Intervista al Rettore su Omeca, il periodico dell'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Cagliari
03 July 2015
foto: Omeca / Giugno 2015

Cuore e coesione per un ateneo di alta qualità

 
MARIA DEL ZOMPO LANCIA LA SFIDA. IL RETTORE NEUROFARMACOLOGO NON HA DUBBI:
“DIGNITÀ E RISPETTO PER L’UNIVERSITÀ CHE CRESCE E RISPONDE ALLE ISTANZE DELLA COMUNITÀ LOCALE”
 
di Mario Frongia
 
Il gol più importante? Quello che ci consente di prendere consapevolezza, all’interno dell’ateneo e della città, di quanto valiamo”. Maria Del Zompo non cerca scorciatoie. Prima donna alla guida dell’ateneo cagliaritano, la quinta in Italia, già prorettore durante l’ultimo mandato di Pasquale Mistretta, farmacologa, non ha dubbi: “Dobbiamo colmare un gap che comprende il valore di quello che facciamo, i risultati che otteniamo e quelli che vorremmo ottenere. Voglio essere chiara: le energie che vengono profuse da studenti, tecnici-amministrativi, docenti sono misconosciute anche dentro l’ateneo. Spesso, a distanza di 300 metri, non comunichiamo a sufficienza quello che si fa. E questo accade anche tra l’università e il territorio”. Un piccolo grande uragano. Con idee nitide e concentrazione da finale di Champions. “Il gol è anche quello della dignità e del rispetto, per ciò che molti nostri colleghi fanno, hanno fatto e so che faranno. E anche del rispetto per quanto fanno gli studenti”. Pc aperto, due cellulari, agenda cartacea e digitale, una scrivania sgombra ma un tavolo da supporto in cui campeggia di tutto: “Sto ancora organizzando il mio disordine”. Il busto di Grazia Deledda, il pendolo e una splendida “pietra sonora” di Pinuccio Sciola, assistono all’intervista con il rettore. Un’ora a dibattere di un mondo che cambia e non fa sconti. L’incontro è del 20 maggio scorso: Palazzo Belgrano è intiepidito dal primo sole estivo e dalle quasi consuete sferzate di maestrale.
 
Professoressa Del Zompo, dal gol a un filo d’amarezza. Perché?
Perché si entra in quello strano mondo in cui si pensa che tutto ciò che è pubblico non va bene, funziona male e il personale non ha voglia di lavorare. E l’università non esce da questo cliché. Ma so che non è così. Lavoro nel pubblico e lo faccio bene. Manca questa consapevolezza collettiva.

Quanto la disturba?
Mi fa arrabbiare molto. È come se dicessi che tutti gli impresari prendono mazzette. Non lo penso proprio.

Da dove si parte?
Dal comunicare di più. Dal creare maggiori occasioni d’incontro tra università e territorio. Anche spostandosi, ci si confronta e si ascolta.

L’ascolto che ruolo ha nella sua visione?
Enorme. Ci lamentiamo di non essere ascoltati ma, a nostra volta, dobbiamo ascoltare di più le richieste che provengono da territorio, famiglie e studenti, classe politica e imprenditoriale. Vogliamo ascoltare queste esigenze. Un aspetto che ha contrassegnato la mia vittoria alle elezioni.

Qual è la scommessa?
Mantenere la research university. Per farlo, dobbiamo lavorare ancora di più. Il nostro è un ateneo generalista, che non significa superficiale.

Ovvero?
Discipline diverse che convivono nello stesso ambiente e si scambiano conoscenza, esperienza e competenza, sono l’essenza pura dell’università. Per Cagliari, nel suo essere ateneo generalista di qualità, è questa la scommessa da vincere.

Da dove si parte?
Abbiamo tante eccellenze. Ci sono colleghi in gamba con apprezzamento nazionale e internazionale. Vantiamo nicchie particolari, ad esempio, nella linguistica e nella botanica con tante professionalità di pregio. E va rimarcata la qualità media dei nostri ricercatori. Che continua a crescere, ed è un buon segnale.

Cosa crede di avere per cambiare l’università?
Entusiasmo.

Come riuscirà a migliorare le cose?
Con la pazienza.

Si ritiene irosa o irascibile?
Sono impulsiva.

Dicono sia spendacciona. È vero?
È una critica che non accetto. Non lo sono come persona né lo sono stata come direttore di unità complessa, di dipartimento e da prorettore. E non lo sarò da rettore.

È suscettibile?
Per niente. Ripeto, sono impulsiva. E se dall’altra parte percepisco mancanza di rispetto o prevaricazione, allora reagisco.

Serba rancore?
No, quello non mi appartiene. È una questione di carattere. Però mi arrabbio e litigo con le persone.

