il calendario
Violenza sulle donne: un mese di iniziative per dire il proprio no

Il primo appuntamento è per stamattina alle 9.15 al liceo Siotto dove le consigliere regionali Anna Maria Busia e Alessandra Zedda parleranno di “Contrastare la violenza: reddito di libertà e sostegno alle vittime”. «Due consigliere di schieramenti opposti perché questo è un calendario senza bandiere, senza appartenenze politiche», spiega l'assessora Marzia Cilloccu che ha la delega alle Pari opportunità. Il calendario di cui ha parlato ieri nel corso di una conferenza stampo in Municipio è quello di “Viva la libertà! Cagliari contro la violenza”, un percorso verso il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Decine di incontri, proiezioni cinematografiche, spettacoli teatrali, mostre ed eventi sportivi: tutti con un denominatore comune, il no alla violenza fisica e psicologica, e non solo a quella sulle donne.Un programma che vuole coinvolgere tutta la cittadinanza. Ma che presta grande attenzione alle scuole. «Perché», ha spiegato Rosanna Mura, presidente della commissione permanente Pari opportunità, «occorre concentrarsi molto sulla formazione degli studenti ma anche degli insegnanti».
Per un mese, sarà praticamente impossibile non “scontrarsi” con questi temi. «Agli incontri», ha aggiunto la consigliera Benedetta Iannelli, «bisogna decidere di andarci. Ma verranno coinvolti anche gli altri cittadini». Grande sostegno arriva da tante realtà: il Cagliari calcio proietterà un video di sensibilizzazione sul tema in occasione delle partite casalinghe. Video che, in collaborazione con l'Università, saranno proiettati anche nei bus del Ctm e, in prossimità della Giornata internazionale, anche all'aeroporto.
Già in questo fine settimana ci sono una serie di appuntamenti interessanti: domani, nella palestra della scuola di via Piceno, sarà inaugurata la mostra, pensata dall'istituto Santa Caterina, “Le madri della Repubblica” che racconterà, con testi e immagini, le ventun donne che fecero parte dell'Assemblea costituente. Sabato, invece, a Su Siccu, la “Coppa San Saturnino” di dragon boat e canoa con equipaggi formate da donne operate di tumore, sarà preceduta da una conferenza sulla prevenzione; alle 20, inoltre, ci sarà l'illuminazione simbolica dell'Ammiragliato e la “Cerimonia dei fiori”. Sono decine gli organismi che hanno aderito al programma portando il proprio contributo: scuole, associazioni, ordini professionali e centri culturali. Il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, infine, si rinnoverà l'appuntamento con “Un nastro rosso a Palazzo Civico”: dalle 8 alle 13, chiunque potrà testimoniare il proprio no alla violenza sulle donne con un nastro rosso messo a disposizione dal Comune da fissare all'ingresso del Municipio. ( mar. co. )

 

8 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Cultura (Pagina 47 - Edizione CA)
LA RICERCA STORICA. Lo rivela il libro dello studioso di Iglesias Giorgio Madeddu
Nel Sulcis la damnatio ad metalla dei prigionieri austro-ungarici
Durante la Grande guerra furono impiegati nelle miniere di Bacu Abis

