Stati generali conclusi con un messaggio di unità e la mobilitazione permanente nelle facoltà. A settembre nuovo incontro
15 July 2010
La mozione conclusiva rivendica la centralità dell’Università statale, chiede la tutela dello status giuridico dei ricercatori e il riconoscimento del valore assoluto della cultura e della ricerca. Indetto lo stato di mobilitazione permanente contro il ddl Gelmini e le misure contenute nella manovra.
 
 
 
 
Cagliari, 15 luglio (Ufficio stampa e web – SN) – Alla fine è spettato ad Antonello Sanna, preside della facoltà più giovane, illustrare la mozione che ha concluso la seduta degli Stati Generali dell’Università di Cagliari. Era la prima volta che i Consigli di Facoltà si riunivano in seduta congiunta, alla presenza degli undici presidi e del Rettore, Giovanni Melis. Seduti ad ascoltare diversi politici, numerosi dipendenti dell’Ateneo, ma anche tanta gente comune. Non è bastata l’Aula A del polo universitario di viale Sant’Ignazio: un maxischermo ha consentito la partecipazione di tanti che sono rimasti nello spazio aperto antistante l’aula.
 
“Non rifiutiamo di farci carico delle difficoltà di questo momento – ha chiarito il preside di Architettura – ma chiediamo un modello di sviluppo che investa nei giovani talenti, nella ricerca e nell’innovazione”.
 
La seduta – moderata dal preside di Giurisprudenza, Massimo Deiana – era stata aperta dall’intervento di Paola Piras, preside di Scienze politiche: “Siamo qui per la preoccupazione per il futuro dei giovani – ha detto – e per aprire l’Università al territorio e farla conoscere alle famiglie. Assistiamo infatti ad un approccio troppe volte riduttivo nei nostri confronti: per la maggior parte di coloro che vi lavorano, questa è un’esperienza totalizzante, fatta con passione e convinzione”.
 
A Giorgio Massacci, preside di Ingegneria, il compito di fornire i dati: “La percentuale del PIL destinata all’istruzione superiore è dello 0,8% contro l’1,3% dei Paesi OCSE, l’entità della spesa universitaria rispetto al totale della spesa pubblica per servizi è dell’1,6% contro la media del 2,9% dell’Unione europea. L’entità della spesa annua italiana per studente per la formazione universitaria è di 6.900 euro contro i 9.600 della media europea”. Numeri che, a parere del preside della facoltà di Piazza d’Armi, mostrano “l’incapacità di scommettere sul futuro del Paese”.
 
All’assemblea è intervenuto anche il presidente della Provincia, Graziano Milia: “La crisi si affronta con investimenti, non con la logica dei tagli – ha commentato – Nessun Paese ha futuro se non investe sull’università e sui sistemi locali. Ma qui c’è un pezzo di classe dirigente che ha compreso che questa è una battaglia che si gioca per il futuro del nostro sistema sociale”.
 
Quindi il presidente del Consiglio degli studenti, Andrea Coinu, che ha sottolineato l’importanza del dialogo tra le componenti dell’Ateneo: “Occorre presentarsi uniti, in modo che anche la politica locale faccia la sua parte, e dedichi maggiore attenzione al diritto allo studio”.
 
Valentina Onnis, ricercatrice della rete 29 aprile, ha illustrato un documento di protesta aprendo il dibattito e gli interventi, tra i quali quello di Attilio Dedoni, presidente della Commissione Cultura del Consiglio regionale: “Siamo accanto a voi – ha spiegato l’esponente dei Riformatori – non c’è né destra né sinistra. Non siamo d’accordo con la riforma: in questi mesi la Regione ha cercato di ripianare i tagli statali”.
 
A tarda sera, l’approvazione della mozione e il nuovo appuntamento a settembre.
 
 
 
 
 
 

 GALLERIA FOTOGRAFICA (immagini di Francesco Cogotti)
La preside di Scienze politiche, Paola Piras
 
 
Il preside di Giurisprudenza, Massimo Deiana
 
 
 
 
 
 
 
 
 

RASSEGNA STAMPA (a cura dell’Ufficio stampa e web)
 
L’Unione Sarda di giovedì 17 luglio 2010
Cagliari e Provincia Pagina 17
Facoltà in agitazione permanente
Contro i tagli, il disegno di legge Gelmini e la Finanziaria
Università. Gli Stati generali, riuniti ieri, si sono conclusi con la dichiarazione di mobilitazione contro il Governo
 
