UNICA studia come ottimizzarne la sostenibilità anche con uno schiuditoio sperimentale. FOTO, VIDEO E RASSEGNA STAMPA
26 February 2016

Un meraviglioso video mostra tutte le fasi del progetto e ne spiega l’altissima utilità per il nostro ecosistema e le possibili ricadute sul tessuto economico sardo. Il lavoro portato avanti da anni dalle équipe del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente del nostro Ateneo: a pochi passi da Cagliari, dove la ricerca scientifica si interseca e si lega a doppio filo con la terza missione dell’Università di Cagliari, al servizio del territorio senza scordare l’innovazione tecnologica a stretto contatto con la nostra ricchezza più grande: il mare.

di Sergio Nuvoli- VAI ALLA RASSEGNA STAMPA

Cagliari, 26 febbraio 2016 - Si conclude in questi giorni il progetto RESURCH “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare” finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del 7° Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese (http://resurchproject.com/).
 
"Il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari ha svolto un ruolo fondamentale nella ricerca con l’attivazione di uno schiuditoio sperimentale di ricci”, spiega Piero Addis (ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto). Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’Ateneo nella località Sa Illetta con la preziosa collaborazione del Consorzio Ittico Santa Gilla, con cui l’Ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca.
 
L’impianto attivato dal gruppo di ricerca è in grado di produrre oltre 100mila giovani ricci all’anno. “Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette Work Package”, spiega il dottor Addis, tra cui “la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori".
 
Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sæbýli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari).
 
Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto).
 
Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus  (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda.
 
Il gruppo di ricerca del DISVA-UNICA è composto da Piero Addis (unità di ecologia), Alberto Angioni (unità di chimica e tossicologia degli alimenti), Marco Secci (assegnista, responsabile dello schiuditoio), Daniela Loddo (contrattista, esperta in microalghe), Viviana Pasquini, Angelica Giglioli (laureande in Biologia Marina), Cecilia Biancacci (PhD presso lo Scottish Association for Marine Science, UK). “Un ringraziamento – conclude il dottor Addis - anche a Stefano Carboni dell’Institute of Aquaculture dell’Università di Stirling (UK) e al Prof. Muki Shpigel dell’Israel Oceanographic and Limnological Research institute (Eilat-Israele)”.
 

RASSEGNA STAMPA


 
L’UNIONE SARDA
L’UNIONE SARDA DI GIOVEDI’ 3 MARZO 2016
Economia (Pagina 12 - Edizione CA)
Ricci, un affare da nove milioni
Progetto dell'università di Cagliari per il ripopolamento con metodi artificiali
 
L'Università di Cagliari in campo per la tutela e lo sviluppo di una delle principali specialità tipiche della tradizione gastronomica: il riccio di mare. I ricercatori del dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente sono al lavoro per ottimizzarne la sostenibilità e favorirne il ripopolamento attraverso la messa a punto di uno schiuditoio che consente di produrre oltre 100mila giovani esemplari l'anno.
Si è concluso il progetto Resurch, finanziato dall'Unione europea nell'ambito del settimo programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese.
Il progetto ha permesso ai ricercatori di allestire lo schiuditoio sperimentale a Sa Illetta, con la collaborazione del Consorzio Ittico Santa Gilla, con cui l'Ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca. «Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages», spiega Piero Addis, ricercatore di Unica, «tra cui formulazione e ottimizzazione delle diete artificiali per alimentare i ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra e a mare, l'ottimizzazione del prodotto finale e il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali».
Ma c'è di più. «I ricci sono preziosi per l'equilibrio dell'ecosistema marino, sono alla base delle catene alimentari della fauna ittica ed essendo erbivori controllano gli equilibri delle alghe», spiegano i ricercatori dell'ateneo cagliaritano.
In Sardegna il volume d'affari generato dalla pesca e dalla vendita dei ricci di mare è di 9 milioni l'anno con 30 milioni di ricci pescati. Per raggiungere la taglia commerciale di cinque centimetri i ricci impiegano cinque anni.
Marzia Piga


 

