Anche su REPUBBLICA la notizia dell'incontro di Massimo Arcangeli con gli studenti del Liceo classico Dettori in occasione dei 100 anni del dizionario. Intervista del TgR RAI. VIDEO e RASSEGNA STAMPA
09 November 2017
Il servizio di Graziano Pintus nel TgR RAI Sardegna delle 19.35 dell'8 novembre 2017

di Rossana Orrù

Cagliari, 9 novembre 2017 - In occasione del centesimo anniversario del dizionario della casa editrice Zanichelli, il pane carasau entra nel suo vocabolario, sancendo la diffusione del tipico pane sardo ben oltre i confini della Sardegna.

La novità è stata presentata al Liceo classico Dettori di Cagliari nell'ambito di un tour di presentazione della nuova edizione del dizionario: in cattedra il docente dell'Università di Cagliari Massimo Arcangeli e la sociolinguista e traduttrice letteraria dell'Università di Firenze Vera Gheno.
“Il pane carasau ha una storia affascinante innanzitutto nella parola, nel termine “carasau”, che è un participio passato del verbo “carasare”, il cui antecedente è il latino “charaxare”, che voleva dire “fendere”; è quindi chiaro il riferimento alle due sfoglie ottenute dal taglio di questa già sottilissima sfoglia di pane”: ha esordito Massimo Arcangeli.

Il linguista e critico letterario ha guidato gli studenti in un viaggio nell'evoluzione lessicale della nostra lingua tra inglesismi, neologismi e vocaboli perduti: "Non bisogna avere paura - ha detto Arcangeli - delle contaminazioni. E aggiungo una provocazione: il dizionario contrassegna con un rombo le parole dell'italiano fondamentale e con un fiore i termini che si stanno perdendo. Io aggiungerei anche il cuore per le parole che denotano sentimenti di affetto. E il segno di picche per le parole che non si possono cancellare,  ma che non si devono usare".

In riferimento al processo che porta termini dialettali a diventare parte integrante dell'italiano standard, Arcangeli ha spiegato:  “I dialetti sono lingue vere, al di là dello snobismo dei cultori di una lingua unificante. L'apporto dei vari dialetti nella formazione dell'italiano affonda le sue radici nei secoli. La nostra cultura è profondamente contaminata da influssi esterni che poi entrano nel vocabolario se si sedimentano a sufficienza nell'uso”.
“È un fenomeno che avviene grazie al passaggio che si compie dalla produzione locale a quella industriale – ha aggiunto riferendosi alla gastronomia - Tutte le regioni italiane vantano una ricca cucina e hanno contribuito, con uno o più prodotti tipici, alla costituzione del lessico italiano del gusto”.
Il TGR Rai Sardegna ha seguito l’incontro al Liceo Dettori e ha intervistato il docente dell’Università di Cagliari.

Il professor Massimo Arcangeli durante l'incontro
Il professor Massimo Arcangeli durante l'incontro

RASSEGNA STAMPA

REPUBBLICA.IT
Il pane carasau entra nel dizionario ZingarelliIl pane carasau entra nel dizionario Zingarelli
A Cagliari l'incontro con gli studenti per celebrare i cento anni del vocabolario

"Tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo". È la definizione per "su pani carasau" nel vocabolario Zingarelli.
Ed è una notizia perché la specialità comunemente chiamata carta musica o carta da musica - in riferimento alla sua sfoglia sottile e che scrocchia - entra per la prima volta nei cento anni di vita del vocabolario con il nome usato in "sa limba", la lingua sarda.
Così il dizionario della casa editrice Zanichelli festeggia un secolo con una serie di presentazioni nelle scuole d'Italia e trattando a pieno titolo da "italiano" un termine prima considerato dialettale.
La parola carasau deriva dal verbo carasare, ossia tostare. Al carasau si unisce anche il "guttiau" sempre riferito al pane in questione, ma condito con olio e sale e ripassato nuovamente in forno ad abbrustolire.
Il vocabolo è stato presentato nello storico liceo classico cagliaritano Dettori nell'ambito di un tour di presentazione della nuova edizione del dizionario: in cattedra il linguista e critico letterario dell'Università di Cagliari Massimo Arcangeli e la sociolinguista e traduttrice letteraria dell'Università di Firenze Vera Gheno.
Ma non è la prima volta che un termine in lingua sarda entra nelle pagine da consultare per evitare errori in italiano o conoscere il significato delle parole: tra i precedenti più noti, quello dei malloreddus, gli gnocchetti di semola di grano duro tipici della gastronomia isolana. Insomma l'ingresso nel vocabolario per la Sardegna passa attraverso la tavola, a riprova del fatto che la cultura alimentare unisce e il linguaggio gastronomico è di più immediata comprensione.
"Spesso i prodotti tipici - spiega Arcangeli - diventano popolari per la loro diffusione nazionale, magari aiutata dall'industria, come già era successo per il panettone".
Ed evidentemente il pane carasau, pur rimanendo tipico, è diventato, oltre che buono, anche famoso.
La sociolinguista, uscendo dalla Sardegna, ha ricordato la storia del tormentone "petaloso". Un termine accolto da un sospiro degli studenti. Come dire: non ne possiamo più. "Ma non è entrata - ha detto Gheno, quasi a rassicurare i ragazzi - nel vocabolario".
Un dizionario che sta diventando sempre più un libro pieno di informazioni e suggerimenti. A volte semisconosciuto: anche un linguista esperto può fermarsi alla conoscenza di 120mila parole su 145mila. "Non bisogna avere paura - ha detto Arcangeli - delle contaminazioni". Anzi il linguista aggiungo una provocazione: "il dizionario contrassegna con un rombo le parole dell'italiano fondamentale e con un fiore i termini che si stanno perdendo. Io aggiungerei anche il cuore per le parole che denotano sentimenti di affetto. E il segno di picche per le parole che non si possono cancellare ma che non si dovrebbero usare".

REPUBBLICA.IT
REPUBBLICA.IT

ANSA.IT
Pane 'carasau' entra nel dizionario
A Cagliari incontro con studenti per 100 anni del vocabolario
Mercoledì 8 novembre 2017 – 15:10

Il pane carasau entra nel vocabolario Zingarelli. Lo fa in un momento storico, in occasione del centesimo anniversario del dizionario della casa editrice Zanichelli. La definizione: tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo.
Provenienza: dal sardo carasare, cioè tostare. Perché dopo la cottura si ripassa nel forno. Il vocabolo è stato presentato al Liceo classico Dettori nell'ambito di un tour di presentazione della nuova edizione del dizionario: in cattedra il linguista e critico letterario dell'Università di Cagliari Massimo Arcangeli e la sociolinguista e traduttrice letteraria dell'Università di Firenze Vera Gheno.
Non è la prima volta che un termine in 'limba' entra nelle pagine da sfogliare per evitare errori in italiano o conoscere il significato delle parole: celebre il precedente dei malloreddus. Ma c'è anche "guttiau" sempre riferito al pane.
Insomma l'ingresso nel vocabolario per la Sardegna passa per la tavola.
"Spesso i prodotti tipici - spiega Arcangeli - diventano popolari per la loro diffusione nazionale, magari aiutata dall'industria, come il panettone".
Ed evidentemente il pane carasau, pur rimanendo tipico, è diventato, oltre che buono, anche famoso. La sociolinguista, uscendo dalla Sardegna, ha ricordato la storia del tormentone "petaloso". Un termine accolto da un sospiro degli studenti.
Come dire: non ne possiamo più. "Ma non è entrata - ha detto Gheno, quasi a rassicurare i ragazzi - nel vocabolario".
Un dizionario che sta diventando sempre più un libro pieno di informazioni e suggerimenti. A volte semisconosciuto: anche un linguista esperto può fermarsi alla conoscenza di 120mila parole su 145mila. "Non bisogna avere paura - ha detto Arcangeli - delle contaminazioni. E aggiungo una provocazione: il dizionario contrassegna con un rombo le parole dell'italiano fondamentale e con un fiore i termini che si stanno perdendo. Io aggiungerei anche il cuore per le parole che denotano sentimenti di affetto.
E il segno di picche per le parole che non si possono cancellare ma che non si devono usare".

