Numerosi spunti dal 24mo Rapporto CRENoS sull'economia dell'Isola. FOTO, VIDEO e RASSEGNA STAMPA con SERVIZI TG
29 May 2017

Sergio Nuvoli – fotografie di Sara Piras – evento trasmesso in live facebook 
 
 
Cagliari, 26 maggio 2017 – La qualità del lavoro dei ricercatori che hanno elaborato il 24mo Rapporto CRENoS sull’economia della Sardegna è stata evidenziata dal Rettore, Maria Del Zompo, durante il suo intervento di saluto ai lavori di questa mattina, nell’Aula magna della Facoltà di Ingegneria e Architettura, insieme alla necessità di proseguire sulla strada intrapresa in collaborazione con gli enti e le imprese per favorire lo sviluppo della nostra regione. Il Magnifico ha anche sottolineato le difficoltà connesse al progressivo taglio dei fondi agli atenei italiani legato all’applicazione di criteri non etici.
 
 
Dopo la presentazione dei dati a cura di Barbara Dettori (scarica il file nel link qui sopra), è intervenuto Guido de Blasio (Banca d’Italia): “In Abruzzo c’è stato nel 2000 un calo drastico dei finanziamenti europei – ha detto tra l’altro - che ha causato il calo del PIL e il crollo dei guadagni. Un dato che indica che quando i fondi ci sono bisogna spenderli bene”. Mikela Esciana (Finsardegna) ha invece rimarcato che ci sono “Imprese destinatarie di finanziamenti pubblici che hanno rinunciato ai fondi ottenuti perché non hanno trovato cofinanziatori. I tempi della Pubblica amministrazione non sono quelli delle imprese: attenzione alla sfiducia. Occorre lavorare sulla cultura finanziaria di impresa”: D’accordo Chiara Sini (Guide Me Right), che ha sottolineato come la tecnologia possa contribuire a migliorare i processi economici. Il presidente della Fondazione di Sardegna Antonello Cabras ha proposto una riflessione articolata: “La crisi attuale della nostra Isola – ha spiegato - non è effetto di un andamento ciclico, dura da troppo tempo. Il sistema economico e sociale sardo sta cercando da anni qualcosa che ci faccia uscire dalla difficoltà: servono decisioni che non si basino solo su timidi segnali positivi, ma su elementi strutturali”.
 
I SALUTI DEL RETTORE
 
L’assessore al Bilancio e vicepresidente della Giunta regionale Raffaele Paci ha invece ammesso che “ci saremmo aspettati una maggiore ripresa. Dobbiamo capire come invertire la rotta: servono politiche di lungo periodo per gli elementi strutturali, capitale umano, tecnologico e ambientale, che permettano di ottenere risultati nel breve periodo. Questa è la strada maestra”. “La fiducia delle imprese è fondamentale per un sistema economico – ha concluso i lavori Emanuela Marrocu, direttore del CRENoS e moderatrice dei lavori - L’altro elemento decisivo che emerge oggi è l’impegno deciso dell’Ateneo su questi temi così vitali per la nostra regione”.
 
VIDEOPITCH: LA DOTT.SSA BARBARA DETTORI SUL CAPITALE UMANO

 

 


UFFICIO STAMPA ATENEO - mail ufficiostampa@amm.unica.it - Sergio Nuvoli - tel. 070 6752216

 

 

 

               

 

 

Sergio Nuvoli 

Cagliari, 25 maggio 2017 - Si terrà venerdì 26 maggio alle 10 nell’Aula magna della Facoltà di Ingegneria e Architettura (con ingresso da via Marengo) la presentazione del 24mo Rapporto sull’economia della Sardegna, a cura del CRENoS, il Centro studi di ricerche economiche in cui collaborano da sempre ricercatori dei due atenei della nostra regione.
 
Si tratta di un appuntamento annuale divenuto ormai tradizionale con la presentazione di uno dei lavori di studio e ricerca più completi e autorevoli sullo stato di salute dell’economia sarda.
 
Il programma, dopo i saluti del Rettore Maria Del Zompo, prevede la presentazione dello studio di quest’anno da parte di Barbara Dettori. Seguirà la discussione sui dati e sui numeri esposti dalla ricercatrice con la consueta formula che vede, accanto ad un relatore di rilievo nazionale, i commenti di alcuni imprenditori e di alcuni esponenti della società sarda: all’intervento di Guido de Blasio (Banca d’Italia), seguiranno quelli di Mikela Esciana (Finsardegna), Chiara Sini (Guide Me Right), Antonello Cabras, presidente della Fondazione di Sardegna e di Raffaele Paci, assessore regionale alla Programmazione.
 
Coordina i lavori il direttore del CRENoS, Emanuela Marrocu.
 
 
 
 
 

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TGR RAI SARDEGNA
Servizio di Simone Lupo Bagnacani in onda nell’edizione delle 14 del 26 maggio 2017
 

 
VIDEOLINA
Servizio di Stefano Fioretti andato in onda nelle edizioni del 26 maggio 2017
 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA di sabato 27 maggio 2017
Economia (Pagina 18 - Edizione CA)
Sardegna: meno soldi, più spese
RAPPORTO CRENOS. Pil pro capite ai livelli del 1997. Dall’industria delle vacanze i dati positivi
 
Negli anni della crisi cala la ricchezza ma aumentano i consumi Un’Isola così povera non la si vedeva da quasi vent’anni. Correva infatti il 1997 e il Pil pro capite della Sardegna chiudeva l’anno agli stessi livelli di quello segnato nel 2015. Gli ultimi dati disponibili sono stati resi noti dal 24esimo rapporto Crenos (il Centro di ricerche economiche delle Università di Cagliari e Sassari), presentato ieri mattina alla facoltà di Ingegneria di Cagliari: un bilancio con più luci che ombre, salvato parzialmente dal boom di presenze turistiche e dalla crescita di valore aggiunto dell’Agricoltura.
Per il resto poche sorprese, per un territorio declassato tra le regioni più povere d’Europa. Le note stonate arrivano da occupazione e investimenti in calo, dalla produzione industriale sottotono e dallo scarso valore del capitale umano. Carenze compensate però da un aumento del numero di aziende e dei consumi di beni durevoli, quasi a sorpresa nonostante la crisi prolungata.
CONTRADDIZIONI «Non siamo usciti dalla fase recessiva - ha confermato Barbara Dettori, responsabile del Crenos - anche se i segnali confortanti non mancano, come l’aumento dei consumi di beni durevoli (auto, mobili su tutti), segnale importante, mostrato dalle famiglie, di una fiducia sul futuro». Positivo inoltre il +10% con cui arrivi e presenze di vacanzieri hanno chiuso lo scorso anno a cui si è aggiunto l’aumento di valore aggiunto registrato dal comparto agricolo.
Buone notizie anche dalle aziende, in crescita nel 2016, «ma ancora troppo piccole per contribuire al tasso occupazionale - ha specificato Dettori - e ambire a un’ulteriore crescita». Eppure le risorse, quelle comunitarie soprattutto, ci sarebbero: «La Sardegna ha a disposizione ingenti trasferimenti - ha detto Guido De Blasio, arrivato a Cagliari in rappresentanza della Banca d’Italia - ma non ne fa l’uso che dovrebbe per risollevare le proprie prospettive economiche».
Una stoccata raccolta dal vicepresidente della Regione Raffaele Paci: «I dati strutturali ci penalizzano, è vero, ma quelli più recenti ci danno invece segnali positivi. Penso al calo della dispersione scolastica o alla crescita costante che turismo e agricoltura continuano a vantare. Tasselli che, sommati agli ingenti investimenti che l’amministrazione sta compiendo, porteranno nel prossimo anno a un’inversione di tendenza e a una crescita del Pil».
LA CLASSIFICA Per il momento il quadro macroeconomico dipinto dal Centro ricerche universitario non sembra supportare tesi troppo ottimistiche. «Nel 2015 la Sardegna è tra le 65 regioni più povere dell’Unione Europea - sottolineano i ricercatori del Crenos - con un Pil rientrato nell’ultimo quinquennio nel gruppo delle regioni meno sviluppate».
Un’altra bacchettata va al sistema sanitario regionale, che secondo il Centro spende troppo rispetto al resto d’Italia (1.948 euro per abitante, contro i 1.880 del Centro-Nord e i 1.736 del Mezzogiorno). Numeri contestati in parte dall’assessore regionale alla Sanità, Luigi Arru: «È corretto affermare che la spesa pubblica pro capite sia lievemente più alta rispetto alla media nazionale, ma quella privata è decisamente più bassa (480 euro anziché 553). Questo dimostra che la salute non è un diritto riservato ai sardi che se lo possono permettere».
Luca Mascia
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
LA NUOVA SARDEGNA di sabato 27 maggio 2017
Prima pagina
ECONOMIA, PIÙ OMBRE CHE LUCI
Salari, lavoro, sanità: isola in coda. Ma i consumi crescono
PAGG. 2 E 3
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 2 – Primo piano
IL RAPPORTO CRENOS
Salari, lavoro, sanità: l’isola resta in coda
La Sardegna tra i 65 territori più poveri d’Europa e 16esima tra le regioni
Reddito pro capite scende a quota 18.500 euro. Ma i consumi crescono
di Umberto Aime
 