Durante la Grande guerra la Sardegna accolse migliaia di prigionieri dell'Esercito austro-ungarico che dal fronte venivano trasferiti all'Asinara. Molti furono poi inviati a lavorare nelle miniere, nei cantieri edili e nei campi dell'Isola per sostituire i centomila uomini arruolati tra il 1915 e il 1918. Contrariamente a ciò che scriveva la stampa nemica dell'epoca, tra sardi e prigionieri provenienti da tante nazionalità dell'Impero si instaurarono buoni rapporti sia nel lavoro che nella vita quotidiana, con reciproco rispetto e in molti casi anche amicizia. Una pagina poco nota, o addirittura sconosciuta, questa dei prigionieri della Grande guerra sparsi in tutta la Sardegna, ora ricostruita dal ricercatore di Iglesias Giorgio Madeddu nel libro “La damnatio ad metalla” (Gaspari editore, pag. 192). Non è un caso che sia stato uno studioso del luogo a ritrovare le tracce di quegli uomini che parlavano tanti dialetti europei perché un gran numero finì a lavorare nelle miniere di Bacu Abis. Al gennaio del 1917 risultavano quasi 20 mila prigionieri nel Sulcis (tra cui 129 ufficiali) e 500 a Monte Narba, in un campo d'internati tra Muravera e San Vito.
FINISCE IL CENTENARIO Questo libro giunge nel momento conclusivo delle celebrazioni per il Centenario della vittoria, in programma a Cagliari e in tutta Italia a novembre, con gli ultimi convegni e mostre. E apre un capitolo sinora inesplorato sulla presenza capillare nell'Isola di migliaia di stranieri, dei quali restano ancora numerose tracce, oltre ad epigrafi e tombe nei cimiteri locali.
IL CAMPO DELL'ASINARA  L'arrivo massiccio dei reduci di Valona fu solo l'episodio più vistoso di un fenomeno che cominciò ordinatamente sin dall'estate del 1915 con i primi prigionieri portati all'Asinara, centro di detenzione e di smistamento nell'Isola maggiore. La Sardegna - come ben sottolinea lo storico dell'università di Cagliari Stefano Pira nell'introduzione al volume - per la sua condizione di insularità era stata scelta in precedenza quale destinazione obbligata dei cittadini dell'impero presenti nel territorio italiano al momento dello scoppio delle ostilità. E poi come campo di concentramento dei militari catturati al fronte, divisi tra l'Asinara e Monte Narba. Da questi due centri venivano inviati al lavoro: una settantina di paesi, ma anche Cagliari e le città maggiori, accolsero questi uomini. Giorgio Madeddu ne ricostruisce con meticolosità biografie e spostamenti attraverso documenti d'archivio e materiale epistolare (lettere, cartoline, diari). Dai giornali sardi e nazionali emergono storie di generosità e solidarietà con i giovani internati, mentre la stampa austriaca racconta storie fantastiche di soldati reclusi «in un'isola tanto lontana dove erano stati mandati a crepare di malaria e lebbra». Il Corriere della Sera risponde che gli «internati tedeschi e austriaci ricevono in Sardegna un trattamento quale augureremmo volentieri venisse usato ai nostri in Austria».
NELLE MINIERE  Dalle miniere di carbone e metalli del Sulcis Iglesiente, a quelle del Guspinese - Arburese, passando per il Sarrabus e Seui per giungere a Padria e all'Argentiera, senza tralasciare le miniere minori, il libro descrive l'arrivo dei prigionieri e il loro impiego nei lavori estrattivi sino alla loro partenza, avvenuta, in alcuni casi nel secondo semestre del 1919.
IL MONUMENTO A USSANA  Oltre il contesto minerario, indagato con accuratezza e rigore scientifico, lo studio avvia il censimento, paese per paese, delle diverse attività lavorative dove furono impiegati i prigionieri e dei relativi luoghi di morte e sepoltura, proponendo al lettore uno spaccato della vita economica e sociale della Sardegna durante il periodo bellico. Solo il comune di Ussana ha dedicato a questi uomini un monumento, mentre la loro memoria, prima di questo meritorio lavoro, era praticamente perduta.
Carlo Figari

 

9 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 ottobre 2018 / Ogliastra (Pagina 40 - Edizione CA)
LANUSEI. Il progetto prevede il restauro dei reperti che saranno esposti al pubblico
Centomila euro per continuare gli scavi al complesso nuragico di Gennacili

In arrivo fondi per gli scavi archeologici al nuraghe Gennacili. La Regione ha stanziato per il sito del bosco Seleni 100 mila euro. Il progetto presentato mira ad ampliare gli scavi attorno al nuraghe e far emergere le nuove capanne così da estendere il percorso visitabile. Nel contempo è prevista la messa in sicurezza delle strutture murarie già scavate e dell'intero percorso, compreso l'accesso alla parte panoramica della torre principale. Il progetto prevede anche il restauro dei materiali e dei reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi precedenti, che saranno esposti. Nell'idea dell'amministrazione c'è l'attivazione di una sorta di convenzione con istituti universitari nazionali e internazionali per realizzare una Summer school, in cui studenti e specialisti potranno lavorare sul campo, così da incrementare la visibilità del sito e farne una sorta di laboratorio di ricerca. «Il sito archeologico è un attrattore formidabile - spiega l'assessore al turismo Salvatore Zito -, specie perché inserito all'interno di un sito naturalistico di così grande pregio come il bosco di Seleni. Unito all'osservatorio, la futura aerofune, il Nuragic Park e le strutture esistenti valorizzano l'intera area da un punto di vista culturale e ambientale». ( p. cam. )

Questionnaire and social

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