ANSA.IT
ANSA.IT

L’UNIONE SARDA di mercoledì 8 novembre 2017
Lingua La parola nel nuovo Zingarelli
Pane carasau dal latino “charaxare”

L a preparazione tradizionale del pane carasau era tutta declinata al femminile. Scrive Salvatore Satta ne “Il giorno del giudizio”: «Per cuocere il pane venivano donne del vicinato; perché l'impresa era grossa, e bisognava impastare, tirare la pasta in larghe sfoglie, passarle una a una alla donna che sedeva presso la bocca del forno, con le cocche del fazzoletto rialzate sulla testa, il viso illuminato nell'ombra». Il processo continuava fino a ottenere «due ostie fumanti che pian piano s'irrigidivano, diventavano croccanti».
Oggi molte cose sono cambiate e il pane caràsau, dall'originaria Barbagia, si è diffuso ben oltre i confini della Sardegna, al punto da aver meritato di entrare a far parte dell'ultima edizione del vocabolario Zingarelli, che celebra i suoi cento anni di vita. Per l'occasione si terrà un incontro con gli studenti del liceo Dettori, stamattina alle 11.30, che vedrà come protagonisti Massimo Arcangeli - docente di linguistica all'Università di Cagliari, oltreché critico letterario e saggista - e Vera Gheno, sociolinguista dell'Università di Firenze. Sarà un viaggio nell'evoluzione lessicale della nostra lingua tra inglesismi, neologismi e vocaboli perduti.
Il termine sardo di questa edizione - dopo mallorèdus, launèddas, seàda, cannònau e ràgas - è appunto “carasau”. «Si tratta di un tipo di pane che i “continentali” chiamano carta da musica, perché è un pane croccante che addentato produce un suono caratteristico», spiega Arcangeli. «ll pane carasau ha una storia affascinante innanzitutto nella parola, nel termine “carasau”, che è un participio passato del verbo “carasare”, il cui antecedente è il latino “charaxare”, che voleva dire “fendere”; è quindi chiaro il riferimento alle due sfoglie ottenute dal taglio di questa già sottilissima sfoglia di pane».
Ma come avviene il processo che porta termini dialettali a diventare parte integrante dell'italiano standard?
«Prima di tutto bisogna dire che i dialetti sono lingue vere, al di là dello snobismo dei cultori di una lingua unificante. Perché se è vero che l'italiano si forma come lingua neolatina grazie a Dante, Petrarca e Boccaccio - senza dimenticare l'opera di Pietro Bembo - non solo il fiorentino è stato preso come modello costitutivo. L'apporto dei vari dialetti nella formazione dell'italiano affonda le sue radici nei secoli - basti pensare all'esempio di voci come “pandoro” o “panettone”. La nostra cultura è profondamente contaminata da influssi esterni che poi entrano nel vocabolario se si sedimentano a sufficienza nell'uso».
Un discorso simile si può fare in riferimento alla gastronomia?
«È un fenomeno che avviene grazie al passaggio che si compie dalla produzione locale a quella industriale. Tutte le regioni italiane vantano una ricca cucina e hanno contribuito, con uno o più prodotti tipici, alla costituzione del lessico italiano del gusto».
Oltre a queste novità lo Zingarelli acquisisce anche nuovi vocaboli inglesi, come ad esempio quelli che denominano mestieri legati a internet (“social media manager” o “web content editor”). «Alcuni termini usati sui social network - sottolinea Vera Gheno - italianizzano i corrispondenti inglesi prendiamo come “whatsappare” o “taggare”».
Luca Mirarchi

L'UNIONE SARDA di mercoledì 8 novembre 2017
L'UNIONE SARDA di mercoledì 8 novembre 2017

UNIONESARDA.IT
Il pane "carasau" entra nel dizionario della lingua italiana
Martedì 7 novembre 2017 – 09:19

Il vocabolario della lingua italiana Zingarelli compie cento anni e, per l'occasione, domani al liceo Dettori di Cagliari, a partire dalle 11.30, si svolgerà un incontro con gli studenti alla presenza di Massimo Arcangeli, linguista, e Vera Gheno, sociolinguista.
Sarà anche l'occasione per parlare della nuova parola che arricchisce il dizionario, ossia "carasau", definito come il "pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo".