CAGLIARILa Sardegna sta ancora male, anche se l’ultima diagnosi del Crenos, il centro studi delle università di Cagliari e Sassari, è vecchia di due anni. State sereni però: nel 2016 l’isola avrebbe avuto un sussulto più d’orgoglio che economico ma l’Istat deve ancora confermarlo. Purtroppo il malessere non è una novità: la Sardegna continua a essere fra i 65 territori più poveri d’Europa, solo Grecia e Cipro stanno peggio, ma Bruxelles l’ha saputo in ritardo e fino al 2020 inviato gli stessi soldi destinati ai popoli in risalita: un errore di calcolo e soprattutto politico. Anche nel confronto col resto dello Stivale, l’isola è sempre inchiodata al quart’ultimo posto su venti regioni, con quasi tutto il Mezzogiorno che di contro ha fatto meglio persino di qualche ricca provincia del Nord Italia. Scritto del deserto, è da brivido, i sardi però non sono disperati. Piangono, non hanno forse più neanche i fazzoletti con cui asciugarsi le lacrime, eppure riescono comunque a sopravvivere. Fino a consolarsi sempre più spesso con l’acquisto di un frigorifero, della televisione formato cinema e dell’auto a rate. S’indebitano ma sono fiduciosi, sperano che il futuro sia meno nero, altrimenti non si spiegherebbe perché, in questo vuoto socio-economico, i consumi siano cresciuti di un punto e qualcosa. Il balzo c’è stato, tra l’altro nel rispetto della media nazionale, ed è sorprendente. Perché invece il loro reddito e è sceso: hanno in tasca (non tutti) massimo 18.500 euro l’anno, contro i 25mila dei connazionali e intorno ai 26 mila degli europei. È stato questo il crollo peggiore nella storia recente, con un salto indietro di vent’anni, e un ritorno al lontano 1997, quando il mondo festeggiava la nascita in provetta della pecora Dolly e l’Italia il premio Nobel a Dario Fo. È roba ormai da cineteca, eppure nel rapporto numero 24 del Crenos, ricco di numeri raccolti, studiati e analizzati nel biennio 2015-2016, il pericoloso "ritorno al passato" è stato di questa portata. A far da contraltare all’ottimismo spendaccione e nazionalpopolare, che qualche sociologo dovrà interpretare, c’è però la preoccupazione delle imprese. Chi sta a monte di una filiera che per gli economisti è il «Prodotto interno lordo», tra l’altro arrivato alla settima picchiata consecutiva, dorme di sicuro meno tranquillo. La conferma dell’evidente ansia da prestazione economica delle aziende sarde è confermata da questo dato: in un decennio e solo la Campania ha avuto lo stesso tracrollo, gli investimenti sono diminuiti della metà. Sintomo - scrive il Crenos - delle scarse aspettative da parte di chi dovrebbe produrre, vendere e perché no esportare. Ma di fatto non accade neanche questo: l’export è in caduta libera, come le importazioni. In altre parole certo grossolane per gli economisti, la Sardegna sembrerebbe impegnata a farcela da sola. Anche se gli esperti dicono che è un’utopia e ogni giorno la pressione del mercato globale non fa che ribadirlo: da soli contro il mondo non si va da nessuna pare. Comunque, così come fa il cittadino con la Tv, anche la Sardegna si può consolare con due record: ha la raccolta differenziata di rifiuti migliore d’Italia e spende molto per le energie rinnovabili. Magra soddisfazione, commenterà qualcuno, non per il Crenos: «Tranquilli, nel 2016 c’è stata la sterzata».
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 3 – Primo piano
Aumentano le imprese ma frenano le esportazioni
In un anno le aziende sono cresciute di 400 unità: boom di nautica e armi
L’agricoltura si è rinnovata ma non riesce a decollare, male l’industria pesante
 
CAGLIARIQuattrocento in più da un anno all’altro, 143mila in totale, ma a crescere nel fatturato sono solo le imprese che estraggono oro e altri metalli preziosi dai rifiuti, oppure fabbricano armi, a Domusnovas riforniscono bombe all’Arabia Saudita che ha triplicato gli ordini, o ancora i costruttori di barche. Il resto del tessuto economico è fermo, l’export anche, ha scritto il Crenos.
L’agricoltura è cambiata, alla quantità ha preferito la qualità, ma non riesce ancora a emergere, anche se, con alcuni prodotti pilota, è sbarcata su internet e scalato in fretta le classifiche del mercato globale. Poi l’industria pesante: è ridotta a lumicino, escluse alcune eccellenze, con i prodotti chimici o petroliferi che insieme hanno raccolto ancora un preoccupante meno 23 per cento nel biennio 2015-2016. A reggere la baracca dovrebbe esserci il turismo, eppure da anni nonostante l’aumento esponenziale di arrivi e presenze non riesce a produrre più del suo solito 7 per cento del Prodotto interno lordo regionale, mentre avrebbe una potenzialità del doppio se riuscisse a convincere l’Europa che è una favola svernare in Sardegna. Quel valore invece prodotto soprattutto d’estate è ancora troppo poco, insieme ai 5 punti garantiti dall’agroalimentare, per dire che la Sardegna potrebbe far a meno delle ciminiere.
Servono anche quelle, come minimo per restituire qualche grande numero da sbattere in faccia alla disoccupazione, mentre le piccole aziende, comprese quelle legate al galoppante mondo della tecnologia, non riescono ancora a ottenere risultati in doppia cifra. «Seppure in questo contesto difficile la Sardegna deve riuscire ad agganciare la ripresa economica, i segnali positivi ci sono dappertutto, ma manca ancora lo scatto decisivo», ha detto Barbara Dettori nel presentare il dossier. Con Emanuela Marrocu, presidente dell’istituto di ricerca, che è andata oltre: «Bisognerebbe puntare su specifiche aree economiche, programmare gli investimenti, sostenere la crescita e sperare di essere davvero sulla buona strada».
Pubblico e privato. La Regione pare che il suo contributo l’abbia dato, anche se finora s’è impegnata più che altro a ridurre, attraverso mutui, fondi statali straordinari e finanziamenti europei, l’handicap storico delle infrastrutture. La Sardegna non è ancora una regione per le imprese: c’è molto da fare e la burocrazia, nonostante l’avviata semplificazione, continua a essere un freno. In più c’è il peso della pressione fiscale: ridotta, resa più leggera con diversi benefici a lunga durata, ma ancora esagerata. Certo, non spetta alla Regione creare i posti di lavoro, ma deve dare la certezza agli imprenditori, tra l’altro qualche straniero comincia a sbarcare, che «in Sardegna ci sono le condizioni ideali per tirare su il fatturato».
A essere ancora troppo timide sono le aziende locali. I motivi sono due: il 94 per cento sono micro e artigianali, al massimo hanno due dipendenti e spesso uno è il proprietario, e quindi rischiano poco anche nell’innovazione. Da queste parti a dettare legge è ancora la regola dell’incasso quotidiano e meno dell’apriamoci al mondo. Il secondo motivo, a parte l’incertezza internazionale, è che la Sardegna continua a essere vittima, prigioniera del suo mercato interno troppo piccolo e non trova in sè la forza di esportare nonostante abbia diverse eccellenze riconosciute ma ancora sconosciute da molti. Alla fine purtroppo tutto pare restare immobile, nonostante le continue iniezioni di denaro pubblico per ravvivare il sistema.
Le prospettive. Sono nelle conclusioni del dossier presentato dal Crenos. «Nel 2016 - è scritto - dovrebbero esserci quei segnali di ripresa. Il settore pubblico deve continuare a dare la spinta, essere quello che gli si chiede di essere da sempre: un generatore a propulsione, semmai con interventi straordinari. Il privato invece deve riacquistare fiducia e nuovi mercati internazionali». Poi non resta che pregare nel buon dio dell’economia, di quella popolare e diffusa ci mancherebbe. (ua)
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 3 – Primo piano
Laurea per pochi: la metà della media Ue
Tra i giovani solo il 18 per cento ha terminato gli studi universitari. Nel Vecchio continente sono il 38
 
