ScientificReports: discontinuità tra popolazioni di Mesolitico e Neolitico nell’Isola. RASSEGNA STAMPA e SERVIZIO nel TG RAI
28 February 2017

Sergio Nuvoli - VAI ALLA RASSEGNA STAMPA

Cagliari, 28 febbraio 2017 - In base a uno studio in uscita oggi sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature nuovi dati archeogenetici rafforzano l’evidenza archeologica della netta discontinuità culturale tra i primi frequentatori dell’isola di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa 3000 anni più tardi con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori. L’importante scoperta deriva dalle analisi sul DNA estratto da resti scheletrici di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Attualmente questi resti rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’isola.
 
Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna (legge 7/2007), Storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici, linguistici ed archeogenetici, progetto coordinato dal prof. Carlo Lugliè, docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Ateneo di Cagliari.
 
L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento del prof. David Caramelli dell’Università di Firenze e della dott.ssa Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del DNA mitocondriale.
 
Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, < 16%) o molto basse (I, <3%). Contrariamente, in essi non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80%) tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa.
 
La rilevanza della scoperta scientifica, di sicuro riferimento per i futuri studi sul primo popolamento preistorico della Sardegna, stimola l’intensificazione delle ricerche nel sito chiave di Su Carroppu, già indagato dal prof. Enrico Atzeni tra gli anni 1960-1970 e attualmente oggetto di scavi sistematici diretti da Carlo Lugliè in regime di concessione al Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio dell’Università.
 
Nelle immagini, la zona dell’importante ritrovamento.
 
 
IL SERVIZIO DI LAURA PASSETTI NEL TGR RAI SARDEGNA
ANDATO IN ONDA IL 1 MARZO 2017 NELL'EDIZIONE DELLE 19.35
 

 UFFICIO STAMPA ATENEO - mail ufficiostampa@amm.unica.it - Sergio Nuvoli - tel. 070 6752216

 

 

 

               


 

IL SERVIZIO DI LAURA PASSETTI NEL TGR RAI SARDEGNA
ANDATO IN ONDA IL 1 MARZO 2017 NELL'EDIZIONE DELLE 19.35
 

SARDINIAPOST.IT
1 marzo 2017     Cronaca, In evidenza 07, Senza categoria
 
I resti più antichi della presenza umana in Sardegna erano custoditi nel Sulcis a Su Carroppu, in un riparo sotto roccia a 350 metri di altezza vicino a Sirri, frazione di Carbonia. Appartengono a due individui che qui vissero e qui furono sepolti tra il nono e l’ottavo millennio avanti Cristo: la Sardegna allora era una terra poco abitata, dove gruppi di uomini vivevano di caccia e raccolta spostandosi di continuo, armati di pietre lavorate e levigate.
Oggi quelle stesse ossa restituiscono nuove, preziose informazioni: grazie a un progetto di studio dell’Università di Cagliari e alle più avanzate tecnologie di ricerca è stato possibile analizzare e interpretare i dati archeogenetici dei reperti. In altre parole, abbiamo il dna dei più antichi sardi finora conosciuti sul territorio isolano: sappiamo chi erano, e soprattutto in che rapporto erano con le popolazioni che in seguito abitarono la Sardegna. In base ai dati pubblicati oggi in anteprima sulla rivista internazionale ‘Scientific Reports’ del gruppo “Nature” i sardi neolitici, che popolarono massicciamente la regione dal VII millennio avanti Cristo e diedero impulso all’agricoltura e alla pastorizia, appartenevano a gruppi genetici diversi rispetto ai sardi del Mesolitico: una discontinuità dovuta certamente all’arrivo di popolazioni migranti nel Neolitico, che scelsero la Sardegna come terra d’approdo, portando con sé tecniche, usi e culture e, naturalmente, un diverso bagaglio genetico.
Il sito. Su Carroppu, un’area che si estende su uno sperone di calcare vicino a Sirri, è un grande riparo coperto dalla roccia per un’estensione di circa 50 metri: un posto naturalmente protetto, ricco di acqua e immerso nella vegetazione, abitato sin dall’antichità proprio per la sua posizione felice. L’area è stata poi sfruttata attraverso i secoli e fino all’età nuragica.
La storia degli studi. Dagli anni Sessanta del secolo scorso gli archeologi hanno scoperto la grande importanza del sito: è qui che Enrico Atzeni, studioso cagliaritano esperto in preistoria della Sardegna, ha analizzato le tracce di insediamento e le sue sepolture con le prime tracce del Neolitico Antico sardo, la facies culturale chiamata ‘cardiale’ dal tipo di decorazione impressa sulle ceramiche con la conchiglia ‘cardium’. Ma su Carroppu era, in realtà, abitato da molto prima: le ultime indagini, avviate dal 2009 e ancora in corso, ci dicono che qui l’uomo c’era sin dal Mesolitico, undicimila anni fa circa. Ne sono la prova, appunto, i resti scheletrici datati con il radiocarbonio e oggi analizzati anche geneticamente.
Il progetto di studio a Su Carroppu, finanziato dal Parco Geominerario e dalla Regione Sardegna, è diretto da Carlo Lugliè, docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Ateneo di Cagliari. Le analisi sul dna sono state eseguite sotto il coordinamento di David Caramelli dell’Università di Firenze e di Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, grazie all’applicazione delle più avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale.
I resti scheletrici. Le ossa sono state trovate nel riparo sotto roccia ma purtroppo, a causa della lunga frequentazione del sito, non nella posizione originaria in cui erano state sepolte. Per fortuna i resti vennero inglobati in concrezioni calcaree dovute allo stillicidio dell’acqua e si conservarono in condizioni tali da permettere una analisi tanto delicata come quella archeogenetica.
 “Esistono altri luoghi in Sardegna che hanno restituito tracce della presenza umana nel Mesolitico, come la Grotta Corbeddu di Oliena – sottolinea Carlo Lugliè – ma è la prima volta che siamo in grado di datare le ossa umane direttamente e con un metodo scientifico. Grazie agli studi ancora in corso conosciamo molti aspetti del sito: abbiamo ritrovato tracce di fuoco, usato per riscaldare l’area e per cucinare i cibi, e sappiamo che Su Carroppu era usato sia con funzioni abitative che funerarie. Le nuove analisi danno la testimonianza di gruppi antichissimi il cui bagaglio genetico era molto lontano da quello dei neolitici. La ricerca a Su Carroppu continua”.
Francesca Mulas

