Il docente ha illustrato in audizione alcune osservazioni su proposte di legge sull’invecchiamento attivo. RASSEGNA STAMPA
13 March 2017

di Sergio Nuvoli

Cagliari, 13 marzo 2017 - Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell’Università di Cagliari, è stato chiamato nei giorni scorsi in audizione dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati per esprimere le sue osservazioni su alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell’invecchiamento attivo e la prevenzione del conflitto intergenerazionale. Il professor Pelligra è autore di una ricerca sul tema, nell’ambito di un progetto di ricerca CRENOS-Smartlab finanziato dal CSV-Sardegna.
 
“L’aspetto di maggiore criticità – ha detto il docente - riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte di legge vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico attraverso la remunerazione monetaria di una attività lavorativa, o quello di inclusione sociale, attraverso specifiche forme di attività di utilità sociale?”. Un punto certamente a favore è “l’aver accolto una prospettiva generale di un welfare capacitante e generativo, che considera l’utente non come un oggetto passivo di prestazioni risarcitorie (un costo), ma come soggetto attivo e co-produttore dello stesso servizio di welfare di cui gode (un investimento)”.
 
Ulteriore dubbio è stato avanzato dal prof. Pelligra riguardo alle attività lavorative previste. “Non si capisce perché il legislatore dovrebbe limitare i campi di intervento, come molte delle proposte in esame fanno – ha chiesto il docente ai parlamentari della Commissione Affari sociali - Perché il nonno vigile si e invece l’insegnante over 65 no? Se invece si vuole limitare il campo di intervento alle attività di utilità sociale, configurare le prestazioni come prestazioni lavorative potrebbe avere effetti controproducenti”.
 
Al momento le varie proposte considerano infatti, in genere, attività di utilità sociale, a volte remunerate con denaro, altre volte attraverso l’accesso agevolato a servizi, come il trasporto pubblico locale, la fruizione di attività ed eventi culturali, buoni pasto, etc. “Rendere troppo contigui i concetti di lavoro retribuito e di attività di utilità sociale normalmente svolta su base volontaria può portare ad un duplice problema – ha argomentato il prof. Pelligra - il rischio di una selezione avversa dei beneficiari delle misure, da una parte, e di uno spiazzamento motivazionale dall’altra. Presi insieme questi due effetti possono avere conseguenze negative sulla qualità dei servizi offerti e/o sulla platea di soggetti coinvolti, riducendo quindi l’efficacia complessiva dell’intervento”. 
 
“In ogni caso l’introduzione della misura legislativa – ha concluso il docente - deve avvenire solo dopo una attenta valutazione dell’efficacia attraverso Randomized Controlled Trials o altre tecniche di sperimentazione”.
 

 UFFICIO STAMPA ATENEO - mail ufficiostampa@amm.unica.it - Sergio Nuvoli - tel. 070 6752216

 

 

 

               


 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA di martedì 14 marzo 2017
Cronaca di Cagliari (Pagina 15 - Edizione CA)
La Camera sente
il professor Pelligra
 
Il professore in cattedra davanti ai deputati: Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell'Università di Cagliari, è stato sentito in audizione dalla commissione Affari sociali della Camera per esprimere le sue osservazioni su alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell'invecchiamento attivo e della prevenzione del conflitto intergenerazionale. «L'aspetto di maggiore criticità riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico o quello di inclusione sociale»?, si è chiesto il professore. Il quale vede con favore, tra le varie proposte di legge, il punto che «considera l'utente non come un oggetto passivo ma come soggetto attivo. Ma non si capisce perché il legislatore dovrebbe limitare i campi di intervento. Perché il nonno vigile sì e l'insegnante over 65 no?».
 