CAGLIARILo 0,3 per cento in più, sembra nulla, eppure c’è da far festa. È l’aumento del tasso di occupazione registrato dal Crenos. La metà dei sardi (dai 15 ai 64 anni) ha un lavoro, il tetto del 50% è stato superato. Certo, l’altra metà - e sono soprattutto donne - continua a essere senza, ma la disoccupazione comunque è diminuita dello 0,6 per cento. Sono sempre piccoli numeri, ma con la crisi che c’è va quasi bene. C’è un altro dato interessante: ha ripreso a cercare un posto o riprova a costruirselo in proprio anche chi fino a qualche anno fa aveva abbandonato la speranza, amareggiato dalle troppe porte ricevute in faccia. Il problema dei problemi resta comunque la disoccupazione giovanile, Jobs act e voucher sono state solo delle panacee. Crisi accentuata dal fatto che la Sardegna continua ad avere il numero di laureati più basso d’Europa: è al penultimo posto con il 18,6% tra giovani under 34. In Europa la percentuale sale al 38,7.
L’istruzione è fondamentale nei curriculum da presentare alle aziende: qualcosa è migliorato nella dispersione scolastica, ha conquistato oltre 4 punti in meno - dal 22,9 al 18,1 - ma gli studi universitari continuano a essere a singhiozzo, con troppi intoppi per gli studenti prima dell’esame finale. Poi ci sono altri due aspetti preoccupanti: i corsi di laurea spesso non rispondono alle esigenze delle imprese, sono pochi quelli legati alle nuove tecnologie, e ancora peggio molti dei neo laureati appena possono emigrano. La Sardegna paga un costo sociale per farli studiare, ma alla fine a raccogliere i benefici sono altre regioni e paesi stranieri. Chi non conosce battute d’arresto è la Pubblica amministrazione.
Il cosiddetto settore pubblico continua a essere fra i più ambiti e tra l’altro è generoso verso i sardi. Con una spesa di 12mila euro per abitante, la Pubblica amministrazione spende di più nell’isola che sulla terra ferma. Anche gli Enti locali, seppure alle prese con le troppe ristrettezze di cassa imposte da Roma, non sono da meno: 2,5 miliardi in totale, 1.531 euro pro capite. Sempre per ogni singolo cittadino, la Sardegna spende 1.948 euro e garantisce a tutti l’assistenza sanitaria, mentre la media nazionale supera appena i 1.800 euro. Dunque, il sistema degli ospedali e dintorni continua a essere fra i più costosi d’Italia - con 3,24 miliardi ingoia il 10 per cento del Pil sardo - ma almeno nel 2016 è aumentata solo dello 0,1 per cento.
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 3 – Primo piano
turismo
I numeri fanno sorridere ma è allarme per il sommerso
 
Il turismo è la speranza a cui si aggrappa la Sardegna per uscire dalla crisi. È l’aumento costante degli arrivi e delle presenze a confermare che il mercato delle vacanze è in crescita. Però - come sottolineato dal Crenos - «è indispensabile far crescere l’offerta e non limitarla all’estate». Nel 2016, come confermato di recente dai dati ufficiali dell’assessorato al turismo, «la destagionalizzazione ha cominciato a funzionare e anche la primavera soprattutto per gli stranieri è diventata appetibile». Potrebbe essere la volta buona per far superare a questo settore la soglia del 7 per cento del Prodotto interno lordo su cui ormai pare fermatasi da troppo tempo. «Nel 2016 e per il quarto anno consecutivo - è scritto nel rapporto Crenos - la domanda turistica verso la Sardegna è cresciuta in doppia cifra e con gli stranieri che sono ormai molto vicini agli italiani anche in numeri assoluti. Anzi, rispetto ai competitor nazionali - Sicilia, Calabria e Puglia - la presenza straniera è aumentata con maggiore decisione». Però nella classifica nazionale sulle presenze turistiche la Sardegna ha un obiettivo: superare il tetto del 3,2 per cento del totale finora registrato dalle Alpi alla punta dello Stivale. «È possibile - ha scritto Federalberghi - se finalmente emergerà anche il sommerso che ora pesa intorno al 41 per cento. È in Italia la percentuale più alta, insieme alla Puglia, mentre Sicilia e Calabria oscillano tra il 19 e l’8 per cento, mentre quella nazionale è di solo 18 turisti fantasma su 100 arrivati».
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 3 – Primo piano
innovazione
Seconda nelle startup, scarseggiano gli investimenti nella ricerca
 
Le nuove tecnologie sono l’ultima frontiera dell’economia globale, per alcuni anche l’unica possibile ancora di salvataggio. Secondo il Crenos, la Sardegna nell’Itc continua dare segnali di forte vitalità e non a caso è al secondo posto, dietro una regione molto più ricca come la Lombardia, nei finanziamenti pubblici per sostenere e far crescere le start up. Il cosiddetto venture capital è diventato un volano di successo e l’arrivo di alcune multinazionali dall’Estremo Oriente ha contribuito ad accelerare la crescita. Però anche in questo settore c’è l’altra faccia della medaglia, quella peggiore. La Sardegna continua a essere una delle regioni che spende meno nella ricerca, con un investimento diretto pari ad appena lo 0,3 per cento del Prodotto interno lordo. Anche i privati nell’innovazione vanno con i piedi di piombo e solo le grandi imprese hanno una voce dedicata nei bilanci, mentre quelle piccole continuano a investire più che altro sulla produzione storica. Eppure qualche segnale di cambiamento, oltre il fiorire delle start up, c’è. Gli ultimi bandi della Regione per migliorare l’internazionalizzazione delle imprese sono andati esauriti in poche ore, tanto che saranno riproposti e finanziati. Il che vuol dire: c’è fame d’innovazione e alta tecnologia in Sardegna, poi si sa che esiste ormai da anni una sorta di tradizione o scuola favolosa in questo campo. Le menti e i genietti non mancano, servirebbero più soldi e anche le banche nelle start up dovrebbero credere di più.
 
LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 2 – Primo piano
Paci ottimista: le cose stanno cambiando
Il vicepresidente della Regione: «Ma nessuno sviluppo è possibile senza radicali riforme nazionali»
 
CAGLIARIChi governa, quando il Crenos dà alle stampe il suo dossier, si sente sempre bene o male sotto accusa. È capitato dal 2014 in poi alla giunta di centrosinistra, ma il vicepresidente Raffaele Paci dal banco degli imputati è saltato fuori con decisione. «La Regione è impegnata al massimo perché la Sardegna agganci il treno della ripresa ma nessuno sviluppo è possibile se non ci sono radicali riforme nazionali. Noi sulle infrastrutture abbiamo investito molto, sulla semplificazione anche. Qualche risultato buono cominciamo a intravederlo, per altri ci vorrà più tempo. Se allo Stato chiediamo con forza che ci dia una mano, ai sardi proponiamo invece un patto per superare insieme gli steccati ideologici, avere più ottimismo, essere meno litigiosi e qualcosa di meglio arriverà più in fretta anche del previsto».
Il dato negativo del 2015 ha sorpreso anche la Regione, ma l’assessore è stato sicuro nel dire: «Stando alle previsioni, il 2016 dovrebbe essere andato decisamente meglio e il che vuol dire che insieme, tutti insieme, possiamo farcela, con ancora qualche sacrificio ma in fondo al tunnel ora c’è uno spiraglio di luce».
A vederlo è anche il presidente della Fondazione Sardegna, ma in un passaggio del suo intervento Antonello Cabras è apparso quasi un nostalgico dello storico Piano di Rinascita, cioè della necessità che ci siano ancora maggiori interventi straordinari.
Poi spiegherà ancora meglio: «Più che altro mi auguro che intorno a un progetto simile ritornino a stringersi, in un unico abbraccio, il meglio delle forze politiche, economiche e sociali, compresi i giovani, che abbiamo. A suo tempo fu proprio questo gioco di squadra a rendere possibile e in parte vincente il Piano di Rinascita. Dobbiamo ritrovarlo». Ma Forza Italia, con il vicecapogruppo Marco Tedde, ha preso le distanze e s’è messa a bombardare sugli avversari del centrosinistra. «Dopo l’Eurostat e altri istituti anche il Crenos ha certificato la crisi dell’economia sarda e bocciato l’immobilismo della giunta Pigliaru. Provare ad addomesticare i dati non serve e rende ancora peggiore le figuracce. La Sardegna era una delle regioni d’Europa con tasso di disoccupazione giovanile più e purtroppo continuiamo a esserlo».
 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA.IT
di Luca Mascia
Venerdì 26 Maggio alle 14:00
 
Un pil procapite così basso la Sardegna non lo registrava da vent’anni. Un segno meno che piazza l’Isola tra le regioni più povere d’Europa. Il bollino rosso arriva dal 24esimo rapporto Crenos, presentato questa mattina alla Facoltà di Ingegneria a Cagliari, che ha comunque segnalato anche più di una nota positiva: tra queste il balzo in avanti registrato nell’ultimo anno da Agricoltura e Turismo. "Non siamo usciti dalla fase recessiva - rivela Barbara Dettori del Crenos - anche se i segnali confortanti non mancano, come l’aumento dei consumi di beni durevoli (auto, mobili, etc), segnale di una fiducia sul futuro mostrata dalle famiglie".
Confortante anche il +10% con cui le presenze turistiche hanno chiuso lo scorso anno e l’aumento di valore aggiunto registrato dal comparto agricolo.
Buone notizie, infine, anche dalle imprese, in crescita nel 2016, "ma ancora troppo piccole per poter contribuire al tasso occupazionale - dice Dettori - e ambire a una ulteriore crescita".
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
LANUOVASARDEGNA.IT
di Umberto Aime
 
CAGLIARI. La Sardegna sta ancora male, anche se l’ultima diagnosi del Crenos, il centro studi delle università di Cagliari e Sassari, è vecchia di due anni. State sereni però: nel 2016 l’isola avrebbe avuto un sussulto più d’orgoglio che economico ma l’Istat deve ancora confermarlo. Purtroppo il malessere non è una novità: la Sardegna continua a essere fra i 65 territori più poveri d’Europa, solo Grecia e Cipro stanno peggio, ma Bruxelles l’ha saputo in ritardo e fino al 2020 inviato gli stessi soldi destinati ai popoli in risalita: un errore di calcolo e soprattutto politico.
Anche nel confronto col resto dello Stivale, l’isola è sempre inchiodata al quart’ultimo posto su venti regioni, con quasi tutto il Mezzogiorno che di contro ha fatto meglio persino di qualche ricca provincia del Nord Italia. Scritto del deserto, è da brivido, i sardi però non sono disperati. Piangono, non hanno forse più neanche i fazzoletti con cui asciugarsi le lacrime, eppure riescono comunque a sopravvivere. Fino a consolarsi sempre più spesso con l’acquisto di un frigorifero, della televisione formato cinema e dell’auto a rate. S’indebitano ma sono fiduciosi, sperano che il futuro sia meno nero, altrimenti non si spiegherebbe perché, in questo vuoto socio-economico, i consumi siano cresciuti di un punto e qualcosa. Il balzo c’è stato, tra l’altro nel rispetto della media nazionale, ed è sorprendente. Perché invece il loro reddito è sceso: hanno in tasca (non tutti) massimo 18.500 euro l’anno, contro i 25mila dei connazionali e intorno ai 26 mila degli europei.
 