UNIONESARDA.IT
UNIONESARDA.IT

LANUOVASARDEGNA.IT
La parola "carasau" entra nel dizionario della lingua italiana Zanichelli
Sarà presente nell'edizione del 2018. Mercoledì a Cagliari un incontro con gli studenti del Dettori in occasione dei 100 anni del vocabolario
Lunedì 6 novembre 2017

CAGLIARI. «Carasau: (dal sardo carasare ‘tostare’, perché dopo la cottura si ripassa nel forno) tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo». La parola sarda carasau entra ufficialmente nel dizionario della lingua italiana Zanichelli. In occasione del centenario (1917 – 2017) del vocabolario della lingua italiana Zingarelli, mercoledì 8 novembre, al liceo Dettori di Cagliari, ci sarà un incontro con gli studenti dedicato al dizionario, con l’intervento del linguista e critico letterario Massimo Arcangeli, dell'università di Cagliari e della sociolinguista Vera Gheno, dell'università di Firenze. Un viaggio intorno alla parole per spiegare il passato, il presente e il futuro del nostro idioma, tra inglesismi, neologismi e vocaboli perduti.
Il vocabolario è lo strumento che, da un secolo, registra come un notaio i cambiamenti della lingua italiana. È lo specchio della società e rappresenta la storia dell'Italia attraverso le parole. L’ultima edizione dello Zingarelli contiene 145mila voci e oltre 380mila significati. Tra i nuovi ingressi la “post-verità”, ossia il fenomeno per cui nella discussione pubblica si affermano e si diffondono false verità, amplificate dalla rete…”. Come riporta il vocabolario. E dronista, il manovratore di droni. Sono voci che rappresentano i cambiamenti culturali e le innovazioni tecnologiche del nostro tempo.
«Quante e quali parole conosciamo? Circa 2.000 parole – spiega il linguista Massimo Arcangeli - sono di uso frequentissimo, secondo i calcoli del linguista Tullio De Mauro, e costituiscono il “lessico fondamentale” della nostra lingua; se vi sommiamo 2.500 parole “di alto uso”, che anche chi è poco istruito riesce bene o male a capire, potremmo sostenere che la stragrande maggioranza dei parlanti italiani è in grado di comprendere circa 4.500 parole (molte di meno quelle effettivamente usate), che coprono poco più del 95% di tutto quel che normalmente diciamo. Per le persone di media cultura la quota delle parole comprese aumenta di diverse migliaia di unità: alle circa 2.000 parole di terza fascia, dette “di alta disponibilità” (anch'esse più o meno di uso quotidiano), che possono arrivare a coprire un ulteriore 2% circa dei nostri normali discorsi, se ne aggiungono moltissime altre, tra formali o raffinate, precise o specialistiche, gergali o regionali e così via. La dotazione di un parlante molto colto può rasentare le 50.000 parole. Fra queste anche molti vocaboli non più in uso».
Come può un vocabolario
arricchire il lessico? Lo Zingarelli indica 5500 parole dell’italiano fondamentale. Ma segnala anche 3125 "Parole da Salvare", come fragranza, garrulo, solerte, voci che stanno cadendo in disuso perché si preferiscono dei sinonimi più comuni quali profumo, chiacchierone, diligente.