 
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
LA NUOVA SARDEGNA di sabato 27 febbraio 2016
Ediz. Naz.le - Pagina 9
Come allevare i ricci: l’università lancia un progetto pilota
di Salvatore Santoni
 
CAGLIARI Centomila minuscoli ricci ogni anno nasceranno in uno schiuditoio made in Sardinia. È la produzione del vivaio messo in piedi nel consorzio ittico di Santa Gilla dal progetto Resurch che ha studiato la ricerca sull’allevamento del riccio di mare. Il progetto – finanziato dalla Ue nell’ambito di un programma di sostegno alle piccole e medie imprese – ha visto impegnati i ricercatori dell’università di Cagliari e altri partner internazionali in una ricerca che si conclude in questi giorni. La novità si inserisce in un mercato che gira 9 milioni di euro l’anno e un pescato di 30 milioni di ricci. Il progetto. La punta di diamante del sistema è uno schiuditoio sperimentale messo a punto dal dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’università cagliaritana. Grazie a questo ambiente protetto, l’impianto è in grado di produrre oltre 100mila giovani ricci l’anno. Per la produzione, i ricercatori hanno scelto la località Sa Illetta, dove sorge il consorzio ittico Santa Gilla, con cui l’ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca. «Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages – spiega il ricercatore Piero Addis – tra cui la formulazione e l’ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori». La produzione. Per prima cosa, i ricci maschi vengono indotti all’emissione dei gameti, che verranno mescolati alle uova prodotte dalla femmina. La fecondazione avviene nello schiuditoio sperimentale creato dal tema di studiosi. Una volta nate le larve, si inizia la fase del nutrimento attraverso un mix di microalghe. Dopo 18 mesi le larve iniziano ad assumere le sembianze di minuscoli ricci (25 millimetri): è il momento in cui vengono trasferiti nel vivaio a mare. Il team. Oltre all’università di Cagliari e all’impresa sarda Cedimar, al progetto hanno lavorato un gruppo di imprese di varie nazioni (Islanda, Irlanda, Israele). Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca di Nofima (Norvegia), Sams (Regno unito), Matis (Islanda) e Iolr (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del Cnr di Taranto e dell’università di Genova. Il lavoro prodotto dal team di sviluppo ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi: il paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa).
 
 
ANSA
A Sa Illetta reparto nascite ricci da 1000 esemplari l’anno
Progetto Università Cagliari, coinvolte anche 5 imprese estere
CAGLIARI
 
(ANSA) - CAGLIARI, 26 FEB - Una sorta di reparto nascite del riccio di mare a Sa Illetta per produrre oltre mille esemplari all’anno. In termini scientifici si chiama "schiuditoio": l’impianto è stato attivato nell’ambito del progetto Resurch che ha coinvolto Università di Cagliari e Consorzio ittico Santa Gilla. Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’ateneo. Il progetto si chiama "Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare" ed è finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del settimo Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese. Coinvolto il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari. "Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages - spiega Piero Addis, ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto - tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori". Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sbli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari). Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda. (ANSA).
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
LANUOVASARDEGNA.IT
 
CAGLIARI. In un anno può produrre oltre 100mila giovani ricci di mare, prelibatezza della cucina di mare in Sardegna, l’impianto sperimentale attivato a Cagliari dai ricercatori del dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’università di Cagliari, nell’ambito del progetto «Resurch», finanziato con fondi comunitari per il sostegno alle pmi.
Lo schiuditoio è stato allestito alla periferia di Cagliari, a Sa Illetta, in collaborazione col consorzio ittico di Santa Gilla, con cui l’ateneo ha stipulato una convenzione. Il gruppo di ricerca ha studiato diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, tecnologie e sistemi di allevamento in impianti a terra e in mare e il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato.
Partner del progetto Resurch (Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare), che si conclude in questi giorni, sono sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione dei ricci di mare: la Thorisholmi e la Saebyli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e Ardag (Israele) e due aziende italiane, la Gigante di Taranto e la Cedimar di Cagliari. Il gruppo di ricerca è formato da Pietro Addis (unità di ecologia), Alberto Angioni (unità di chimica e tossicologia degli alimenti), Marco Secci (responsabile dello schiuditoio), Daniela Loddo (esperta in microalghe), dalle laureande in Biologia marina Viviana Pasquini e Angelica Giglioli, e da Cecilia Biancacci, PhD allo Scottish Association for Marine Science (Gb).
Il progetto si è concentrato sull’allevamento di due specie di echinodermi, il Paracentrotus lividus, quella consumata in Sardegna, e il Strongylocnetrotus droebachiensis, diffusa nel nord Europa, e sulla sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati potrebbero fornire un sostegno - auspicano i ricercatori - anche agli enti impegnati nella tutela dei ricci di mare in Sardegna. Capofila del progetto è l’università di Genova, affiancata dal Cnr di Taranto e dagli istituti di ricerca Nofima (Norvegia), Sams (Gb), Matis (Islanda) e Iolr (Israele).
 

