Lo scrittore con il rettore di Cagliari e la commissione di laurea. Da sinistra: Antonietta Marra, Giulio Paulis, Marco, Pignotti, Antioco Floris, Maria Elena Ruggerini, Duilio Caocci, Giovanni Melis, Andrea Camilleri, Mauro Pala, Giuseppe Marci, Maria Dolores Garcia Sanchez, Paolo Maninchedda
Cagliari, 10 maggio 2013 – Una
lectio magistralis sul rapporto tra genitori e figli, al termine della quale l’Università di Cagliari ha conferito la
Laurea honoris causa in Lingue e Letterature Moderne, Europee e Americane ad Andrea Camilleri.
Dopo l’introduzione del Rettore Giovanni Melis, e la laudatio del prof. Giuseppe Marci, lo scrittore siciliano ha tenuto una lezione spaziando da Verga a Grazia Deledda, da Gavino Ledda a Pirandello a Italo Svevo. Di quest’ultimo ha commentato in particolare un capitolo de “La coscienza di Zeno”, soffermandosi in particolare sul contrasto generazionale, “tra padri e figli – ha detto – ma che diventa tra vecchi e giovani”.
“Il movente del contrasto – ha spiegato Camilleri – è sempre sulla ‘roba’, cioè sulla proprietà. Chi l’ha accumulata nutre il timore che chi la erediterà non sarà in grado neppure di mantenerla. E alla paura del nuovo fa da controcanto l’insofferenza verso le regole: si tratta di uno scontro tra due mondi chiusi nelle loro certezze”.
Citando Pirandello ha aggiunto “formichetta si nasce, moscerino, filo d’erba”, mentre la parte centrale della lezione si è sviluppata intorno al “secondo nucleo narrativo del libro di Svevo, il rapporto tra Zeno e il padre”. Quindi la sorpresa: “Se mi sono soffermato su questo capitolo è perché mi permette di passare all’autobiografia”. L’autore del Commissario Montalbano ha quindi raccontato il proprio personale rapporto con il padre e la malattia che – quando Camilleri aveva 42 anni - lo condusse alla morte, insieme al ritrovato rapporto filiale nell’ultimo periodo della vita. “Penso di averlo deluso sempre – ha confidato lo scrittore – L’amavo intensamente, anche se non mi piacevano le cose che faceva. Amavo molto i libri che leggeva. Era stato fascista, squadrista, ma mai facinoroso né settario”.