 


 

 LA NUOVA SARDEGNA
LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 1 marzo 2017
Prima pagina
IL DNA DEGLI SCHELETRI DI SU CARROPPU
Quei primi sardi poco nuragici
Arrivati 11mila anni fa: ma non furono loro a popolare l’isola
 
Gli agricoltori-allevatori che 8mila anni fa popolarono stabilmente la Sardegna non avevano niente in comune con i primi uomini arrivati nell’isola 3mila anni prima. La scoperta arriva dal Dna degli scheletri del cimitero preistorico di Su Carroppu (Carbonia), la più antica prova diretta della presenza umana in Sardegna. A PAGINA 35
 
 
LA NUOVA SARDEGNA
LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 1 marzo 2017
Cultura – pagina 35
IL DNA DEI SARDI
Nella grotta di Su Carroppu
i segreti dei sardi preistorici
Individuato il corredo genetico dei primissimi abitanti della Sardegna
Geni molto diversi da quelli nuragici, a loro volta simili a quelli attuali
 
CAGLIARI In base a uno studio pubblicato ieri sulla rivista internazionale Scientific Reports (del gruppo Nature) nuovi dati archeogenetici rafforzano l’evidenza archeologica della netta discontinuità culturale tra i primi frequentatori della Sardegna di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa 3000 anni più tardi con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori. La scoperta deriva dalle analisi sul Dna estratto da resti scheletrici di due individui sepolti nel cimitero preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Attualmente questi resti rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’isola. Rivestono quindi per gli studiosi un particolare interesse. Lo studio ora pubblicato da Scientific Reports nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla RegioneSardegna in base a una legge del 2007 “Storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici, linguistici ed archeogenetici”, progetto coordinato da Carlo Lugliè, docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia, beni culturali e territorio dell’ateneo di Cagliari. L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento di David Caramelli, dell’Università di Firenze, e di Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale, ovvero del materiale genetico contenuto nei mitocondri, organelli cellulari considerati la centrale energetica delle cellule. Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni. La comparazione ha rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale del’isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. «Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu infatti – si legge nello studio – appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse o molto basse. Nei campioni non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80% tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa». La rilevanza della scoperta scientifica pubblicata sarà di sicuro riferimento per i futuri studi sul primo popolamento preistorico della Sardegna, stimola l’intensificazione delle ricerche nel sito chiave di Su Carroppu, già indagato dall’archeologo Enrico Atzeni negli anni che vanno dal 1960 al1970 e attualmente oggetto di importanti scavi sistematici diretti da Carlo Lugliè in regime di concessione all’Università di Cagliari.
 