 
SARDINIAPOST.IT
26 febbraio 2016        Innovazione
 
Una sorta di reparto nascite del riccio di mare a Sa Illetta per produrre oltre 100 mila esemplari all’anno. In termini scientifici si chiama “schiuditoio“: l’impianto è stato attivato nell’ambito del progetto Resurch che ha coinvolto Università di Cagliari e Consorzio ittico Santa Gilla. Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’ateneo. Il progetto si chiama “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare” ed è finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del settimo Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese. Coinvolto il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari.
 “Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages – spiega Piero Addis, ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto – tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori”.
Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sbli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari). Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda.
 

 
ADMAIORAMEDIA.IT
26 febbraio 2016
 
Si conclude in questi giorni il progetto Resurch “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare”, finanziato dall’Unione europea nell’ambito del 7° Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese. Il Dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università di Cagliari “ha svolto un ruolo fondamentale nella ricerca con l’attivazione di uno schiuditoio sperimentale di ricci – ha spiegato Piero Addis, ricercatore e principal investigator del progetto – che è stato allestito dai ricercatori dell’Ateneo nella località Sa Illetta con la preziosa collaborazione del Consorzio Ittico Santa Gilla, con cui l’Ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca”.
L’impianto attivato dal gruppo di ricerca è in grado di produrre oltre 100mila giovani ricci all’anno ed ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi (Paracentrotus lividus, specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa.
I risultati potrebbero fornire anche un sostegno agli enti che si occupano della gestione di questa preziosa risorsa sarda: “Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages – ha aggiunto Addis - tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori”.
Nel progetto sono coinvolte sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sæbýli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e Ardag (Israele), e due italiane, Gigante di Taranto e Cedimar di Cagliari. Hanno partecipato anche alcuni istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), Sams (regno Unito), Matis (Islanda) e Iolr (Israele), più i gruppi di ricerca del Cnr di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Oltre a Piero Addis (unità di ecologia), il gruppo di ricerca è composto da Alberto Angioni (chimica e tossicologia degli alimenti), Marco Secci (responsabile dello schiuditoio), Daniela Loddo (esperta in microalghe), Viviana Pasquini e Angelica Giglioli (laureande in Biologia marina), Cecilia Biancacci (Scottish association for marine science, Regno Unito). (red)
 

 
CAGLIARIPAD.IT
 
Una sorta di reparto nascite del riccio di mare a Sa Illetta per produrre oltre mille esemplari all’anno. In termini scientifici si chiama "schiuditoio": l’impianto è stato attivato nell’ambito del progetto Resurch che ha coinvolto Università di Cagliari e Consorzio ittico Santa Gilla.
Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’ateneo. Il progetto si chiama "Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare" ed è finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del settimo Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese.
Coinvolto il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari. "Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages - spiega Piero Addis, ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto - tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori".
Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sbli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari). Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto).
Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda.
 