Grande successo dell’iniziativa indetta dai Consigli di facoltà riuniti in seduta comune. Politici e soprattutto cittadini hanno accolto l’invito.
L’esercito dell’Università serra le file e scende in campo per affrontare la battaglia contro il Governo. L’Ateneo di Cagliari è unito: docenti, ordinari e associati, ricercatori, presidi, studenti e dipendenti amministrativi combatteranno per lo stesso obiettivo, contro i tagli all’Università pubblica e il disegno di legge di riforma che giovedì prossimo approderà nell’aula del Senato. È il primo importante risultato che esce dagli Stati generali dell’Università, in un 14 luglio che segna anche a Cagliari l’inizio di una controffensiva nei confronti del Governo e dei suoi piani «che non rispondono alla necessità non più differibile di riformare il sistema universitario». Alla fine, a dare solennità alla seduta è la proclamazione dello «stato di mobilitazione permanente». Vuol dire che non finisce qui. «Non rifiutiamo di farci carico dei sacrifici imposti dalla crisi - dice il preside di Architettura Antonello Sanna - ma aspettiamo un modello di sviluppo che investa sui giovani talenti, sulla ricerca e sull’innovazione».
LA SEDUTA L’iniziativa riscuote un grande successo di presenze. L’Aula B del Polo giuridico economico e sociale di viale Fra Ignazio, alle 19 di ieri, è stracolma. Attorno al tavolo della presidenza tutti i presidi delle undici facoltà, in prima fila anche il rettore Giovanni Melis, e tantissima gente in platea, cittadini che occupano tutti i 400 posti a sedere della sala e gli altri duecento di fronte al maxi-schermo allestito all’aperto. In tanti sono in piedi, e nella folla spiccano anche i volti dei politici ai quali i Consigli di facoltà in questa seduta comune rivolgono l’appello di intercedere presso il Governo «per salvare l’Università». Ci sono consiglieri regionali, c’è il presidente della commissione Cultura Attilio Dedoni e il suo vice Massimo Zedda (Sel), il presidente della Provincia Graziano Milia e alcuni assessori provinciali. «Il Consiglio regionale è compatto nel sostenere la vostra protesta - assicura Dedoni -non c’è destra né sinistra, non siamo d’accordo con questo disegno di legge: in quest’ultimo anno la Regione ha ripianato i tagli statali, a riprova che la riforma va fatta in modo diverso non pensando solo a tagliare i fondi». È uno dei punti dolenti: le risorse che arrivano da Roma per il Fondo di finanziamento ordinario scendono da 150 milioni del 2008 a circa 110.
LA DENUNCIA È Paola Piras, preside di Scienze politiche, a dare il là alla protesta: «Siamo qui per manifestare la preoccupazione per il futuro dei giovani e aprire l’Università al territorio per farla conoscere - dice - vogliamo sfatare il mito dei dipendenti universitari fannulloni, l’esperienza nell’Ateneo è totalizzante per la maggior parte delle persone che la vivono con passione e pazienza». Uno dei concetti che il capo d’istituto di Ingegneria Giorgio Massacci riprende per far capire che è in atto «un tentativo di smantellamento dell’Università pubblica» e far sapere che «lo Stato destina all’istruzione superiore solo lo 0,8% del Prodotto interno lordo contro l’1,3% dei paesi Ocse». In prima fila gli studenti (di tutte le sigle), che corrono il rischio di ritrovarsi con un’offerta formativa che di anno in anno si assottiglierà sempre di più. Massimo Deiana, preside di Giurisprudenza, dice a nome di tutti i colleghi che «si sta facendo il massimo per garantire gli studenti e le matricole: siamo qui per dire che noi vigiliamo per non essere trascinati in questo processo di smantellamento».
CARLA RAGGIO
 
Cagliari e Provincia Pagina 17
«Non ci fermiamo: il ministro cambi i piani»
 