 
ANSA
Anziani, Pelligra: "Invecchiamento attivo con lavoro sociale"
 
In discussione in commissione Affari sociali della Camera alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell'invecchiamento attivo e la prevenzione del conflitto intergenerazionale. Temi sui quali è stato sentito anche il professor Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell'università di Cagliari ed autore di una ricerca sul tema, nell'ambito di un progetto di ricerca Crenos-Smartlab finanziato dal Csv-Sardegna. "L'aspetto di maggiore criticità - ha detto il docente - riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte di legge vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico attraverso la remunerazione monetaria di una attività lavorativa, o quello di inclusione sociale, attraverso specifiche forme di attività di utilità sociale?".
Un punto certamente a favore delle varie proposte di legge è "l'aver accolto una prospettiva generale di un welfare capacitante e generativo, che considera l'utente non come un oggetto passivo di prestazioni risarcitorie (un costo), ma come soggetto attivo e co-produttore dello stesso servizio di welfare di cui gode (un investimento)". "Ma - osserva l'esperto - non si capisce perché il legislatore dovrebbe limitare i campi di intervento, come molte delle proposte in esame fanno.
Perché il nonno vigile sì e invece l'insegnante over 65 no? Se invece si vuole limitare il campo di intervento alle attività di utilità sociale, configurare le prestazioni come prestazioni lavorative potrebbe avere effetti controproducenti". Al momento le varie proposte considerano infatti, in genere, attività di utilità sociale, a volte remunerate con denaro, altre volte attraverso l'accesso agevolato a servizi, come il trasporto pubblico locale, la fruizione di attività ed eventi culturali, buoni pasto. "Rendere troppo contigui i concetti di lavoro retribuito e di attività di utilità sociale, normalmente svolta su base volontaria, può portare ad un duplice problema - ha argomentato Pelligra - il rischio di una selezione avversa dei beneficiari delle misure, da una parte, e di uno spiazzamento motivazionale dall'altra. Presi insieme questi due effetti possono avere conseguenze negative sulla qualità dei servizi offerti e/o sulla platea di soggetti coinvolti, riducendo quindi l'efficacia complessiva dell'intervento".
 

 
SARDINIAPOST.IT
13 marzo 2017   In evidenza 10, Politica
 
Sono in discussione, in commissione Affari sociali della Camera, alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell’invecchiamento attivo e la prevenzione del conflitto intergenerazionale. Temi sui quali è stato sentito anche il professor Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell’università di Cagliari ed autore di una ricerca sul tema, nell’ambito di un progetto di ricerca Crenos-Smartlab finanziato dal Csv-Sardegna.
 “L’aspetto di maggiore criticità – ha detto il docente – riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte di legge vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico attraverso la remunerazione monetaria di una attività lavorativa, o quello di inclusione sociale, attraverso specifiche forme di attività di utilità sociale?”. Un punto certamente a favore delle varie proposte di legge è “l’aver accolto una prospettiva generale di un welfare capacitante e generativo, che considera l’utente non come un oggetto passivo di prestazioni risarcitorie (un costo), ma come soggetto attivo e co-produttore dello stesso servizio di welfare di cui gode (un investimento)”.
Tuttavia, “non si capisce perché il legislatore – osserva il docente dovrebbe limitare i campi di intervento, come molte delle proposte in esame fanno. Perché il nonno vigile sì e invece l’insegnante over 65 no? Se invece si vuole limitare il campo di intervento alle attività di utilità sociale, configurare le prestazioni come prestazioni lavorative potrebbe avere effetti controproducenti”.
Al momento le varie proposte considerano infatti, in genere, attività di utilità sociale, a volte remunerate con denaro, altre volte attraverso l’accesso agevolato a servizi, come il trasporto pubblico locale, la fruizione di attività ed eventi culturali, buoni pasto. “Rendere troppo contigui i concetti di lavoro retribuito e di attività di utilità sociale, normalmente svolta su base volontaria, può portare ad un duplice problema – ha argomentato Pelligra -: il rischio di una selezione avversa dei beneficiari delle misure, da una parte, e di uno spiazzamento motivazionale dall’altra. Presi insieme questi due effetti possono avere conseguenze negative sulla qualità dei servizi offerti e/o sulla platea di soggetti coinvolti, riducendo quindi l’efficacia complessiva dell’intervento”.
 