 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA di mercoledì 1 marzo 2017
Cultura (Pagina 47 - Edizione CA)
Ricerca
I primi sardi? Diversi da noi
Lo svela uno studio sul Dna
Gli isolani del Mesolitico con caratteristiche genetiche differenti dal Neolitico
 
Ha fornito le indicazioni utili per datare al Mesolitico, ovvero al nono millennio avanti Cristo, le prime presenze umane nell’Isola. Il riparo di Su Carroppu di Sirri (Carbonia) rivela oggi un altro dato fondamentale per la ricostruzione della preistoria sarda: i primi frequentatori dell’Isola avevano caratteristiche genetiche nettamente differenti rispetto a quelle delle genti che vi s’insediarono in maniera stabile e definitiva nel Neolitico antico (VI-V millennio a. C.), realizzando modelli insediativi legati allo sfruttamento sistematico delle risorse del territorio. Lo ha dimostrato l’analisi - eseguita da David Caramelli (Università di Firenze) e da Silvia Ghirotto (del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara) - del Dna mitocondriale estratto dai resti scheletrici di due individui maschi sepolti, assieme ad almeno un terzo defunto, nella grotta del Sulcis.
Al centro di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Scientific Reports (del gruppo Nature), l’importanza della scoperta è illustrata da Carlo Lugliè. Docente di Preistoria e protostoria all’Università di Cagliari, dal 2009 è direttore scientifico degli scavi a Su Carroppu e coordinatore del progetto di ricerca finanziato dalla Regione sulla storia del primo popolamento della Sardegna.
Qual è la novità più significativa?
«Le analisi genetiche mostrano come la presenza dei primi gruppi dei frequentatori dell’Isola non abbia inciso sul sostrato successivo. Anzi rivelano una forte interruzione di continuità rispetto alle prime comunità di agricoltori e allevatori del Neolitico».
Perché i primi abitanti dell’Isola avrebbero ceduto il passo ai nuovi arrivati?
«I dati scientifici a nostra disposizione non parlano di avvicendamento sul territorio. Evidenziano, invece, una frequentazione episodica, intermittente e stagionale delle genti mesolitiche. Poiché le attestazioni cessano mezzo millennio prima dell’arrivo dei Neolitici, che colonizzeranno l’Isola in maniera definitiva, è chiaro che tra i gruppi umani non ci siano stati contatti e interazioni. Questa lettura è suggerita anche dal fatto che nell’Isola i contesti databili al Mesolitico sono pochissimi: oltre a Su Carroppu, la Grotta Corbeddu di Oliena, Porto Leccio, Grotta Coloru, S’Omu ’e S’Orku e Sa Coa de sa Multa. Per il Neolitico antico, segno di una consistenza differente del popolamento, ne sono attestati, invece, 78».
Radicalmente differenti anche i modelli insediativi.
«Dal Neolitico antico in poi l’Isola, a differenza dei periodi precedenti in cui sono documentate fasi prolungate di abbandono, non sarà più disabitata. Il popolamento assume quindi carattere permanente. Si caratterizza tuttavia rispetto ai modelli del Sud Italia per la peculiarità del tessuto insediativo: le comunità neolitiche dalla Sardegna non vivono per tutto l’anno all’interno di singoli ed estesi villaggi. Si spostano su più siti allo scopo di sfruttare le risorse specializzate del territorio».
Il quadro della preistoria così descritto presuppone la capacità delle popolazioni di spostarsi per mare.
«È da tempo indubbia. Così come è provato che gli spostamenti non fossero occasionali, ma programmati e razionali, gestiti con una tecnologia sufficiente a garantire la sicurezza del viaggio».
Quale quindi la provenienza geografica dei primi frequentatori dell’Isola?
«Data l’esiguità delle sequenze genetiche disponibili per la comparazione, è difficile da stabilire. In base ai dati in nostro possesso appare, tuttavia, una maggiore prossimità dei campioni sardi ai primi Sapiens arrivati in Europa rispetto a quella evidenziabile per i contemporanei del Continente».
Quale origine è possibile invece attribuire alle genti neolitiche?
«A proposito il dato archeologico è più eloquente di quello genetico. Le caratteristiche culturali e le date fornite dall’analisi col radiocarbonio consentono di tracciare flussi migratori provenienti dal Meridione d’Italia e diretti verso il Nord del Mediterraneo occidentale e la Costa catalana, passando per la Sardegna e la Corsica. Le genti neolitiche sarebbero quindi arrivate nella nostra Isola dal sud Italia, dopo aver attraversato il Tirreno».
Le ulteriori acquisizioni dell’archeologia, dialogando con la genetica, saranno in grado di fornire altri elementi. Intanto la grotta di Su Carroppu, già indagata da Enrico Atzeni tra il 1960 e il 1970, non smette di regalare informazioni preziose sulla preistoria sarda, rivelandosi contesto-guida per lo studio della transizione tra Mesolitico e Neolitico.
Manuela Arca
 