LANUOVASARDEGNA.IT
LANUOVASARDEGNA.IT

VISTANET.IT
La parola sarda carasau entra ufficialmente nel dizionario della lingua italiana Zanichelli 2017
Lunedì 6 novembre 2017 – 23:05

La parola sarda carasau entra ufficialmente nel dizionario della lingua italiana Zanichelli 2017.
«Carasau: (dal sardo carasare ‘tostare’, perché dopo la cottura si ripassa nel forno) tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo».
In occasione del centenario (1917 – 2017) del vocabolario della lingua italiana Zingarelli, mercoledì 8 novembre, al liceo Dettori di Cagliari, ci sarà un incontro con gli studenti dedicato al dizionario, con l’intervento del linguista e critico letterario Massimo Arcangeli, dell’università di Cagliari e della sociolinguista Vera Gheno, dell’università di Firenze.
Una discussione intorno alla parole per spiegare il passato, il presente e il futuro della nostra lingua, tra inglesismi, neologismi e vocaboli perduti.
Il vocabolario è lo strumento che, da un secolo, registra i cambiamenti della lingua italiana. L’ultima edizione dello Zingarelli contiene 145mila voci e oltre 380mila significati. Tra i nuovi ingressi oltre a “carasau”, anche “post-verità”, il fenomeno per cui nella discussione pubblica si affermano e si diffondono false verità, amplificate dalla rete e dronista, il manovratore di droni.

VISTANET.IT
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CASTEDDUONLINE.IT
“Carasau” entra nel vocabolario per i 100 anni dello Zingarelli
“Carasau” entra nello Zingarelli nei 100 anni del vocabolario che si racconta a scuola a Cagliari
Martedì 7 novembre 2017


Un viaggio intorno alla parole per spiegare il passato, il presente e il futuro  del nostro idioma, tra inglesismi, neologismi e vocaboli perduti.
Protagonisti: i ragazzi e il vocabolario che nell’ultima edizione, lo Zingarelli  2018 ha accolto la voce “carasau”.
Come nascono le parole nuove? C’è qualcuno che le crea? E perché? Per rispondere a queste domande lo Zingarelli va in classe. In occasione dei 100 anni (1917-2017) del vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, la casa editrice che lo pubblica, ha organizzato una serie di incontri nei luoghi in cui l’italiano si impara: le scuole. 
L’8 novembre, ore 11.30, sarà al “Liceo Dettori” di Cagliari (via P. Cugia 2)
PROTAGONISTA IL VOCABOLARIO
E’ lo strumento che, da un secolo, registra come un notaio i cambiamenti della lingua italiana. E’ lo specchio della società e rappresenta storia dell’Italia attraverso le parole.  L’ultima edizione dello Zingarelli 2018 contiene 145mila voci e oltre 380mila significati. Tra i nuovi ingressi la “post-verità”, ossia il fenomeno per cui nella discussione pubblica si affermano e si diffondono false verità, amplificate dalla rete…”. Come riporta lo vocabolario. E dronista, il manovratore di droni. Sono voci che rappresentano i cambiamenti culturali e le innovazioni tecnologiche del nostro tempo. 
Ma nello Zingarelli 2018 è entrata anche la voce “carasau”: (dal sardo carasare ‘tostare’, perché dopo la
cottura si ripassa nel forno) tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere
conservato a lungo. 
