Master in Gender Equality, l’intervento di Cecilia Robustelli, docente all’Ateneo di Modena e Reggio Emilia. FOTO E VIDEO
03 March 2016

Un'affascinante visita guidata tra le regole del lessico italiano, alla riscoperta della nostra lingua troppo spesso trascurata o sottovalutata. Con un nota bene importante: "La questione del linguaggio di genere non è una fissazione da femministe". Così Cecilia Robustelli, docente all'Università di Modena e Reggio Emilia, ha guidato gli iscritti al Master in Gender Equality (diretto da Cristina Cabras), ma anche un gran numero di appassionati, studenti e docenti (e anche numerosi giornalisti in sala) alla consapevolezza che la lingua italiana deve essere conosciuta e amata.

di Sergio Nuvoli – fotografie di Francesco Cogotti - ARTICOLO DI MANUELA ARCA su L'UNIONE SARDA

Cagliari, 3 marzo 2016 - "Parla nel modo più chiaro possibile, e diffida di chi non lo fa". Con questa massima Cecilia Robustelli (nella foto a destra), docente di Linguistica italiana all’Università di Modena e Reggio Emilia e collaboratrice de L’Accademia della Crusca, ha aperto il suo intervento al Master in Gender Equality diretto da Cristina Cabras. "La questione del linguaggio di genere - ha chiarito la professoressa - non è una fissazione da femministe, ma consegue al Piano di azione contro la violenza di genere".
 
Quindi una sorta di visita guidata alla scoperta del sistema lingua e della sintassi italiana, in un intervento davvero denso e ricco di riflessioni. Prima di lei, il direttore del Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia, Pierluigi Lecis ha sottolineato “l’importanza del linguaggio come strumento di costruzione dei rapporti, secondo alcuni in grado di determinare anche una visione del mondo”, in un mondo “passato dalla cultura dell’omologazione dei modelli femminili alla valorizzazione delle differenze”.
 
E mentre Cristina Lavinio, docente del Master e docente della Facoltà di Studi umanistici, ha rimarcato “il rapporto tra la lingua verbale e l’organizzazione della vita e la visione del mondo”, dopo i saluti della presidente della Facoltà, Rossana Martorelli, ci ha pensato Cecilia Robustelli a spiegare la vasta operazione culturale in corso, apprezzando che si parli di “differenze, non di diversità”: “Pensate alla frase ‘lui è diverso’ e al tipo di utilizzo che se ne fa – ha spiegato - Parlare di diversità richiama ad un sistema di valori, improprio quando si parla di sintassi italiana: è il sistema-lingua che attribuisce i generi, non il gusto personale. La lingua è un sistema di relazioni che ognuno può pensare come vuole soltanto fino a un certo punto, esattamente come il corpo umano: alla fine le regole sono fisse ed è bene che lo siano. La lingua è come un organismo delicato su cui bisogna intervenire in modo professionale, evitando i pressapochismi. Il genere grammaticale viene assegnato secondo regole di sistema, altrimenti a rompersi è la comunicazione”.
 
Secondo la professoressa, “un linguaggio rispettoso dell’identità di genere riconosce le differenze tra genere maschile e genere femminile, attribuisce loro il medesimo valore e non le interpreta come diversità, non crea discriminazione”. Quindi il legame con l’attenzione mostrata negli ultimi 15 anni dallo Stato italiano per la semplificazione del linguaggio amministrativo collegata alla revisione dell’amministrazione. “Non possono essere ragioni umorali o soggettive a far scegliere un genere piuttosto che l’altro – ha insistito – ma regole precise: avallare una libera scelta di genere grammaticale significherebbe avallare l’ambiguità”. Resta il dubbio sull’uso di una serie di vocaboli per professioni e ruoli istituzionali, ma la prof.ssa Robustelli taglia decisamente corto: “Nella lingua italiana, il neutro non esiste. L’incertezza resta solo per una decina di termini, per il resto è sufficiente rispettare lo zoccolo duro del lessico italiano: bisogna conoscerlo, studiarlo, applicarlo correttamente. La regola è che il genere viene assegnato in base al criterio referenziale, quello che si impara da bambini”.
 