 


 

ANSA
Ricerca: nel Sulcis i migranti di 8mila anni fa
Definito antico Dna, discontinuità geni fra Mesolitico-Neolitico
CAGLIARI
 
(ANSA) - CAGLIARI, 28 FEB - Tra i primi frequentatori della Sardegna di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa tremila anni più tardi con l’arrivo dei primi migranti coloni agricoltori-allevatori, c’è una netta discontinuità. E’ quanto riportato in uno studio sui dati archeogenetici pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature).
L’importante scoperta deriva dalle analisi sul Dna estratto dai resti di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Resti che rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’Isola. Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione sulla storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici ed archeogenetici, coordinato dal docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia dell’Ateneo di Cagliari, Carlo Lugliè.
L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento del prof. David Caramelli, dell’Università di Firenze, e della dottoressa Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale.
Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’Isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, < 16%) o molto basse (I, <3%). Contrariamente, in essi non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80%) tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa.
 

 
ANSA.IT
 
 (ANSA) - CAGLIARI, 28 FEB - Tra i primi frequentatori della Sardegna di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa tremila anni più tardi con l’arrivo dei primi migranti coloni agricoltori-allevatori, c’è una netta discontinuità. E’ quanto riportato in uno studio sui dati archeogenetici pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature).
    L’importante scoperta deriva dalle analisi sul Dna estratto dai resti di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Resti che rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’Isola. Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione sulla storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici ed archeogenetici, coordinato dal docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia dell’Ateneo di Cagliari, Carlo Lugliè.
    L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento del prof. David Caramelli, dell’Università di Firenze, e della dottoressa Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale. Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’Isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico.
    Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, < 16%) o molto basse (I, <3%). Contrariamente, in essi non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80%) tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa.
 

 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONESARDA.IT
Oggi alle 12:24
di Manuela Arca
 
Si tratta di una scoperta scientifica di straordinaria importanza, fondamentale per studiare il popolamento della Sardegna in età preistorica.
I primi gruppi umani che frequentarono l’Isola nel Mesolitico, circa undicimila anni fa, avevano caratteristiche genetiche differenti dalle comunità che tremila anni più tardi furono artefici della rivoluzione del Neolitico e abitarono l’Isola in maniera stabile e definitiva.
È quanto risulta dalle indagini che, coordinate da Carlo Lugliè, docente di Preistoria e protostoria all’Università di Cagliari, sono alla base dello studio in uscita oggi sulla prestigiosa rivista internazionale "Scientific Reports" (del gruppo "Nature").
L’importante scoperta deriva dalle analisi sul DNA estratto da resti scheletrici di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia, il sito che ha consentito per la prima volta di affermare che la presenza dell’uomo in Sardegna risale al Mesolitico, cioè a un periodo ben anteriore al Neolitico antico.
Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione e intitolato "Storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici, linguistici ed archeogenetici", coordinato proprio da Carlo Lugliè. L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite col coordinamento di David Caramelli dell’Università di Firenze e di Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara. Sono state applicate allo studio dei reperti sardi le più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del DNA mitocondriale. . Il sito di Su Carroppu, grazie a questa nuova scoperta scientifica, conferma la sua funzione chiave. Indagato da Enrico Atzeni, tra 1960 e 1970, continua a essere oggetto di scavi sistematici diretti da Carlo Lugliè in regime di concessione al Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio dell’Università.
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
LANUOVASARDEGNA.IT
 
CAGLIARI. Tra i primi frequentatori della Sardegna di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa tremila anni più tardi con l’arrivo dei primi migranti coloni agricoltori-allevatori, c’è una netta discontinuità.
È quanto riportato in uno studio sui dati archeogenetici pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature). L’importante scoperta deriva dalle analisi sul Dna estratto dai resti di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Resti che rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’Isola.
Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione sulla storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici ed archeogenetici, coordinato dal docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia dell’Ateneo di Cagliari, Carlo Lugliè.
L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento del professor David Caramelli, dell’Università di Firenze, e della dottoressa Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale.
Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’Isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico.
Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, 16%) o molto basse (I, 3%). Contrariamente, in essi non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80%) tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa.
 