Quante e quali parole conosciamo? Un po’ di numeri “Circa 2.000 parole – spiega il linguista Massimo Arcangeli – sono di uso frequentissimo, secondo i calcoli del linguista Tullio De Mauro, e costituiscono il “lessico fondamentale” della nostra lingua; se vi sommiamo 2.500 parole “di alto uso”, che anche chi è poco istruito riesce bene o male a capire, potremmo sostenere che la stragrande maggioranza dei parlanti italiani è in grado di comprendere circa 4.500 parole (molte di meno quelle effettivamente usate), che coprono poco più del 95% di tutto quel che normalmente diciamo.
Per le persone di media cultura la quota delle parole comprese aumenta di diverse migliaia di unità: alle circa 2.000 parole di terza fascia, dette “di alta disponibilità” (anch’esse più o meno di uso quotidiano), che possono arrivare a coprire un ulteriore 2% circa dei nostri normali discorsi, se ne aggiungono moltissime altre, tra formali o raffinate, precise o specialistiche, gergali o regionali e così via. La dotazione di un parlante molto colto può rasentare le 50.000 parole. Fra queste anche molti vocaboli non più in uso”.
Come può un vocabolario arricchire il lessico? Lo Zingarelli 2018 indica 5500 parole dell’italiano fondamentale. Ma segnala anche 3125 Parole da Salvare come fragranza, garrulo, solerte, voci che stanno cadendo in disuso perché si preferiscono dei sinonimi più comuni quali profumo, chiacchierone, diligente. 
PROTAGONISTI GLI STUDENTI
Un “viaggio” tra le parole in cui saranno gli studenti a scegliere gli argomenti da approfondire come: 
1) Alla scoperta di parole perdute o dimenticate. Quanti osservando un dipinto antico saprebbero dare un nome agli oggetti rappresentati? Chi sa il significato di “serto” o “crinolina”?  Ma le parole escono dal dizionario? E’ raro che una parola venga tolta ma non succede perché è passata di moda; le voci escono per scelte lessicografiche meditate (ad esempio alcuni arcaismi non documentati) o per cambiamenti sociali epocali (per esempio: alcuni termini sui macchinari degli anni ’50 ma che non hanno lasciato traccia in documenti significativi). 
2) Le parole nuove. 
Gli studenti impareranno che i neologismi non fanno male alla lingua ma sono un segno di vitalità dell’italiano. Comprenderanno come nascono e quali sono i criteri con cui entrano nel vocabolario: perché “flaggare” è entrato nello Zingarelli e invece “ciaone” non è stato ancora inserito? Che ruolo ha Internet nel creare e veicolare gerghi che si diffondono?  Si farà una riflessione sulle parole straniere. Prendiamo il calcio: nato in Inghilterra, per anni i termini inglesi erano i più usati per descriverlo (per esempio: corner, penalty). Negli ultimi anni invece, con la crescita del calcio spagnolo, sono i vocaboli calcistici di origine iberica a imporsi (“manita”: cinquina, “remontada”: rimonta ecc.)”. I termini stranieri impoveriscono il nostro idioma? 
3) Di che genere sei? Parole di mestieri e professioni. 
Lavori che prima erano tipicamente maschili: ingegnere, avvocato, ministro, assessore, oggi sono anche al femminile: ingegnera, avvocata, ministra, assessora. Trent’anni fa, Tina Anselmi era definita senatore. Oggi, sarebbe senatrice. Ma si dibatte su “senatora”. E se fosse soprattutto questione di abitudine? Quando usare il maschile/femminile? Medico al femminile si può dire “medica”? E poi i nuovi mestieri come quelli collegati ai nuovi media, ai settori dell’economia o del “marketing”, spesso presi dall’inglese: Social media manager Content editor. Ci sono equivalenti in italiano? 
C’è un’alternativa a “blogger”?  Twitter manager: e se dicessimo “gestore del profilo twitter”?