 
CAGLIARIPAD.IT
 
In discussione in commissione Affari sociali della Camera alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell'invecchiamento attivo e la prevenzione del conflitto intergenerazionale. Temi sui quali è stato sentito anche il professor Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell'università di Cagliari ed autore di una ricerca sul tema, nell'ambito di un progetto di ricerca Crenos-Smartlab finanziato dal Csv-Sardegna. "L'aspetto di maggiore criticità - ha detto il docente - riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte di legge vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico attraverso la remunerazione monetaria di una attività lavorativa, o quello di inclusione sociale, attraverso specifiche forme di attività di utilità sociale?".
Un punto certamente a favore delle varie proposte di legge è "l'aver accolto una prospettiva generale di un welfare capacitante e generativo, che considera l'utente non come un oggetto passivo di prestazioni risarcitorie (un costo), ma come soggetto attivo e co-produttore dello stesso servizio di welfare di cui gode (un investimento)". "Ma - osserva l'esperto - non si capisce perché il legislatore dovrebbe limitare i campi di intervento, come molte delle proposte in esame fanno.
Perché il nonno vigile sì e invece l'insegnante over 65 no? Se invece si vuole limitare il campo di intervento alle attività di utilità sociale, configurare le prestazioni come prestazioni lavorative potrebbe avere effetti controproducenti". Al momento le varie proposte considerano infatti, in genere, attività di utilità sociale, a volte remunerate con denaro, altre volte attraverso l'accesso agevolato a servizi, come il trasporto pubblico locale, la fruizione di attività ed eventi culturali, buoni pasto. "Rendere troppo contigui i concetti di lavoro retribuito e di attività di utilità sociale, normalmente svolta su base volontaria, può portare ad un duplice problema - ha argomentato Pelligra - il rischio di una selezione avversa dei beneficiari delle misure, da una parte, e di uno spiazzamento motivazionale dall'altra. Presi insieme questi due effetti possono avere conseguenze negative sulla qualità dei servizi offerti e/o sulla platea di soggetti coinvolti, riducendo quindi l'efficacia complessiva dell'intervento".
 

 
CASTEDDUONLINE.IT
Autore: Redazione Casteddu Online il 13/03/2017 12:15
 
Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell’Università di Cagliari, è stato sentito nei giorni scorsi in audizione dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati per esprimere le sue osservazioni su alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell’invecchiamento attivo e la prevenzione del conflitto intergenerazionale. Il professor Pelligra è autore di una ricerca sul tema, nell’ambito di un progetto di ricerca Crenos-Smartlab finanziato dal CSV-Sardegna.
 “L’aspetto di maggiore criticità – ha detto il docente - riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte di legge vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico attraverso la remunerazione monetaria di una attività lavorativa, o quello di inclusione sociale, attraverso specifiche forme di attività di utilità sociale?”. Un punto certamente a favore delle varie proposte di legge è “l’aver accolto una prospettiva generale di un welfare capacitante e generativo, che considera l’utente non come un oggetto passivo di prestazioni risarcitorie (un costo), ma come soggetto attivo e co-produttore dello stesso servizio di welfare di cui gode (un investimento)”.
 “Ma – osserva l’esperto - non si capisce perché il legislatore dovrebbe limitare i campi di intervento, come molte delle proposte in esame fanno. Perché il nonno vigile si e invece l’insegnante over 65 no? Se invece si vuole limitare il campo di intervento alle attività di utilità sociale, configurare le prestazioni come prestazioni lavorative potrebbe avere effetti controproducenti”.
Al momento le varie proposte considerano infatti, in genere, attività di utilità sociale, a volte remunerate con denaro, altre volte attraverso l’accesso agevolato a servizi, come il trasporto pubblico locale, la fruizione di attività ed eventi culturali, buoni pasto, etc. “Rendere troppo contigui i concetti di lavoro retribuito e di attività di utilità sociale normalmente svolta su base volontaria può portare ad un duplice problema – ha argomentato il prof. Pelligra - il rischio di una selezione avversa dei beneficiari delle misure, da una parte, e di uno spiazzamento motivazionale dall’altra. Presi insieme questi due effetti possono avere conseguenze negative sulla qualità dei servizi offerti e/o sulla platea di soggetti coinvolti, riducendo quindi l’efficacia complessiva dell’intervento”. 
 “In ogni caso l’introduzione della misura legislativa – ha concluso il docente - deve avvenire solo dopo una attenta valutazione dell’efficacia attraverso Randomized Controlled Trials o altre tecniche di sperimentazione”.

 

 

 

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