 
ANSA.IT
di Fabrizio Fois
 
Un quadro in chiaroscuro con segnali contrastanti che vanno dalle forti carenze strutturali del 2015, ai dati congiunturali del 2016 sui consumi e sul mercato del lavoro che fanno intravvedere alcuni segnali positivi. Bene il turismo e l’agricoltura. E’ quanto emerge dal 24/o rapporto sull’economia della Sardegna realizzato dal Crenos che raggruppa studiosi delle Università di Cagliari e Sassari.
Nel 2015, infatti, la Sardegna risultava tra le 65 regioni più povere dell’Unione europee, 212/a su 276, con il Pil che in un quinquennio cala dal 77% al 70% della media europea, facendo rientrare l’Isola nel gruppo delle regioni meno sviluppate. Il reddito medio era pari a 18.539 euro per abitante, facendo ritornare questo valore a quello del 1997, mentre nel Mezzogiorno si assiste ad una lieve ripresa con un +1,3%.
Nonostante questi dati negativi, nell’Isola si assiste ad un aumento della spesa dei consumi delle famiglie (+1,8% pro capite) sia per i servizi che per i beni durevoli, che fa pensare ad una rinnovata fiducia nel futuro da parte di consumatori e famiglie. Segnali positivi e contrastanti anche sul mercato del lavoro nel 2016: il tasso di occupazione cresce dello 0,3% arrivano al 50,3%, ma il Mezzogiorno e il Centro Nord registrano incrementi più elevati e aumenta il divario con la media Italia, che si attestata al 57,2%. Lieve scossa di assestamento in positivo per il tasso di disoccupazione che scende dello 0,6% fermandosi al 17,3% con una performance migliore rispetto al Mezzogiorno il tasso di attività registra invece un aumento dello 0,2% non dovuta all’aumento delle forze di lavoro ma alla riduzione più che proporzionale della popolazione di riferimento.
Va meglio l’agricoltura, con il 34% delle imprese totali che nella loro capacità di creare valore aggiunto (5% in Sardegna e 2% in Italia), anche se si riscontra una contrazione del 7,5% del numero di occupati nel settore che fino al 2015 aveva mostrato la migliore performance. Il comparto più in salute è quello del turismo, che cresce per il quarto anno consecutivo (nel 2016 +10% per arrivi e presenze). Continua la crescita degli stranieri (+11,7%) rispetto agli italiani (+8,5%). La forte stagionalità, legata al turismo marino balneare da giugno a settembre, rappresenta ancora una criticità per la Sardegna.
Mentre gli investimenti pubblici registrano un calo anche se si assiste ad un aumento del numero delle imprese di ben 400 in più nel 2016 tra quelle attive (142.986), ma si tratta di imprese piccole, la gran parte con meno di tre addetti (63%).
D’altra parte, se si assiste ad un sovradimensionamento del settore pubblico che rappresenta oltre un terzo del valore aggiunto complessivo, il Crenos sottolinea che l’export arranca: le esportazioni del settore petrolifero diminuiscono di oltre il 12% in seguito al calo del prezzo del greggio, mentre il resto dell’economia mostra in generale una scarsa propensione all’internazionalizzazione. "Si tratta di dati contrastanti - ha spiegato Barbara Dettori del Crenos, illustrando la ricerca - e per questo non abbiamo elaborato delle conclusioni".
"Ci sono come sempre luci ed ombre - ha detto l’assessore della Programmazione, Raffaele Paci - il dato del Pil non mi ha soddisfatto ma attendo il dato definitivo perchè questo è solo il primo provvisorio. Dall’altra parte i dati congiunturali del 2016 su consumi e lavoro indicano una rinnovata fiducia che ci fa ben sperare".
 
ANSA
ANSA-FOCUS/ Luci e ombre dell’economia sarda in rapporto Crenos
Pil scende e export arranca, meglio occupazione. Bene il turismo
CAGLIARI
(di Fabrizio Fois)
(ANSA) - CAGLIARI, 26 MAG - Un quadro in chiaroscuro con segnali contrastanti che vanno dalle forti carenze strutturali del 2015, ai dati congiunturali del 2016 sui consumi e sul mercato del lavoro che fanno intravvedere alcuni segnali positivi. Bene il turismo e l’agricoltura. E’ quanto emerge dal 24/o rapporto sull’economia della Sardegna realizzato dal Crenos che raggruppa studiosi delle Università di Cagliari e Sassari. Nel 2015, infatti, la Sardegna risultava tra le 65 regioni più povere dell’Unione europee, 212/a su 276, con il Pil che in un quinquennio cala dal 77% al 70% della media europea, facendo rientrare l’Isola nel gruppo delle regioni meno sviluppate. Il reddito medio era pari a 18.539 euro per abitante, facendo ritornare questo valore a quello del 1997, mentre nel Mezzogiorno si assiste ad una lieve ripresa con un +1,3%. Nonostante questi dati negativi, nell’Isola si assiste ad un aumento della spesa dei consumi delle famiglie (+1,8% pro capite) sia per i servizi che per i beni durevoli, che fa pensare ad una rinnovata fiducia nel futuro da parte di consumatori e famiglie. Segnali positivi e contrastanti anche sul mercato del lavoro nel 2016: il tasso di occupazione cresce dello 0,3% arrivano al 50,3%, ma il Mezzogiorno e il Centro Nord registrano incrementi più elevati e aumenta il divario con la media Italia, che si attestata al 57,2%. Lieve scossa di assestamento in positivo per il tasso di disoccupazione che scende dello 0,6% fermandosi al 17,3% con una performance migliore rispetto al Mezzogiorno il tasso di attività registra invece un aumento dello 0,2% non dovuta all’aumento delle forze di lavoro ma alla riduzione più che proporzionale della popolazione di riferimento. Va meglio l’agricoltura, con il 34% delle imprese totali che nella loro capacità di creare valore aggiunto (5% in Sardegna e 2% in Italia), anche se si riscontra una contrazione del 7,5% del numero di occupati nel settore che fino al 2015 aveva mostrato la migliore performance. Il comparto più in salute è quello del turismo, che cresce per il quarto anno consecutivo (nel 2016 +10% per arrivi e presenze). Continua la crescita degli stranieri (+11,7%) rispetto agli italiani (+8,5%). La forte stagionalità, legata al turismo marino balneare da giugno a settembre, rappresenta ancora una criticità per la Sardegna. Mentre gli investimenti pubblici registrano un calo anche se si assiste ad un aumento del numero delle imprese di ben 400 in più nel 2016 tra quelle attive (142.986), ma si tratta di imprese piccole, la gran parte con meno di tre addetti (63%). D’altra parte, se si assiste ad un sovradimensionamento del settore pubblico che rappresenta oltre un terzo del valore aggiunto complessivo, il Crenos sottolinea che l’export arranca: le esportazioni del settore petrolifero diminuiscono di oltre il 12% in seguito al calo del prezzo del greggio, mentre il resto dell’economia mostra in generale una scarsa propensione all’internazionalizzazione. "Si tratta di dati contrastanti - ha spiegato Barbara Dettori del Crenos, illustrando la ricerca - e per questo non abbiamo elaborato delle conclusioni". "Ci sono come sempre luci ed ombre - ha detto l’assessore della Programmazione, Raffaele Paci - il dato del Pil non mi ha soddisfatto ma attendo il dato definitivo perchè questo è solo il primo provvisorio. Dall’altra parte i dati congiunturali del 2016 su consumi e lavoro indicano una rinnovata fiducia che ci fa ben sperare". (ANSA).
 
ANSA
Crenos: aumentano costi sanità, isola virtuosa sui rifiuti
(v. ">ANSA-FOCUS/ Luci e ombre...", delle 13:23)
CAGLIARI
(ANSA) - CAGLIARI, 26 MAG - Spesa sanitaria in aumento in Sardegna, nonostante le politiche di contenimento decise dal governo, mentre l’Isola appare più virtuosa nella gestione dei rifiuti solidi urbani rispetto ad altri territori italiani. A dirlo è il Crenos nel tradizionale rapporto annuale sull’economia dell’Isola. La spesa per la sanità regionale nel 2015 era pari a 3,24 miliardi di euro, 1.948 euro per abitante, un dato superiore al centro nord (1.880 euro) e al Mezzogiorno (1.736 euro) e quindi alla media italiana (1.831 euro). Mentre si riduce dello 0,4% negli ultimi cinque anni in tutto il Paese, in Sardegna si registra un incremento medio annuo dello 0,1%. Il servizio sanitario regionale, secondo il Crenos, destina il 10,1% del Pil sardo al settore sanitario, contro il 6,8% in Italia. La componente di spesa che assorbe il maggior quantitativo di risorse (1,2 mld pari al 37% del totale) è quella del personale. Sul versante dei rifiuti viene confermato il quadro positivo per i rifiuti: nel 2015 la Sardegna ha raggiunto il 56% di raccolta differenziata (244 kg per abitante con un +6,4% in un anno) contro il 47% della media nazionale. La produzione di rifiuti per abitante ha un trend decrescente (0,6% in un anno) con una performance migliore di quella nazionale. Sul fronte della spesa si rileva una criticità: la gestione dei rifiuti dell’Isola costa circa 176 euro ad abitante, mentre nel centro nord si arriva a 151, nonostante vi sia una minore produzione e una percentuale simile di raccolta differenziata. (ANSA).
 