Passo indietro. Da quando pensava di vincere?
Sono una sportiva. Mi sono candidata e sapevo di vincere.

Due segnali prima delle votazioni che le hanno fatto capire che avrebbe vinto.
Molti colleghi della facoltà di Medicina mi manifestavano il loro consenso. Poi, quando ci sono stati i contatti con gli studenti.

Cos’è accaduto?
Pur con discussioni vivaci in cui tendevo a responsabilizzare la loro figura per il destino dell’ateneo, notavo una reazione positiva dei ragazzi. È stato confortante.

Quando si è sentita un po’ più preoccupata?
Mai.

Notti insonni?
Neanche una.

Ricorda un colloquio poco soddisfacente?
Sì, è successo. Ma veniva diluito dalle notizie positive che arrivavano  dalla società civile. C’era apprezzamento, considerazione, sostegno.

Gli avversari-nemici, quanto l’hanno fatta preoccupare?
Li ho rispettati come avversari e mi sono preparata per essere pronta. Erano tutti di spessore ma volevo vincere.
 
Cinque candidati, tre ingegneri. Ha pensato “Se in Ingegneria va così, è già in discesa”?
Il mondo universitario cambia. Le facoltà non hanno più il significato  di un tempo. Ho visto figure con percorsi diversi. Tre modi d’intendere  il ruolo del rettore e di svolgere il mandato. Tre candidati di rilievo.
 
Maria Del Zompo vince con 825 preferenze. Ci si chiede: quante cambiali avrà firmato?
Non è così.

I poteri forti. Le tre emme di De Magistris: massoni, mattoni, medici.
I medici erano schierati con me. Se poi sono un potere non lo so.

Mattoni. E l’imprenditoria in genere?
Non so cosa dire. Ma dalla società civile cagliaritana, e non solo, mi sentivo  molto accettata. Questo può avere influito. Forse è il mio modo di pormi,  di come dicevo le cose. Sì, ho avvertito un bel tifo.

Massoneria.
I massoni hanno a che fare con un percorso che a Cagliari è sempre esistito. Ne conosco tanti. Ma come non è vero che i comunisti mangiano i bambini, è altrettanto vero che tra i massoni è importante capire la persona. Al di là delle definizioni e delle etichette. Non condivido quello che c’è dietro la massoneria in generale. Dopodiché, se alla luce del sole non ci sono segreti, non vedo perché non si debba accettare un modo di pensare diverso.

La politica, i partiti, la Giunta regionale che somiglia a un Senato accademico. Quanto si sente sotto scacco?
Zero meno meno. Sento il mio percorso e il mio stile di vita. Ho sempre fatto solo il mestiere pubblico, il medico e il ricercatore. I miei genitori erano continentali. Tanti amici, nessuna parentela. Cose che hanno forgiato un percorso sereno. Il fatto di non avere radici e legami permette di essere più liberi nei rapporti.

È pronta anche a dire di no?
Sì. È una delle cose che mi ha impegnato di più nella scelta di presentarmi o meno alle elezioni.

Com’è andata la selezione dei prorettori?
Non ho mediato niente. Ringrazio i colleghi, mi hanno rispettato. Non ho ricevuto pressioni, hanno capito la mia difficoltà nello scegliere una squadra che condividesse i miei principi, il modo di fare da portare avanti, gli obiettivi prefissati. E ho chiesto una grande dedizione.

Qualcuno le ha messo il muso?
Se l’ha fatto non me ne sono accorta.

Ha ricevuto telefonate di suggerimento?
Giuro di no.

Le banche, un ministro, un parlamentare.
Una volta eletta, ho ricevuto i parlamentari in rettorato. Sono venuti e mi ha fatto piacere perché dobbiamo portare avanti il discorso dell’università di Cagliari.

Assessori alla Sanità. Passati e presenti. Come li giudica?
In Sardegna è un assessorato impegnativo. In una realtà, anche economica, molto peculiare, con grandi distanze e una popolazione con caratteristiche particolari. Un mondo non facile, bisogna avere forti principi. L’etica, in questo caso, aiuta. E spero che aiuti anche me nel prendere decisioni. Perché, si parte da lì quando devi decidere.

Un aspetto insidioso.
Mi chiedeva se sono pronta a dire di no. Ecco, è dall’etica che s’inizia per riuscire a farlo. Gli assessori hanno lavorato in base al periodo in cui erano in carica e hanno risposto alle domande e alle esigenze economiche che c’erano. La sanità ha avuto e ha un impatto importante da armonizzatore sociale. È giusto dire “non si fa”, ma occorre anche dire “cosa faccio in alternativa”.

Il presidente Pigliaru cosa le ha detto?
Mi ha fatto i complimenti e detto che, insieme, faremo delle belle cose.
 