 «Invitiamo la classe politica sarda a farsi portavoce del disagio dell’Ateneo presso il Governo e il Parlamento. E gli studenti e la cittadinanza a condividere le iniziative di opposizione al disegno di legge 1905, al fine di proteggere la qualità, l’efficienza e la dignità dell’Università e della ricerca pubblica». Ecco la voce dei ricercatori cagliaritani che rimbomba nell’Aula A: sono qui per spiegare, ancora una volta, le ragioni della protesta che, il 23 luglio, li vedrà ancora protagonisti di un presidio in rettorato, in concomitanza con la discussione del Manifesto degli Studi in Senato accademico.
Nel mirino una serie di provvedimenti, dal disegno di legge “1905” del 2009 alle leggi “133” del 2008 e “1” dello scorso anno che nel 2011 porteranno gli Atenei «al dissesto finanziario», mentre la manovra Finanziaria attualmente in discussione riduce del 32,7% gli stipendi di ricercatori e professori più giovani. Motivi che hanno portato alla mobilitazione della categoria in tutta Italia e nell’Ateneo di Cagliari di 325 dei 469 ricercatori, tanti sono quelli che ribadiscono di non essere più disponibili a farsi carico di insegnamenti, in qualità di supplenti, fintanto che non ci sarà un’inversione di rotta da parte del Governo.
«La protesta avrà delle inevitabili ripercussioni sull’avvio del prossimo anno - sottolineano i ricercatori - con un sostanziale blocco della didattica e un grave disservizio per le matricole e gli studenti. Disagi che saranno da attribuire alle politiche dissennate del Governo che sottofinanzia il sistema universitario, e non alla legittima posizione dei ricercatori che per anni hanno prestato la loro attività ben oltre i propri doveri e non vogliono ora essere complici dello sfascio verso cui l’Università pubblica viene condotta». Sono tante le ragioni per le quali si contesta il disegno di legge di riforma. Perché «cancella la ricerca come funzione fondante dell’Università, non prevede alcun finanziamento della ricerca, non introduce trasparenti criteri di merito nelle progressioni di carriera, non garantisce il diritto allo studio e per quanto riguarda i ricercatori non ne definisce il ruolo giuridico negandone anche le funzioni finora svolte e mettendo il ruolo ad esaurimento fin dal 2011».
Quel che i ricercatori si aspettano lo riassume Guido Mula (dipartimento di Fisica): «Se l’Università l’anno prossimo rischia di chiudere sarebbe saggio dire che non siamo in grado di garantire l’offerta formativa: noi abbiamo chiesto di non farla partire, ma è stata fatta una cosa a metà, con corsi segnalati con gli asterischi. Deve essere chiaro a tutti, soprattutto a chi si iscrive, cosa devono aspettarsi». (c.ra.)
 
 
La Nuova Sardegna di giovedì 17 luglio 2010
Prima pagina - Cagliari
«Stati generali» dell’università a difesa della cultura 
Per la prima volta gli 11 presidi hanno tenuto un consiglio di facoltà unificato e aperto al pubblico 
L’aula A di Scienze politiche gremita di persone: altoparlanti per chi non ha trovato posto 
 
CAGLIARI. Ieri era una data simbolica, il 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia, nel 1789. Ma la scelta per indire gli «Stati generali» dell’università non è stata casuale, come ha ricordato il preside Massimo Deiana. Per la prima volta gli undici presidi hanno tenuto un consiglio di facoltà unitario e aperto alla città. Deiana, il responsabile di Giusrispurdenza (che ha coordinto l’assemblea nella facoltà di Scienze politiche) ha ricordato la gravità della situazione dell’università a seguito del disegno di legge del ministro Mariastella Gelmini e dei tagli imposti dalla Finanziaria.
 
PARACCHINI a pagina 19
 
Pagina 1 - Cagliari
L’università in rivolta, i presidi in guerra 
«Senza ricerca non c’è futuro» è stato lo slogan dell’affollata manifestazione di ieri sera 
Per la prima volta un consiglio allargato alle undici facoltà e aperto agli enti locali, alle forze politico-sociali e ai cittadini 
ROBERTO PARACCHINI 
 
CAGLIARI. Ieri era una data simbolica, il 14 luglio, giorno della peresa della Bastiglia, nel 1789. Ma la scelta per indire gli «Stati generali» (altro riferimento alla rivoluzione francese) dell’università non è stata casuale, come ha ricordato il preside Massimo Deiana.
 Stati generali. Per la prima volta gli undici presidi delle facoltà cittadine hanno tenuto un consiglio di facoltà unitario e aperto alla città. Deiana, responsabile di Giurisprudenza (che ha coordinato l’assemblea che si è tenuta nella facoltà di Scienze politiche), ha ricordato la gravità della situazione dell’università a seguito del disegno di legge del ministro Mariastella Gelmini e dei tagli imposti dalla Finanziaria. E la folta partecipazione (sala stracolma e altoparlanti esterni per chi non è riuscito a entrare) han mostrato quanto il problema sia sentito.
 Il crollo. In Italia si spende una media di 6.900 euro all’anno per studente, contro i 9.600 dei Paesi dell’Osce (che comprende trenta tra i maggiori Paesi mondiali) come ha precisato Giorgio Massacci, preside della facoltà di Ingegneria. A Cagliari dai 148 milioni del 2008 si passerà ai 111 del 2011. E ancora: in campo nazionale si investe nella ricerca lo 0,8 per cento del prodotto interno lordo, contro l’1,3 per cento nell’Osce. In Germania, dove si sta adottando un programma di forti restizioni, «l’unica voce che non è stata tagliata è la ricerca». L’ateneo del capoluogo perderà in cinque anni 421 tra docenti e non. Gli insegnanti dal 2007 a oggi sono già passati da 1.262 a 1.125 unità.
 Il futuro negato. «Senza università, nessun futuro» è stato lo slogan dell’incontro di ieri. In questi ultimi mesi «vi è stata una campagna pretestuosa sull’università, volta a farla sembrare un posto dove si lavora solo 60 ore all’anno e dove vi sono corsi di laurea risibili - ha affermato Paolo Piras, preside di Scienze politiche - mentre non si dice che solo grazie al volontariato molti corsi universitari possono andare avanti».
 Gli enti locali. Molte le presenze anche da parte del mondo politico. E tutti «molto preoccupati - ha affermato Graziano Milia, presidente della Provincia - perché è proprio vero: senza università non c’è futuro». Ma il problema, ha spiegato Piras, «è che questi tagli vengono fatti senza un progetto», solo in termini ragionieristici». Prima di «togliere i fondi alla ricerca - ha detto Masssimo Zedda, consigliere regionale, La sinistra - si intervenga sulle cose inutili come il ponte sullo stretto di Messina».
 Gli studenti. Era presenta anche il presidente del Pd Valentina Sanna e il responsabile dell’Ersu Daniela Noli, che ha raccomandato all’università di fare rete col territorio. Un passo avanti «importante» è stato l’incontro di ieri, ha affermato Andrea Coino, presidente del consiglio degli studenti dell’ateneo), che ha chiesto che tutti i componenti dell’ateneo si esprimano e si muovano in modo unitario.
 I ricercatori. Per i ricercatori, la riforma Gelmini è un de profundis. Al posto di un riconoscimento per il fatto che reggono il quaranta per cento degli insegnamenti (a Cagliari), gli si blocca la carriera e si pone la categoria in liquidazioine. Da qui l’indisponibilità di 325 ricercatori locali su 466 a proseguire la didattica anche per il 2010-11, come ha ricordato Valentina Onnis, del movimento «La rete 29 aprile».
 