ANSA
Turismo: Federalberghi, per Crenos sommerso è al 41%
Plauso a operazione Gdf su affitti in nero delle case vacanze
CAGLIARI
(ANSA) - CAGLIARI, 26 MAG - "Il turismo sommerso in Sardegna ha un’incidenza stimata del 41% sul totale delle presenza del 2015, la percentuale più alta, assieme alla Puglia, rispetto ai maggiori competitors italiani come Sicilia e Calabria, che si attestano rispettivamente sul 19 e 8%, mentre la media italiana è del 18%". Lo dice il presidente di Federalberghi Sardegna, Paolo Manca, che riprende i dati, diffusi oggi dal Crenos nel ventiquattresimo rapporto sull’economia della Sardegna. Secondo Manca, quello che emerge "non fa che confermare quanto abbiamo denunciato nelle scorse settimane: il fenomeno è rilevante e continua a far sentire i propri effetti sulla produzione di ricchezza per l’intera Isola". Riguardo poi all’operazione della Guardia di Finanza di Cagliari sulle case vacanze, il presidente di Federalberghi plaude all’iniziativa della Gdf "che sta mettendo in atto controlli stringenti sulle seconde case affittate in nero: chiediamo che i controlli proseguano e che finalmente si possa stare sul mercato con le stesse regole". (ANSA).
 
ANSA
Crenos: Paci, servono riforme nazionali per vera ripresa
(V. ">ANSA-FOCUS/ Luci e ombre...", delle 13:25 circa)
CAGLIARI
(ANSA) - CAGLIARI, 26 MAG - Servono riforme nazionali dalle quali "non si può in alcun modo prescindere se si vuole sperare in una vera ripresa: altrimenti tutte le importanti politiche di investimento pubblico messe in campo dalla Giunta regionale, dal mutuo infrastrutture al Patto per la Sardegna fino alle strategie pro imprese, rischiano di non poter essere applicate e dunque di non avere gli effetti previsti". Lo ha detto il vicepresidente della Regione, Raffaele Paci, intervenendo alla presentazione del 24/o Rapporto Crenos. "La situazione non è semplice, la ripresa in Italia arranca e inevitabilmente questo si ripercuote su una regione piccola come la Sardegna che non può fare a meno del traino nazionale - ha sottolineato l’assessore -. Bisogna puntare sugli investimenti e chiedere all’Europa la giusta flessibilità: la nostra Giunta ha fatto tutto il possibile per il lavoro, l’infrastrutturazione, la scuola, l’innovazione tecnologica, il sostegno alle imprese. Gli ultimi segnali, quelli congiunturali, evidenziano una ripresa dei consumi, dunque della fiducia, ed è su questo che dobbiamo puntare per ripartire velocemente. Se, però, i soldi stanziati non si riesce ad immetterli rapidamente nel sistema allora rischia di essere tutto inutile. Ma ribadisco che se non riparte l’Italia, che ha ormai un gap inaccettabile rispetto alla media europea, non abbiamo nessuna speranza di poter ripartire noi". Inoltre, per il vicepresidente della Giunta "è urgente chiarire che una regione con la peggior performance economica nazionale non può avere risorse comunitarie dimezzate per il fatto di essere considerata di transizione e non più obiettivo 1. E’ inammissibile continuare a pagare quasi 700 milioni di accantonamenti invece che utilizzare quei soldi per fare politiche di crescita e sviluppo". (ANSA).
 

 
SARDINIAPOST.IT
26 maggio 2017 Economia, In evidenza 06
 
Non sono confortanti i dati che arrivano dall’ultimo rapporto Crenos sulla situazione economica dell’Isola: siamo tra le regioni europee più povere, il pil regionale e quello pro capite calano e la nostra economia non è mai stata così in crisi da vent’anni. Un segno positivo c’è, spendiamo di più sia per i servizi che per i beni durevoli: non sarà tanto, ma almeno è un piccolo segnale di fiducia verso la ripresa. I numeri e le tendenze sul quadro macroeconomico della Sardegna relativi all’ultimo quinquennio sono stati illustrati questa mattina a Cagliari, nell’Aula magna della Facoltà di Ingegneria e Architettura, dalla ricercatrice Barbara Dettori. A commentare i dati c’erano Guido De Blasio, economista del Centro studi della Banca d’Italia, insieme a imprenditori ed esponenti della società sarda: Mikela Esciana di Finsardegna, Chiara Sini della società Guide Me Right, Antonello Cabras, presidente della Fondazione di Sardegna e Raffaele Paci, assessore regionale alla Programmazione. Qui la nota diffusa dall’esponente della Giunta.
 
Gli investimenti
Positivi i dati sugli investimenti, soprattutto pubblici. Enti e amministrazioni isolane, che contribuiscono agli investimenti regionali con un +21% rispetto al 2013, non stanno spendendo su nuove opere ma soprattutto su riqualificazioni e interventi straordinari, in gran parte nei settori della viabilità e della sicurezza pubblica dopo l’alluvione del 2013 che ha devastato il nord della Sardegna. Si spende anche nel settore energetico e in particolare sulle fonti rinnovabili, eoliche e solari: nel 2013 abbiamo speso in questo settore quasi 660 milioni di euro, una media di 400 euro per abitante in Sardegna contro una media nazionale inferiore ai 150 euro.
 
La produzione
Nel 2016 si registrano 142.986 attività con sede in Sardegna, 400 in più rispetto all’anno precedente. Un dato che fa riflettere, però, è la frammentarietà delle imprese sarde: il 63% dei lavoratori è assunto in microimprese, nelle altre regioni italiane la media è del 46%. Un terzo delle attività, circa 34 mila, appartiene al settore agropastorale, che crea un valore aggiunto del 5% (in Italia arriva al 2%). Il 22% è invece impegnato nel comparto industriale. Il resto delle attività produttive si muove in ambito pubblico e nei servizi non destinati alla vendita, responsabili di circa un terzo del valore aggiunto complessivo; esiguo nell’economia sarda è il contributo di chi produce beni e servizi destinati al mercato. Diminuiti nel 2016 gli scambi con l’estero: le esportazioni del settore petrolifero registrano meno 487 milioni di euro (-12,5%) in seguito al crollo del prezzo del greggio, mentre il resto dell’economia mostra in generale una scarsa propensione all’internazionalizzazione. I due unici settori le cui esportazioni superano i 100 milioni di euro, la chimica di base e l’industria lattiero-casearia, subiscono anch’essi una contrazione del 10%.
 
Il lavoro
Lievissimo miglioramento sui tassi di attività: nel 2016 sono aumentati dello 0,2%. Non c’è da entusiasmarsi, la percentuale cresce ma solo perché diminuisce la popolazione relativa: le forze lavoro infatti sono passate da 670 mila a 666,6 mila. Una persona su due è occupata, dato in aumento dello 0,3%: cresce il divario tra la Sardegna e l’Italia, dato che il Mezzogiorno e il Centro-Nord hanno incrementi più elevati (rispettivamente +2,1% e +1,5%). Il tasso di disoccupazione si attesta al 17,3%, leggermente inferiore a quello delle altre regioni del Mezzogiorno. Brutte notizie sul fronte del lavoro femminile: negli ultimi due anni sono peggiorati i dati sui tassi di attività e occupazione delle donne (-0,5 % nel 2016, -0,2 nel 2015), mente il tasso di disoccupazione ha una variazione annuale negativa per le donne (-0,4 punti percentuali) e positiva per gli uomini (+0,1 punti percentuali). Variazioni deboli che comunque confermano il forte gap di genere nel mercato del lavoro sardo, soprattutto per ciò che riguarda la partecipazione: nel 2016 il tasso di attività maschile è pari al 70,3%, quello femminile è pari al 51,6%, quasi 20 punti percentuali di distanza, dato in linea con quanto avviene anche in Italia. Questa distanza si riduce con il livello di istruzione: tra i lavoratori laureati c’è un gap di 7 punti percentuali. Nel 2016 gli occupati scendono a 562.097 (-0,5% rispetto al 2015): calano soprattutto i lavoratori di industria, costruzioni, e i servizi relativi a commercio, alberghi e ristoranti, leggermente meno anche quelli del settore agricolo. Diminuiscono anche i nuovi contratti, che nel 2016 sono il 12,5% in meno rispetto all’anno precedente, in linea con quanto avviene nel resto del paese; i dati sono coerenti con le analisi dell’Ufficio di Statistica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che rilevano nel 2016 una marcata flessione del numero di contratti a tempo indeterminato, dato che si è chiuso il periodo di decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla legge di stabilità 2014.
 