CASTEDDUONLINE.IT
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SARDINIAPOST.IT
La limba nel dizionario Zanichelli: ora c’è pure la voce pane ‘carasau’
Giovedì 9 novembre 2017

Il pane carasau entra nel vocabolario Zingarelli. Lo fa in un momento storico, in occasione del centesimo anniversario del dizionario della casa editrice Zanichelli. La definizione: tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo. Provenienza: dal sardo carasare, cioè tostare. Perché dopo la cottura si ripassa nel forno. Il vocabolo è stato presentato al Liceo classico Dettori nell’ambito di un tour di presentazione della nuova edizione del dizionario: in cattedra il linguista e critico letterario dell’Università di Cagliari Massimo Arcangeli e la sociolinguista e traduttrice letteraria dell’Università di Firenze Vera Gheno. Non è la prima volta che un termine in ‘limba’ entra nelle pagine da sfogliare per evitare errori in italiano o conoscere il significato delle parole: celebre il precedente dei malloreddus. Ma c’è anche “guttiau” sempre riferito al pane. Insomma l’ingresso nel vocabolario per la Sardegna passa per la tavola. “Spesso i prodotti tipici – spiega Arcangeli – diventano popolari per la loro diffusione nazionale, magari aiutata dall’industria, come il panettone”. Ed evidentemente il pane carasau, pur rimanendo tipico, è diventato, oltre che buono, anche famoso. La sociolinguista, uscendo dalla Sardegna, ha ricordato la storia del tormentone “petaloso”. Un termine accolto da un sospiro degli studenti. Come dire: non ne possiamo più. “Ma non è entrata – ha detto Gheno, quasi a rassicurare i ragazzi – nel vocabolario”. Un dizionario che sta diventando sempre più un libro pieno di informazioni e suggerimenti. A volte semisconosciuto: anche un linguista esperto può fermarsi alla conoscenza di 120mila parole su 145mila. “Non bisogna avere paura – ha detto Arcangeli – delle contaminazioni. E aggiungo una provocazione: il dizionario contrassegna con un rombo le parole dell’italiano fondamentale e con un fiore i termini che si stanno perdendo. Io aggiungerei anche il cuore per le parole che denotano sentimenti di affetto. E il segno di picche per le parole che non si possono cancellare ma che non si devono usare. Un esempio? Negro”. Un esperimento con gli studenti. Quale parola di gergo usate più frequentemente? Ha chiesto il linguista. Risposta unanime: “grisare”. Con il significato di “dare buca”. Anche l’esperto non la conosceva. E naturalmente la parola non è nemmeno nel dizionario. Domani? Chissà: i ragazzi cambiano spesso linguaggio, bisogna vedere se regge.

SARDINIAPOST.IT
SARDINIAPOST.IT

CAGLIARIPAD.IT
Pane ‘carasau’ entra nel dizionario Zingarelli
Il pane carasau entra nel vocabolario Zingarelli
Mercoledì 8 novembre 2017

Il pane carasau entra nel vocabolario Zingarelli. Lo fa in un momento storico, in occasione del centesimo anniversario del dizionario della casa editrice Zanichelli. La definizione: tipo di pane sardo a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo. Provenienza: dal sardo carasare, cioè tostare. Perché dopo la cottura si ripassa nel forno. Il vocabolo è stato presentato questa mattina al Liceo classico Dettori nell’ambito di un tour di presentazione della nuova edizione del dizionario: in cattedra il linguista e critico letterario dell’Università di Cagliari Massimo Arcangeli e la sociolinguista e traduttrice letteraria dell’Università di Firenze Vera Gheno.
Non è la prima volta che un termine in ‘limba’ entra nelle pagine da sfogliare per evitare errori in italiano o conoscere il significato delle parole: celebre il precedente dei malloreddus. Ma c’è anche “guttiau” sempre riferito al pane. Insomma l’ingresso nel vocabolario per la Sardegna passa per la tavola. “Spesso i prodotti tipici – spiega Arcangeli – diventano popolari per la loro diffusione nazionale, magari aiutata dall’industria, come il panettone”. Ed evidentemente il pane carasau, pur rimanendo tipico, è diventato, oltre che buono, anche famoso. La sociolinguista, uscendo dalla Sardegna, ha ricordato la storia del tormentone “petaloso”.
Un termine accolto da un sospiro degli studenti. Come dire: non ne possiamo più. “Ma non è entrata – ha detto Gheno, quasi a rassicurare i ragazzi – nel vocabolario”. Un dizionario che sta diventando sempre più un libro pieno di informazioni e suggerimenti. A volte semisconosciuto: anche un linguista esperto può fermarsi alla conoscenza di 120mila parole su 145mila. “Non bisogna avere paura – ha detto Arcangeli – delle contaminazioni. E aggiungo una provocazione: il dizionario contrassegna con un rombo le parole dell’italiano fondamentale e con un fiore i termini che si stanno perdendo. Io aggiungerei anche il cuore per le parole che denotano sentimenti di affetto. E il segno di picche per le parole che non si possono cancellare ma che non si devono usare. Un esempio? Negro”. Un esperimento con gli studenti. Quale parola di gergo usate più frequentemente? Ha chiesto il linguista. Risposta unanime: “grisare”. Con il significato di “dare buca”. Anche l’esperto non la conosceva. E naturalmente la parola non è nemmeno nel dizionario. Domani? Chissà: i ragazzi cambiano spesso linguaggio, bisogna vedere se regge.

CAGLIARIPAD.IT
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