 
CASTEDDUONLINE.IT
Autore: Redazione Casteddu Online il 28/02/2017 11:27
 
In base a uno studio in uscita oggi sulla prestigiosa rivista internazionale “Scientific Reports” (del gruppo “Nature”) nuovi dati archeogenetici rafforzano l’evidenza archeologica della netta discontinuità culturale tra i primi frequentatori dell’isola di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa 3000 anni più tardi con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori. L’importante scoperta deriva dalle analisi sul DNA estratto da resti scheletrici di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Attualmente questi resti rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’isola.
Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna (legge 7/2007), Storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici, linguistici ed archeogenetici, progetto coordinato dal prof. Carlo Lugliè, docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Ateneo di Cagliari.
L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento del prof. David Caramelli dell’Università di Firenze e della dott.ssa Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del DNA mitocondriale.
Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, < 16%) o molto basse (I, <3%). Contrariamente, in essi non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80%) tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa.
La rilevanza della scoperta scientifica, di sicuro riferimento per i futuri studi sul primo popolamento preistorico della Sardegna, stimola l’intensificazione delle ricerche nel sito chiave di Su Carroppu, già indagato dal prof. Enrico Atzeni tra gli anni 1960-1970 e attualmente oggetto di scavi sistematici diretti da Carlo Lugliè in regime di concessione al Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio dell’Università.

 


 

 
SARDINIAPOST.IT
28 febbraio 2017              Cronaca, In evidenza 03
 
Tra i primi frequentatori della Sardegna di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa tremila anni più tardi con l’arrivo dei primi migranti coloni agricoltori-allevatori, c’è una netta discontinuità. È quanto riportato in uno studio sui dati archeogenetici pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature). L’importante scoperta deriva dalle analisi sul Dna estratto dai resti di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirai a Carbonia. Resti che rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’Isola. Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione sulla storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici ed archeogenetici, coordinato dal docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia dell’Ateneo di Cagliari, Carlo Lugliè.
L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento del prof. David Caramelli, dell’Università di Firenze, e della dottoressa Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale. Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’Isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, 16%) o molto basse (I, 3%). Contrariamente, in essi non è stato evidenziato il gruppo U, assai più comune (oltre l’80%) tra gli individui mesolitici finora studiati in Europa.
 

 

 
SARDEGNAOGGI.IT
 
CAGLIARI - In base a uno studio in uscita oggi sulla prestigiosa rivista internazionale "Scientific Reports" (del gruppo "Nature") nuovi dati archeogenetici rafforzano l’evidenza archeologica della netta discontinuità culturale tra i primi frequentatori dell’isola di circa 11mila anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa 3000 anni più tardi con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori. L’importante scoperta deriva dalle analisi sul Dna estratto da resti scheletrici di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Attualmente questi resti rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’isola.
Lo studio nasce dagli sviluppi del progetto di ricerca finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna (legge 7/2007), Storia del primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.): origine e processi evolutivi alla luce dei dati archeologici, linguistici ed archeogenetici, progetto coordinato da Carlo Lugliè, docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Ateneo di Cagliari.
L’analisi e l’interpretazione archeogenetica dei reperti sono state eseguite sotto il coordinamento da David Caramelli dell’Università di Firenze e da Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, mediante l’applicazione delle più attuali e avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale.
Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni: esse hanno rivelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’isola è assai distante da quella dei primi uomini che l’hanno frequentata e sembra essere stata in gran parte determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu, infatti, appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, la cui attuale attestazione in Europa registra frequenze basse (J, < 16%) o molto basse (I,
La rilevanza della scoperta scientifica, di sicuro riferimento per i futuri studi sul primo popolamento preistorico della Sardegna, stimola l’intensificazione delle ricerche nel sito chiave di Su Carroppu, già indagato dal professor Enrico Atzeni tra gli anni 1960-1970 e attualmente oggetto di scavi sistematici diretti da Carlo Lugliè in regime di concessione al Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio dell’Università.

 

 

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