 
Il Sardegna di giovedì 17 luglio 2010
Grande Cagliari – pagina 19
Gli Stati generali degli Atenei:
senza università nessun futuro
La protesta. Assemblea pubblica con tutti i presidi di Cagliari per dire “no” ai tagli della manovra del Governo
Piras: “Dobbiamo difendere il futuro dei giovani”. I 325 ricercatori: “Non insegneremo più”
 
“Senza università nessun futuro”. È il messaggio forte e chiaro che ieri gli Stati generali degli Atenei di Cagliari, ricercatori, studenti e personale amministrativo hanno mandato alla classe politica regionale e nazionale per dire “no” ai tagli previsti del Governo all’Università e alla ricerca. Nell’aula magna di Scienze politiche, ieri sera, davanti a una platea di oltre 700 persone hanno parlato tutti i presidi di Cagliari. Tutti presenti, un fronte unito unico, anche con suddivisione degli argomenti da trattare. C’era Giorgio Massacci (Ingegneria), Massimo Deiana (Giurisprudenza), Aldo Pavan (Economia), Filippo Pirisi (Farmacia), Luca Fanfani (Scienze), Paola Piras (Scienze Politiche), Roberto Coroneo (Lettere), Carlo Carcassi (in rappresentanza del preside di Medicina), Massimo Arcangeli (Lingue), Antonio Cadeddu (Scienze della Formazione). Insieme per spiegare alla gente cosa sta succedendo al mondo della formazione e della cultura, uscendo dall’autoreferenzialità di cui sono sempre stati accusati, dalla nomea di “baroni” o di dipendenti pubblici scansafatiche, e per difendere il futuro dell’Università e contestualmente dei giovani. “La situazione è molto preoccupante per i nostri giovani talenti di oggi e di domani - ha affermato il preside di Scienze politiche, Paola Piras - che vedono nell’università pubblica il loro futuro. La maggior parte di noi lavora moltissimo e con passione per offrire ai ragazzi una didattica di qualità. Dobbiamo reagire a questa politica di tagli del governo restando tutti uniti e aperti al mondo esterno». Poi i dati forniti dal preside Massacci: «Nonostante la gravissima crisi in Germania l’unico ministero che non ha subito tagli anzi aumenti è quello dell’Istruzione, così come negli Stati Uniti. In Italia passeremo dai 148 milioni di euro di fondi del 2008 ai 111 del 2011: una riduzione del 25 per cento, e un taglio di organico in 5 anni a Cagliari di 421 tra docenti e personale amministrativo. L’Italia è il paese che investe meno nella ricerca, lo 0,8 per cento del Pil, contro la media dei paesi Ocse del 1,3. Questi tagli bloccheranno la vita degli Atenei». Sul piede di guerra i 325 ricercatori su 458: dal prossimo anno si rifiuteranno di insegnare. Preoccupazione espressa anche dagli studenti: «Non è garantito il nostro diritto allo studio», ha affermato Andrea Coinu. Per il presidente della Provincia, Graziano Milia «nessun Paese ha un futuro senza Università». Mentre per Valentina Sanna, presidente regionale del Pd: «Questo governo ha una strategia: togliere la libertà ai cittadini, non dando loro la possibilità di accedere alla conoscenza». ■
 
 
 
 
 
 

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