Le spese per i servizi pubblici
Aumenta notevolmente la spesa sanitaria: nel 2015 è pari a 3,24 miliardi di euro, 1.948 euro per abitante, dato superiore a quello del Centro-Nord (1.880 euro) e Mezzogiorno (1.736 euro) e quindi alla media italiana (1.831 euro). Se negli ultimi cinque anni le spese si sono ridotte dello 0,4% in tutto il paese, in Sardegna c’è un incremento medio annuo dello 0,1%. Il Servizio Sanitario Regionale destina il 10,1% del PIL sardo al settore sanitario, contro il 6,8% in Italia. Si spende soprattutto per il personale, 1,2 miliardi di euro, pari al 37% del totale (in Italia è il 31%). Va meglio invece sui servizi pubblici locali di rilevanza economica e in particolare nel settore dei rifiuti solidi urbani: la Sardegna nel 2015 ha differenziato il 56% dei rifiuti (244 chili per abitante, +6,4% in un anno), contro il 47% della media nazionale (231 chili, +5,1%); allo stesso tempo diminuisce la produzione di rifiuti per abitante: nel 2016 ne abbiamo prodotto lo 0,6% in meno rispetto al 2015. Esiste tuttavia una grande differenza fra efficacia in termini di prestazioni ambientali, con la Sardegna che si pone come tra le realtà virtuose a livello nazionale, ed efficienza in termini di costi: in Sardegna la spesa per la gestione dei rifiuti, circa 176 euro per abitante, è superiore ai 151 euro del Centro-Nord, nonostante vi sia una minore produzione di rifiuti per abitante e una percentuale simile di raccolta differenziata.
 
I fattori di crescita e sviluppo
Non sono positivi i numeri sull’istruzione e la formazione: nel 2015 appena il 18,6% dei sardi tra 30 e 34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario o equivalente. Il dato è tra i più bassi in Italia (solo Sicilia e Campania fanno peggio) e molto distante dalla media europea (38,7%) e ancor più dall’obiettivo della Strategia 2020 dell’Unione Europea fissato al 40%. Anche la quota di laureati nelle discipline tecnico-scientifiche (17,8%), un buon indicatore della disponibilità di individui altamente qualificati e potenzialmente disponibili a lavorare nel campo della ricerca e sviluppo, resta molto distante dalla media europea (32%). Andiamo malissimo per quanto riguarda l’abbandono scolastico: la situazione sembra in leggero miglioramento nell’ultimo quinquennio, ma nel 2015 il 23% dei sardi tra i 18 e i 24 anni ha interrotto il proprio percorso scolastico e formativo fermandosi alla licenza media. Il divario rispetto alla media nazionale (15%) è molto ampio: la Sardegna è al penultimo posto tra le regioni italiane (davanti alla Sicilia) e al 240esimo posto su 254 regioni europee. Il dato più preoccupante è sicuramente quello sui Neet, i giovani tra 15 e 24 anni che non studiano, non lavorano e non cercano un impiego: negli ultimi cinque anni sono aumentati di 3 punti percentuali dal 2011, raggiungendo il 27% nel 2015.
Un ulteriore pesante ritardo della Sardegna si registra sul fronte degli investimenti in ricerca e sviluppo: con il nostro 0,82% del Pil siamo ben lontani dall’obiettivo del 3% fissato dalla Strategia Europa 2020 (in Italia la media è dell’1,38%, in Europa del 2,4% di quella europea. Il peso degli investimenti privati in questo campo in Sardegna è molto basso (5,9%) rispetto alla media nazionale (58,3%) e a quella europea (64,6%). Debole anche la quota di occupati nei settori high-tech, che nel 2015 in Sardegna si attesta all’1,6% (superiore solo a Puglia e Calabria), valore inferiore alla media europea (4%) e italiana (3,4%). Un segnale di incoraggiamento arriva dalle imprese sarde che partecipano al mercato elettronico: nel 2016 il 17% delle imprese sarde con almeno 10 addetti ha effettuato vendite on-line, valore superiore alla media nazionale (11%) e vicino a quella europea (20%).
 
Il turismo
Aumenta il numero dei turisti in Italia e in Sardegna: il 2016 registra un 10% in più per arrivi e presenze, soprattutto straniere. I dati definitivi Istat indicano per il 2015 circa 2 milioni e 610 mila arrivi e 12 milioni e 393 mila presenze. Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito si riconfermano i principali paesi di provenienza dei turisti stranieri, aumentano anche gli arrivi da Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia e diminuiscono i turisti russi. Ancora lontano il sogno di destagionalizzare il turismo: la metà dei visitatori arriva tra luglio e agosto, l’84% da giugno a settembre, mentre i turisti stranieri scelgono l’Isola anche in primavera e autunno. Dal lato dell’offerta, nel 2015 aumentano le strutture ricettive e i posti letto (in entrambi i casi +2,6%). Nota dolente è il tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria). La ragione di questo basso utilizzo delle strutture rispetto al potenziale è attribuita alla forte stagionalità dei flussi che, come noto, è una delle caratteristiche delle destinazioni orientate al turismo marino-balneare. Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per il 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre.
Fr. Mu.
 
SARDINIAPOST.IT
26 maggio 2017 Politica
 
“Molto c’è da fare a partire dalle riforme nazionali da cui non si può in alcun modo prescindere se si vuole sperare in una vera ripresa: altrimenti tutte le importanti politiche di investimento pubblico messe in campo dalla Giunta regionale, dal mutuo infrastrutture al patto per la Sardegna fino alle strategie pro imprese, rischiano di non poter essere applicate e dunque di non avere gli effetti previsti”. Lo ha detto oggi il vicepresidente della Regione Raffaele Paci intervenendo alla presentazione del 24esimo rapporto Crenos.
“La situazione non è semplice, la ripresa in Italia arranca e inevitabilmente questo si ripercuote su una regione piccola come la Sardegna che non può fare a meno del traino nazionale – ha sottolineato Paci -. Bisogna puntare sugli investimenti e chiedere all’Europa la giusta flessibilità: la nostra Giunta ha fatto tutto il possibile per il lavoro, l’infrastrutturazione, la scuola, l’innovazione tecnologica, il sostegno alle imprese. Gli ultimi segnali, quelli congiunturali, evidenziano una ripresa dei consumi, dunque della fiducia, ed è su questo che dobbiamo puntare per ripartire velocemente. Ma ribadisco che se non riparte l’Italia, che ha ormai un gap inaccettabile rispetto alla media europea, non abbiamo nessuna speranza di poter ripartire noi”.
Dal mutuo infrastrutture da 700 milioni, al patto per la la Sardegna da un miliardo e mezzo, fino alle politiche di sostegno alle imprese passando dall’azzeramento dell’Irap per 5 anni a favore delle nuove iniziative. L’assessore del Bilancio lo ha detto chiaramente: la Giunta ha fatto il possibile e continuerà a farlo, ma se i soldi stanziati non si riesce ad immetterli rapidamente nel sistema allora rischia di essere tutto inutile.
“Prendiamo il mutuo infrastrutture. Ben consapevoli che per smuovere l’economia bisognasse intervenire, abbiamo garantito 700 milioni di euro: per aprire cantieri, creare occupazione, avviare un percorso che potesse avere una serie di ricadute positive per lo sviluppo. Poi però è arrivato il codice degli appalti che ha bloccato tutto: i soldi non girano e i cantieri sono paralizzati, per non parlare dei ricorsi al Tar che paralizzano tutto ulteriormente. Chiaro che servono riforme nazionali importanti, noi da soli, a parte ridurre la burocrazia e semplificare le procedure, non possiamo far nulla: e bisogna sbrigarsi, perché altrimenti non la Sardegna, ma tutta l’Italia, rischia di andare a picco”.
 

 
AGI.IT
 
(AGI) - Cagliari, 26 mag. - La Sardegna conferma la sua vocazione agro-pastorale. E’ quanto emerge dal rapporto Crenos, centro ricerche economiche Nord e Sud, presentato stamane a Cagliari. Stando ai dati diffusi dai ricercatori, sull’isola il settore agricolo va bene sia per numero di imprese che per la capacita’ di creare valore aggiunto. Se e’ vero che tra gli occupati si regista una contrazione (7,5 per cento) anche tra chi lavora nei campi, e’ anche vero che il 34 per cento delle imprese sarde sono a carattere agricolo, capaci di un valore aggiunto pari al 5 per cento (contro il 2 per cento della media italiana). Bene anche il turismo: la domana e’ cresciuta per il quarto anno consecutivo e nel 2016 ha registrato un piu’ 10 per cento. Sono aumentate le presenza straniere (piu’ 11,7 per cento, contro il piu’ 8,5 della media italiana), con turisti che provengono prevalentemente da Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito. Crescono quelli che arrivano da Paesi Bassi e dalla Svezia mentre diminuiscono i russi. Inoltre nel 2015 ci sono stati circa 2 milioni e 610 mila arrivi e 12 milioni e 393 mila presenze (con un piu’ 9,1 per cento per entrambi gli indicatori). Permane pero’ la criticita’ dei stagionalita’ dei flussi con il 53 per cento delle presenza concentrate nei mesi di luglio e agosto. Va male invece il comparto industriale con solo il 22 per cento delle imprese isolane e il 13 per cento del valore aggiunto (a fronte del 25 per cento delle imprese in Italia per un valore aggiunto medio pari al 24 per cento). E diminuisce anche l’interscambio con l’estero sia sul fronte delle esportazioni che quello delle importazioni. (AGI)
Ca4/Ett
 