COS’E’ IL SESSISMO LINGUISTICO. INTERVISTA CON CECILIA ROBUSTELLI
 
Infine quasi le istruzioni per l’uso, dettagliate quanto la passione mostrata questa sera per la nostra lingua: “La revisione di un testo secondo il linguaggio di genere è operazione complessa, che spesso fa riformulare l’intero testo e richiede tempo e lavoro, come d’altra parte la riorganizzazione dei rapporti umani. Ciò che occorre evitare – ha concluso la prof.ssa Robustelli – è ogni meccanicismo. Tutta Italia si sta muovendo in questa direzione, è un’operazione politica buona per il linguaggio di genere: è necessario fare rete”.
 
 


 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA DI VENERDI’ 4 MARZO 2016
Cultura (Pagina 41 - Edizione CA)
«Usiamo la lettera A»
La desinenza femminile supera i pregiudizi 
Università La docente Cecilia Robustelli spiega come l'italiano sia più vicino alle donne
 
L 'Università di Cagliari per la prima volta nella storia ha una magnifica rettrice. Un anno dopo l'elezione è il linguaggio a ricordare la portata rivoluzionaria dell'evento: Maria Del Zompo continua a essere chiamata e a farsi chiamare, nonostante l'italiano richieda la declinazione del termine al femminile, «magnifico rettore». È formula conservatrice che ricorre sugli atti e sul sito ufficiale dello stesso Ateneo, oltreché titolo attribuitole dai giornali. L'insidioso stereotipo è scattato anche nei saluti introduttivi alla conferenza “Linguaggio di genere e amministrativo: la rappresentazione di donne e uomini nella lingua italiana di oggi” che si è tenuta ieri nella Facoltà di Studi umanistici. L'«imperdonabile gaffe» - così si è subito autocensurato l'autore, Pierluigi Lecis, direttore del Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia - ha rappresentato un assist perfetto per Cecilia Robustelli, professoressa associata (e non professore) di Linguistica italiana all'Università di Modena e Reggio Emilia, componente del gruppo di esperti sul linguaggio di genere nel Dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri. Ospite del master in Gender equality, diretto dalla psicologa Cristina Cabras, ha consentito di introdurre la relazione che, preceduta dall'intervento di Cristina Lavinio, docente cagliaritana esperta della materia, ha affrontato in maniera vivace questioni tutt'altro che superficiali. Nonostante esista una vasta normativa (riconducibile perlopiù ai processi di semplificazione del linguaggio amministrativo e alla riforma del Titolo V della Costituzione) e le raccomandazioni dell'Onu siano chiare, ancora si stenta a utilizzare un linguaggio che metta al riparo da pregiudizi e discriminazioni e sia funzionale al raggiungimento di un'effettiva parità. «L'interazione tra il linguaggio di genere, rispettoso dell'identità, e quello amministrativo», ha detto, «consente di riconoscere le differenze (non le diversità), di dare loro un nome e quindi valorizzarle».
Via libera dunque a un numero esiguo di termini che, legati a cariche istituzionali e professioni, ancora stentano a essere utilizzati: sindaca, deputata, assessora, ministra, prefetta, consigliera, cancelliera, ingegnera, architetta («termine inviso perché segmentato in archi-tetta»), notaia o chirurga. Non ci sono motivazioni valide alla base del mancato uso. Cecilia Robustelli ha smontato, col rigore della linguista (è anche consulente dell'Accademia della Crusca) le tre che normalmente vengono addotte. 1) Sono forme scorrette. «Chi lo sostiene non ha una conoscenza adeguata della lingua. Fatta eccezione per termini invariabili o formati con particolari suffissi (giornalista e pasticciere ne sono esempio), l'italiano usa la desinenza -o per il maschile e a per il femminile». 2) Sono brutte. «Che c'entra? Non sono destinate all'uso letterario. Sono forse musicali termini come consiglio d'amministrazione, decreto e delibera?». 3) Presunta neutralità del maschile. «Nel plurale ha valore inclusivo del genere femminile». L'impiego al femminile ha invece funzione omologante.
Alla pars destruens ha fatto seguire una serie di proposte di modifica. Il sito istituzionale del Comune di Cagliari è stato utile terreno per le esercitazioni. Assessore e vicesindaca accettano ancora di essere definite al maschile, i moduli per il cambio casa escludono che possano esserci proprietarie di immobili. Maggiore apertura al servizio demografico dove si ammette che il dichiarante possa essere il/la. Deciso passo in avanti, invece, nel modulo per l'iscrizione alla scuola dell'infanzia che si rivolge a bambini e bambine.
Manuela Arca

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