E il professor Gessa?
Si è commosso. È stato il primo a chiamarmi. Abbiamo fatto una festa in dipartimento, mi ha ricordato le cose fatte quand’ero giovane e lo avevo appena conosciuto. Cominciava la grande avventura nelle neuroscienze, una passione travolgente, quasi quanto quella della Juve. Il che mi ha portato, poi, a fare il rettore.
 
Qual è stato il messaggio degli altri professori-assessori?
Sono stati carini e gentili. Con una partecipazione anche scherzosa rispetto al numero dei voti e all’importanza della vincita. E anche al fatto di dire “beh, pazienza, sei un farmacologo e sopporteremo anche questo”. Ma anche la contentezza di avere un rettore donna. Cosa che mi ha fatto piacere. Perché non è scontato dire “sei donna, sei brava e siamo doppiamente contenti”.
 
Luigi Arru e Giorgio Sorrentino, impressioni?
Medici che stimo. Luigi lo conoscevo un po’ meno. Ho avuto modo di interagirci da quando fa l’assessore. Ne apprezzo l’approccio culturale e la serena modalità di porsi: non so come ci riesca, facendo l’assessore alla Sanità. Giorgio lo conosco un po’ di più, ho seguito i suoi percorsi sin da quando era il vice di Franco Meloni.
Ho interagito più volte con lui e lo stimo. Mi piace come affronta i problemi, è esperto e qualificato. Per cui, credo che si lavorerà bene e, penso sia la scelta giusta. Anche per il trasferimento dal san Giovanni?
No, il san Giovanni rimane struttura sanitaria cittadina. Si trasferiscono i reparti perché l’ospedale non può sostenerne il peso. Ma il fatto che ci sia una struttura pubblica che dà servizi sanitari in città, per cui non devi prendere la metropolitana per andare a farti un’ecografia, è corretto. Una struttura moderna in stile day hospital o day surgery. Altro aspetto da prevedere è un reparto post acuti: il recupero, con la vicinanza delle famiglie, è più facile da affrontare. Sostegno e affetto dei familiari vanno facilitati.
 
Massimo Zedda. Riflessioni?
Su Cagliari non è un caso che la mia carta intestata abbia voluto lo skyline e la scritta “Università degli studi di Cagliari”. Si coglie l’approccio, università e città sono un’unica cosa. Come succede ovunque, in Europa e America. C’è compenetrazione, faremo anche un seminario per ribadire qual è la ricaduta economica dell’ateneo nel territorio su cui insiste. E parlo di ricchezza culturale ed economica. Un percorso da sostenere, specie quando dimostra di autosostenersi.
 
Studenti e famiglie trepidano. Aumenterà le tasse?
No. Casomai incontriamo il Governo e gli facciamo capire che alcune politiche sono da ripensare. Per esempio, il costo standard studente va accettato quando punta  a razionalizzare le risorse. Ma l’obiettivo di far chiudere corsi di laurea, facoltà e università, è da rigettare. A livello politico mi batterò a morte.
 
Il Governo potrebbe accorpare Cagliari a Sassari?
L’Italia è una delle nazioni con il minor numero di università per abitante, idem docenti e ricercatori. E stiamo scendendo ancora. Nonostante questo, manteniamo un’ottima produzione scientifica, locale e nazionale. Non è un caso che, nella Shanghai ranking, siamo rientrati nel 2013, pur con le difficoltà, i pochi fondi a disposizione e le situazioni delicate da affrontare. Fare sinergia con Sassari mi trova d’accordo e credo lo sia anche il collega turritano.
 
Che eredità ha avuto da un rettore economista?
Giovannino Melis ha lasciato un bilancio in ordine, e lo ringrazio. Anche se, purtroppo, il costo studente standard ha creato un problema aggiuntivo che non era immaginabile. Pesante e, con il quale, dobbiamo fare i conti.
 
Qual è l’sms per il tessuto imprenditoriale e occupazionale?
Ho già chiesto d’incontrarli, è un interesse mio e dell’ateneo capire quale siano le esigenze di quel mondo. Su richiesta dell’assessorato al Lavoro abbiamo organizzato in venti giorni un master per un’impresa continentale in cerca di fi gure da assumere con uno specifico percorso universitario alle spalle.
 
Voltiamo pagina. Qual è il messaggio ai medici?
Sono contenta perché rappresento una bella professione. T’impegna molto ma dà tante soddisfazioni.
 
Cosa chiede all’Ordine?
Di guardare di più ai giovani e all’etica in medicina. Lo fanno già, ma devono aumentare l’impegno e non smettere di parlarne. Anche qui, contano passione e motivazione per una professione incredibile qual è quella del medico. Su Repubblica, il sondaggio sul gradimento delle professioni vede al primo posto i medici e al secondo i docenti universitari. Due belle professioni. Poi, certo, dipende dalle persone e ci sarà sempre quella non adeguata. Ma è una minoranza, da non percepire come maggioranza.
 