AGI.IT
 
(AGI) - Cagliari, 26 mag. - La Sardegna e’ tra le 65 regioni piu’ povere dell’Unione Europea, con un Pil pro capite che - tornato ai valori del 1997 - e’ pari a 18.539 euro per abitante. L’Isola dunque non e’ riuscita ad uscire dalla fase recessiva. E’ quanto e’ emerso dal rapporto Crenos, centro ricerche economiche Nord e Sud, presentato stamane a Cagliari. I dati - prevalentemente relativi al 2015 - hanno fotografato una Regione con una marcata debolezza strutturale, dove pero’ ci sono diversi segnali positivi: sono migliorate le aspettative per le famiglie (piu’ 18 per cento), per le quali e’ cresciuta la spesa per i beni durevoli. Sono inoltre migliorati gli investimenti che, dopo sei anni consecutivi di contrazione, hanno registrato, nel 2014, un piu’ 3,3 per cento pro capite. La crescita pero’ e’ dovuta soprattutto al settore pubblico. "I dati sono in parte contrastanti, per questo non abbiamo elaborato delle conclusioni", ha evidenziato Barbara Dettori, ricercatrice del Crenos. "Quello del Crenos e’ un rapporto articolato ma i dati sul Pil sono relativi al 2015", ha invece sottolineato Raffaele Paci, assessore regionale al Bilancio, certo che i numeri per il 2016 saranno di segno positivo. "Certo strutturalmente i problemi ci sono ma i dati congiunturali sono positivi: crescono i turisti e la spesa delle famiglie che sono quindi piu’ fiduciose, segno che le politiche messe in atto stanno dando i loro frutti", ha concluso Paci.(AGI)
Ca4/Mav
 
AGI.IT
 
(AGI) - Cagliari, 26 mag. - In Sardegna la spesa sanitaria e’ sostanzialmente fuori controllo. E’ quanto e’ emerge dal rapporto Crenos - centro ricerche economiche Nord e Sud - presentato stamane a Cagliari. Nel 2015 l’isola ha speso 3,24 miliardi di euro nella Sanita’, ben 1.948 euro per abitante a fronte dei 1.831 euro della media italiana. Un settore che ’ingoia’ il 10,1 per cento del Pil sardo, valore di molto superiore al 6,8 per cento della media nazionale. Inoltre mentre in tutta Italia la spesa pro-capite diminuisce dello 0,4 per cento, sull’isola cresce del 0,1 per cento all’anno. L’isola e’ invece virtuosa nel settore dei rifiuti solidi urbani con il 56 per cento di raccolta differenziata raggiunto nel 2015, contro il 47 per cento della media nazionale. Diminuisce anche la produzioni di rifiuti pro capite (meno 0,6 per cento) ma cresce il costo del servizio: in Sardegna il costo per la gestione del servizio e’ di circa 176 euro per abitante contro i 151 euro del Cento-Nord.(AGI)
Ca4/Mav
 

 
SARDEGNAOGGI.IT
 
CAGLIARI - Il quadro macroeconomico: debolezza strutturale ma migliori aspettative per le famiglie. Secondo i dati più recenti il quadro macroeconomico regionale è ancora caratterizzato da elementi di debo-lezza strutturale. Nel 2015 la Sardegna è tra le 65 regioni più povere dell’Unione Europea (212esima su 276 regioni): in un quinquennio il suo Pil passa dal 77 al 70% della media europea, rientrando di fatto nel gruppo delle regioni meno sviluppate. L’andamento negativo è comune al contesto nazionale, poiché anche il prodotto interno lordo italiano perde 8 punti percentuali passando dal 104% della media delle 28 nazioni dell’Ue nel 2011 al 96% nel 2015.
La Sardegna nel 2015 è l’unica regione del Mezzogiorno ancora in fase recessiva: il Pil pro capite registra una riduzione dello 0,5% rispetto al 2014 e scende a 18539 euro per abitante. L’Isola si confronta con il suo peg-gior risultato nell’ultimo ventennio: per trovare un valore così basso bisogna risalire al prima del 1997. Il Mezzogiorno mostra invece nel 2015 i primi segnali di ripresa (+1,3%), comunque insufficienti a colmare il divario di reddito rispetto al Centro-Nord, che si è acuito negli ultimi anni. Nonostante il peggioramento delle condizioni economiche, in Sardegna si osserva un aumento della spesa per consumi delle famiglie (+1,8% i consumi pro capite nel 2015), sia per i servizi che per i beni durevoli, segnale questo di un miglioramento delle aspettative sul futuro da parte di consumatori e famiglie.
Dopo 6 anni consecutivi di contrazione e un decennio in cui il valore si è dimezzato, nel 2014 anche gli inve-stimenti mostrano una ripresa (+3,3% il valore pro capite). I dati mostrano che buona parte di tale ripresa è dovuta al settore pubblico (+21% rispetto al 2013), che non sta finanziando nuove opere infrastrutturali ma opera un intervento straordinario nei settori della viabilità e della sicurezza pubblica in seguito all’alluvione nei territori nord-orientali di novembre 2013. L’unico settore imprenditoriale che registra un evidente espansione in un decennio è quello energetico, trainato dall’interesse verso le fonti rinnovabili (eolico e solare): nel 2013 gli investimenti sfiorano i 660 milioni di euro (400 euro per abitante in Sardegna contro una media na-zionale inferiore ai 150 euro per abitante).
Un segnale positivo per la Sardegna è relativo alla numerosità delle attività produttive: le imprese attive nel 2016 sono 142986, circa 400 in più rispetto all’anno precedente. Il tessuto imprenditoriale è però estrema-mente frammentato e la quota di occupati che presta la sua opera in microimprese è elevata (63%) e molto maggiore di quella italiana (46%), già di per sé rilevante. Dal punto di vista settoriale la regione conferma la sua vocazione agro-pastorale, sia nel numero delle imprese (circa 34 mila, pari al 34% del totale) che nella loro capacità di creare valore aggiunto (5% in Sardegna contro 2% in Italia). Permane il sottodimensionamento del comparto industriale (22% delle imprese e 13% del valore aggiunto in Sardegna, contro 25% di imprese e 24% del valore aggiunto in Italia). In Sardegna i settori legati alle attività svolte prevalentemente in ambito pubbli-co e ai servizi non destinabili alla vendita sono responsabili di circa un terzo del valore aggiunto complessivo, mentre le imprese che producono beni e servizi destinati al mercato hanno un peso relativamente esiguo, denotando una scarsa capacità da parte del sistema produttivo isolano di creare valore. Nel 2016 si è ridotto l’interscambio con l’estero sia dal lato delle importazioni che delle esportazioni. Le esportazioni del settore petrolifero diminuiscono di 487 milioni di euro (-12,5%) in seguito al crollo del prezzo del greggio, mentre il resto dell’economia mostra in generale una scarsa propensione all’internazionalizzazione. I due unici settori le cui esportazioni superano i 100 milioni di euro, la chimica di base e l’industria lattiero-casearia, subiscono anch’essi una contrazione del 10%.
LA REGIONE ATTACCA L’ITALIA - "La ripresa economica in Sardegna avanza meno velocemente rispetto alle aspettative, ma il calo della disoccupazione, la netta crescita del turismo e la ripresa degli investimenti e dei consumi nel 2016 fanno ben sperare. Certo molto c’è da fare", dice il vicepresidente della Regione Raffaele Paci intervenendo alla presentazione del 24esimo rapporto Crenos, "a partire dalle riforme nazionali da cui non si può in alcun modo prescindere se si vuole sperare in una vera ripresa: altrimenti tutte le importanti politiche di investimento pubblico messe in campo dalla Giunta regionale, dal mutuo infrastrutture al patto per la Sardegna fino alle strategie pro imprese, rischiano di non poter essere applicate e dunque di non avere gli effetti previsti. La situazione non è semplice, la ripresa in Italia arranca e inevitabilmente questo si ripercuote su una regione piccola come la Sardegna che non può fare a meno del traino nazionale - sottolinea Paci -. Bisogna puntare sugli investimenti e chiedere all’Europa la giusta flessibilità: la nostra Giunta ha fatto tutto il possibile per il lavoro, l’infrastrutturazione, la scuola, l’innovazione tecnologica, il sostegno alle imprese. Gli ultimi segnali, quelli congiunturali, evidenziano una ripresa dei consumi, dunque della fiducia, ed è su questo che dobbiamo puntare per ripartire velocemente. Ma ribadisco che se non riparte l’Italia, che ha ormai un gap inaccettabile rispetto alla media europea, non abbiamo nessuna speranza di poter ripartire noi".
LE POLITICHE DELLA GIUNTA PER LA CRESCITA - Dal mutuo infrastrutture da 700 milioni, al patto per la la Sardegna da un miliardo e mezzo, fino alle politiche di sostegno alle imprese passando dall’azzeramento dell’Irap per 5 anni a favore delle nuove iniziative. L’assessore del Bilancio lo ha detto chiaramente: la Giunta ha fatto il possibile e continuerà a farlo, ma se i soldi stanziati non si riesce ad immetterli rapidamente nel sistema allora rischia di essere tutto inutile. "Prendiamo il mutuo infrastrutture. Ben consapevoli che per smuovere l’economia bisognasse intervenire, abbiamo garantito 700 milioni di euro: per aprire cantieri, creare occupazione, avviare un percorso che potesse avere una serie di ricadute positive per lo sviluppo. Poi però è arrivato il codice degli appalti che ha bloccato tutto: i soldi non girano e i cantieri sono paralizzati, per non parlare dei ricorsi al Tar che paralizzano tutto ulteriormente. Chiaro che servono riforme nazionali importanti, noi da soli, a parte ridurre la burocrazia e semplificare le procedure, non possiamo far nulla: e bisogna sbrigarsi, perché altrimenti non la Sardegna, ma tutta l’Italia, rischia di andare a picco".
 