 
CASTEDDUONLINE.IT
Autore: Redazione Casteddu Online il 26/02/2016 10:55
 
Si conclude in questi giorni il progetto RESURCH “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare” finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del 7° Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese (http://resurchproject.com/). Il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari “ha svolto un ruolo fondamentale nella ricerca con l’attivazione di uno schiuditoio sperimentale di ricci - spiega Piero Addis, ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto - Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’Ateneo nella località Sa Illetta con la preziosa collaborazione del Consorzio Ittico Santa Gilla, con cui l’Ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca”.
L’impianto attivato dal gruppo di ricerca è in grado di produrre oltre 100mila giovani ricci all’anno. “Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages - spiega Addis - tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori”.
Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sæbýli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari).
Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda.
Il gruppo di ricerca è composto da Piero Addis (unità di ecologia), Alberto Angioni (unità di chimica e tossicologia degli alimenti), Marco Secci (assegnista, responsabile dello schiuditoio), Daniela Loddo (contrattista, esperta in microalghe), Viviana Pasquini, Angelica Giglioli (laureande in Biologia Marina), Cecilia Biancacci (PhD presso lo Scottish Association for Marine Science, UK). “Un ringraziamento – conclude il dottor Addis - anche a Stefano Carboni dell’Institute of Aquaculture dell’Università di Stirling (UK) e al Prof. Muki Shpigel dell’Israel Oceanographic and Limnological Research institute (Eilat-Israele)”.
 

 
LINKORISTANO.IT
 
Si conclude in questi giorni il progetto RESURCH “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare” finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del 7° Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese. Il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari “ha svolto un ruolo fondamentale nella ricerca con l’attivazione di uno schiuditoio sperimentale di ricci – spiega Piero Addis, ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto – Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’Ateneo nella località Sa Illetta con la preziosa collaborazione del Consorzio Ittico Santa Gilla, con cui l’Ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca”.
L’impianto attivato dal gruppo di ricerca è in grado di produrre oltre 100mila giovani ricci all’anno. “Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages – spiega Addis – tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori”.
Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sæbýli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari).
Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda.
Il gruppo di ricerca è composto da Piero Addis (unità di ecologia), Alberto Angioni (unità di chimica e tossicologia degli alimenti), Marco Secci (assegnista, responsabile dello schiuditoio), Daniela Loddo (contrattista, esperta in microalghe), Viviana Pasquini, Angelica Giglioli (laureande in Biologia Marina), Cecilia Biancacci (PhD presso lo Scottish Association for Marine Science, UK). “Un ringraziamento – conclude il dottor Addis – anche a Stefano Carboni dell’Institute of Aquaculture dell’Università di Stirling (UK) e al Prof. Muki Shpigel dell’Israel Oceanographic and Limnological Research institute (Eilat-Israele)”.
 

 

 
Alguer.it
 
CAGLIARI - Si conclude in questi giorni il Progetto Resurch, “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare”, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del settimo Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese. Il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari «ha svolto un ruolo fondamentale nella ricerca con l’attivazione di uno schiuditoio sperimentale di ricci - spiega Piero Addis, ricercatore di Unica e principal investigator del progetto - Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’Ateneo nella località Sa Illetta con la preziosa collaborazione del Consorzio Ittico Santa Gilla, con cui l’Ateneo ha stipulato una convenzione di ricerca».
L’impianto attivato dal gruppo di ricerca è in grado di produrre oltre 100mila giovani ricci all’anno. «Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette “work packages” - spiega Addis - tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di “training”, “networking and dissemination”, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori». Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sæbýli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) ed Ardag (Israele), e due aziende italiane, Gigante di Taranto e l’impresa sarda Cedimar di Cagliari.
Da sottolineare, anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), Sams (Gran Bretagna), Matis (Islanda) ed Iolr (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del Cnr di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, “Paracentrotus lividus” (la specie consumata in Sardegna) e “Strongylocnetrotus droebachiensis” (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. Infatti, i risultati potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda. Il gruppo di ricerca è composto da Piero Addis (unità di ecologia), Alberto Angioni (unità di chimica e tossicologia degli alimenti), Marco Secci (assegnista, responsabile dello schiuditoio), Daniela Loddo (contrattista, esperta in microalghe), Viviana Pasquini, Angelica Giglioli (laureande in Biologia Marina), Cecilia Biancacci (PhD alla Scottish Association for Marine Science). «Un ringraziamento – conclude Addis - anche a Stefano Carboni dell’Institute of Aquaculture dell’Università di Stirling (Gran Bretagna) e al professor Muki Shpigel dell’Israel Oceanographic and Limnological Research institute (Eilat-Israele)».

 

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