Qual è, in casa nostra, l’appeal delle scuole?
La facoltà di Medicina continua ad avere un’ottima considerazione da parte degli studenti e delle famiglie sarde. Sì, abbiamo perso qualcosa. Le scelte politiche hanno fatto perdere fi gure importanti senza poterle sostituire. Non per carenza di docenti di pregio, quanto per la contrazione delle posizioni: si è andati dove c’era la necessità piuttosto che a premiare i più bravi. Per questo, Medicina ha avuto qualche difficoltà in più rispetto ad altre facoltà.
 
Cosa pensa della medicina difensiva?
È umano che ci sia. Non è giustificata perché, in quel caso, non si fa il medico. Ma ti stai proteggendo. Ecco, prima dicevo dell’ordine professionale. Un aspetto dove vorrei che ci fosse maggiore informazione, presenza e aiuto è proprio per i colleghi che affrontano queste dinamiche.
 
Qual è il suo concetto di potere?
Adesso mi dicono che sono in una posizione di potere. Penso, invece, di essere in una posizione di servizio verso gli altri, un facilitatore. Devo fare in modo che le cose vadano a vantaggio della comunità.
 
Sul denaro come la vede?
Non ho mai fatto attività libero-professionale. Sono contenta perché i miei genitori mi hanno permesso di avere la casa dove vivo. Ho un ottimo stipendio dalla struttura pubblica. Non ho grandi ambizioni e mi piace girare. Ultimamente, non lo sto facendo perché sono massacrata dal lavoro.
 
E la religione che ruolo gioca nella sua vita?
Rispetto chi ha fede. Condivido che si pensi a una realtà sovrumana che possa decidere della tua esistenza. Ho una preparazione cattolica, come tanti italiani, però non mi sento di condividere un credo religioso. Ma qualunque sia la fede, ovviamente da rispettare, bisogna evitare l’integralismo. Perché non porta da nessuna parte. Che sia cristiano, musulmano, ebraico, laico, animalista.
 
Professoressa Del Zompo, lei dirige il centro anti cefalee. Cosa le fa venire mal di testa?
Una sconfitta della Juventus.
 
SPAGHETTATA AI RICCI, JUVENTUS, MARCELLO FOIS E THE BOSS
 
Datele la Juve (“
Non venite a disturbarmi per la finalissima con il Barcellona: ho i miei riti!”), Marcello Fois, Bruce Springsteen e i Dire Straits e avrete un rettore felice e positivo. Maria Del Zompo è
nata a Cagliari il 21 aprile 1951. La laurea in Medicina arriva nel ’75: “La laurea? Il 18 dicembre 1975 con una tesi divertente e due relatori: un neurologo, Alfonso Mangoni, e Gianluigi Gessa. Aveva per titolo “Parkinson, apomorfi na e domperidone nel trattamento del Parkinson”, ed è stata pubblicata su Lancet”. La specializzazione in Neurologia, sempre a Cagliari, arriva nel1980. Ordinario in Farmacologia dal 2000,nelle principali società scientifiche internazionali,il rettore si è perfezionato al National Institute of Mental Health di Bethesda (Usa) con Robert M. Post e nel laboratorio di Farmacologia, diretto da John Tallman. Collabora con il “Laboratory of Statistical Genetics” della Rockefeller University, New York, diretto da Jurg Ott, con Jacques Mallet, direttore laboratorio genetica molecolare (Hopital de la Pitiè Salpetriere”, Parigi); con Francis Mc-Mahon e Sevilla Detera-Wadleigh (Bethesda), James L. Kennedy (University of Toronto, Canada), Silvana Galderisi (Università di Napoli), Paolo Calabresi (Università di Perugia), Martin Alda (Dalhousie University, Halifax, Canada). La professoressa ha giocato a pallavolo ed è una buona forchetta: “Un’ospite a casa per pranzo? Spaghettata ai ricci, pescatrice con la pancetta e involtini di gamberi e prosciutto. Cucino io”. Sulla musica poche storie: “Bruce Springsteen e i Dire Straits fanno parte della mia esperienza americana. Un film che non dimentico? “Qualcuno volò sul nido del cuculo” con Jack Nicholson”. Attualmente leggelibri di autori sardi: “La memoria del vuoto” di Marcello Fois mi è piaciuto molto. Inoltre, adoro le poesie da Leopardi a Jacques Prévert: mi hanno accompagnato al ginnasio”.
 
(m.fr.)
 
 
 
 

 

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