 
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CAGLIARI - Ci sono anche due capitoli decisamente "sensibili" nell’ultimo rapporto del Crenos sullo stato di "non salute" dell’economia sarda. Sanità e rifiuti. Alla luce delle politiche di contenimento della spesa decise dal governo centrale, l’analisi della sanità mostra segnali critici per la Sardegna. La spesa sanitaria regionale nel 2015 è pari a 3,24 miliardi di euro: 1948 euro per abitante, dato superiore al Centro-Nord (1880 euro) e Mezzogiorno (1736 euro) e quindi alla media italiana (1831 euro). Mentre negli ultimi cinque anni la spesa per abitante si riduce dello 0,4% in tutto il paese, in Sardegna si registra un incremento medio annuo dello 0,1%. Il Servizio sanitario regionale destina il 10,1% del Pil sardo al settore sanitario, contro il 6,8% in Italia. La componente di spesa che assorbe il maggior quantitativo di risorse (1,2 miliardi di euro) è quella per il personale, pari al 37% del totale contro il 31% in Italia.
Per quanto riguarda i servizi pubblici locali di rilevanza economica, si conferma il quadro d’insieme positivo delineato negli ultimi anni per il settore dei rifiuti solidi urbani. La Sardegna nel 2015 raggiunge il 56% di raccolta differenziata (244 chili per abitante, +6,4% in un anno), contro il 47% della media nazionale (231 chili, +5,1%). La produzione di rifiuti per abitante prosegue in Sardegna il suo trend decrescente (433 chili per abitante, -0,6% in un anno), con una performance migliore di quella nazionale (485 chili, -0,3%). Esiste tuttavia una chiara dicotomia fra efficacia in termini di prestazioni ambientali, con la Sardegna che si pone come tra le realtà virtuose a livello nazionale, ed efficienza in termini di costi. In Sardegna la spesa per la gestione dei rifiuti, circa 176 euro per abitante, è superiore ai 151 euro del Centro Nord, nonostante vi sia una minore pro-duzione di rifiuti per abitante e una percentuale simile di raccolta differenziata.
DALLA REGIONE: "SPESA COMPLESSIVA IN CALO" - "La spesa sanitaria in Sardegna nel 2015 non è cresciuta, ma - al contrario - ha registrato un decremento rispetto agli anni precedenti". Lo afferma l’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru, commentando il Rapporto Crenos sui costi sanitari. "Lo dice la Corte dei Conti nella verifica del rendiconto della Regione" prosegue l’esponente della Giunta. "I giudici contabili hanno riconosciuto che gli stanziamenti finali della spesa sanitaria per il 2015 costituiscono il 34,17% degli stanziamenti complessivi della Regione, con una diminuzione del 10% rispetto alla percentuale di incidenza del 2014. Va ricordato, peraltro, che senza la spesa per i farmaci innovativi (pari a 60 milioni) il decremento sarebbe stato ancor più notevole". Se è vero che il costo per il personale è aumentato, "altrettanto vero è che negli ultimi tre anni sono state ridotte le spese per le consulenze, le collaborazioni, i rapporti interinali (-10,39%)". Quanto al raffronto tra il Prodotto Interno Lordo della Sardegna e quello medio italiano, per Arru "non si può utilizzare tale indicatore senza considerare la grande differenza nella ricchezza tra le Regioni italiane; simili raffronti, laddove eccessivamente semplificati, rischiano di essere decisamente fuorvianti".
 
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CAGLIARI - Il mercato del lavoro analizzato nell’ultimo rapporto del Crenos: occupati e contratti di lavoro in calo nel 2016. In Sardegna il tasso di attività (riferito agli individui di età 15-64 anni) nel 2016 è pari al 61%, circa 4 punti in meno di quello italiano (64,9%). Rispetto al 2015 si registra una lieve crescita (+0,2%), non dovuta all’aumento delle forze di lavoro (che passano da 670 a 666,6 mila) ma alla riduzione più che proporzionale della popolazione di riferimento. Il tasso di occupazione (15-64 anni) nel 2016 è pari al 50,3%, in aumento dello 0,3% rispetto all’anno precedente: Mezzogiorno e Centro Nord hanno incrementi più elevati (rispettivamente +2,1% e +1,5%) e il divario con il dato italiano (57,2%) aumenta. Dopo la diminuzione molto contenuta (-0,6%) osservata nell’ultimo anno, il tasso di disoccupazione (15 anni e più) si attesta al 17,3%. In questo caso, però, la performance della Sardegna è migliore rispetto a quella del Mezzogiorno, che vede un aumento del tasso di disoccupazione al 19,6% (+1,1% sul 2015).
L’analisi di genere restituisce andamenti discordanti. Il tasso di attività e il tasso di occupazione della componente femminile del mercato del lavoro peggiorano nel 2016 rispetto al 2015 (-0,5 e -0,2 punti percentuali, rispettivamente), mente il tasso di disoccupazione ha una variazione annuale negativa per le donne (-0,4 punti percentuali) e positiva per gli uomini (+0,1 punti percentuali). Si tratta in tutti i casi di variazioni prossime allo zero, che confermano il forte gap di genere esistente nel mercato del lavoro sardo soprattutto per ciò che ri-guarda la partecipazione: nel 2016 il tasso di attività maschile è pari al 70,3%, mentre quello femminile è pari al 51,6%, quasi 20 punti percentuali di distanza. Si tratta della stessa distanza che separa il dato maschile da quello femminile nazionale (rispettivamente, 74,8% e 55,2%). Si consideri anche che questa distanza si riduce all’aumentare del livello di istruzione: il gap di genere nel tasso di attività dei lavoratori sardi laureati è di 7 punti percentuali.
Nel 2016 gli occupati in età dai 15 anni in su diminuiscono a 562097 unità (-0,5% rispetto al 2015) e nell’analisi settoriale si evidenzia una flessione del 3% che accomuna industria, costruzioni, e i servizi relativi a commercio, alberghi e ristoranti. Si riscontra una contrazione (7,5%) anche nel settore agricolo, che fino al 2015 aveva mostrato la migliore performance. L’unica espansione in Sardegna è relativa al complesso dei restanti servizi (+2,2% rispetto al 2015). I dati del ministero del Lavoro sulle Comunicazioni Obbligatorie restituiscono risultati di dimensione e segno più netto: nel 2016 in Sardegna il numero di rapporti di lavoro attivati diminuisce del 12,5% rispetto all’anno precedente, mentre le cessazioni calano del 10,8%. Si tratta della variazione più forte dal 2010. Anche il dato nazionale mostra una flessione delle attivazioni per lo stesso periodo, sebbene di minore entità. Questi dati sono coerenti con le analisi pubblicate dall’Ufficio di Statistica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che rilevano nel 2016 una marcata flessione del numero di contratti a tempo indeterminato, imputabile alla fine del periodo di decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla legge di stabilità del dicembre 2014.
 

 
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Spesa sanitaria in aumento in Sardegna, nonostante le politiche di contenimento decise dal governo, mentre l’Isola appare più virtuosa nella gestione dei rifiuti solidi urbani rispetto ad altri territori italiani. A dirlo è il Crenos nel tradizionale rapporto annuale sull’economia dell’Isola. La spesa per la sanità regionale nel 2015 era pari a 3,24 miliardi di euro, 1.948 euro per abitante, un dato superiore al centro nord (1.880 euro) e al Mezzogiorno (1.736 euro) e quindi alla media italiana (1.831 euro).
Mentre si riduce dello 0,4% negli ultimi cinque anni in tutto il Paese, in Sardegna si registra un incremento medio annuo dello 0,1%. Il servizio sanitario regionale, secondo il Crenos, destina il 10,1% del Pil sardo al settore sanitario, contro il 6,8% in Italia. La componente di spesa che assorbe il maggior quantitativo di risorse (1,2 mld pari al 37% del totale) è quella del personale. Sul versante dei rifiuti viene confermato il quadro positivo per i rifiuti: nel 2015 la Sardegna ha raggiunto il 56% di raccolta differenziata (244 kg per abitante con un +6,4% in un anno) contro il 47% della media nazionale.
La produzione di rifiuti per abitante ha un trend decrescente (0,6% in un anno) con una performance migliore di quella nazionale. Sul fronte della spesa si rileva una criticità: la gestione dei rifiuti dell’Isola costa circa 176 euro ad abitante, mentre nel centro nord si arriva a 151, nonostante vi sia una minore produzione e una percentuale simile di raccolta differenziata.

 

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