Per una nuova cura contro la beta talassemia lavoreranno insieme ricercatori del Cnr, dell’Università di Cagliari e del Crs4
25 July 2013
Assegnati dalla Fondazione internazionale i fondi 2013: 10,5 milioni di euro per finanziare 38 ricerche in 13 regioni. Tra i 69 laboratori italiani scelti da Telethon anche tre unità operative isolane. Cnr, Ateneo di Cagliari e Crs4 lavoreranno insieme per una nuova cura contro la beta talassemia.
 
Cagliari, 25 luglio 2013 (IC) -Telethon torna a sponsorizzare la ricerca scientifica sarda: dopo le valutazioni positive della Commissione medico-scientifica internazionale della Fondazione, sono infatti in arrivo 260mila euro per finanziare il progetto di ricerca coordinato da Manuela Uda, ricercatrice dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche(Irgb-Cnr) e responsabile del progetto, in collaborazione con il professor Paolo Moi dell’Università di Cagliari e Andrea Angius, ricercatore CNR e responsabile del laboratorio di genotipizzazione e sequenziamento del Crs4.
 

 
STUDI MULTICENTRICI. Molti dei progetti finanziati da Telethon sono multicentrici, saranno cioè svolti in sinergia da più gruppi distribuiti sul territorio nazionale. Gli specialisti dei tre laboratori sardi si prefiggono l’esplorazione di un possibile nuovo approccio terapeutico per la beta talassemia, malattia genetica del sangue tra le più diffuse, specialmente in alcune zone del Mediterraneo, come appunto la Sardegna. I ricercatori di Cagliari e Lanusei studieranno, in particolare, i meccanismi di regolazione del gene BCL11A, che ha un ruolo chiave nella modulazione dei livelli di emoglobina fetale nella vita adulta.
 
IL PROF. PAOLO MOI SULLA SCIA DI RENZO GALANELLO E ANTONIO CAO. Per l’unità operativa dell’Università di Cagliari (in servizio nell’ospedale Microcitemico, foto qui in alto), con il professor Paolo Moi - direttore della 2a clinica pediatrica - sarà impegnata in questo studio anche la dottoressa Stefania Satta, biologa specializzata in genetica medica e già inserita nello stesso gruppo di ricerca del Dipartimento di sanità pubblica, medicina clinica e molecolare.
  
BETA TALASSEMIA. Agire farmacologicamente sull’attività del gene BCL11A potrebbe rivelarsi una chiave importante per migliorare le condizioni di salute dei pazienti. La malattia, che colpisce nel mondo 3 nuovi nati ogni mille, è dovuta a un difetto dell’emoglobina, la proteina del sangue responsabile del trasporto dell’ossigeno ai tessuti. La forma beta è la più grave e provoca una grave anemia emolitica cronica che costringe a trasfusioni periodiche fin dall’età di sei mesi e che porta precocemente alla morte se non curata. Attualmente l’unica terapia davvero risolutiva è il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da cordone ombelicale, ma non sempre è disponibile un donatore compatibile. Ricercatori di tutto il mondo sono al lavoro per mettere a punto strategie terapeutiche alternative al trapianto, tra cui per esempio la terapia genica. L’approccio mira ad aumentare nei pazienti i livelli di emoglobina fetale, ovvero quella variante dell’emoglobina che è presente nel sangue del nascituro durante la gravidanza, ma che decresce al momento della nascita, sostituita dalla forma adulta. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che l’aumento dei livelli di emoglobina fetale nell’adulto può migliorare in maniera significativa le condizioni dei pazienti affetti dalle forme più gravi di beta talassemia, così come di un’altra malattia genetica del sangue, l’anemia falciforme. 
 

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