Studioso dell’Illuminismo, fu preside e prorettore dell’Ateneo. Cerimonia venerdì 12 marzo
09 March 2010
Cagliari, 9 marzo 2010 - La Facoltà di Lettere dedicherà – venerdì 12 marzo alle 11.30 – l’Aula 15 al prof. Giovanni Solinas, docente della facoltà di Lettere e preside dal 1978 al 1984, prorettore dell’Ateneo dal 1974 al 1977, originario di Serramanna e scomparso a Cagliari dopo una breve malattia nel dicembre 1988.
 
Previsti gli interventi del prof. Carlo Borghero, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, e della prof.ssa Maria Teresa Marcialis, Università degli Studi Cagliari.
 

 
Pubblichiamo l’articolo della prof.ssa Maria Teresa Marcialis pubblicato da L’Unione Sarda mercoledì 9 dicembre 1998.
 
Giovanni Solinas, rigore e tolleranza
 
Dieci anni fa moriva a Cagliari il grande studioso della filosofia illuminista Giovanni Solinas. Era stata, la sua, una malattia molto breve durata appena dieci giorni, della quale nessuno in facoltà si era eccessivamente preoccupato.
 
I colloqui telefonici con alcuni componenti dell’Istituto di Filosofia, in quei suoi giorni di malattia, non si erano mai interrotti e la vivacità della sua conversazione, l’arguzia che coloriva, come di consueto, ogni suo giudizio rassicuravano e facevano prevedere prossimo il suo rientro.
Poi la notizia della sua scomparsa che lasciava attonita e incredula quella Facoltà di Lettere della quale era stato uno dei pilastri. E, via via che il tempo passava, il senso di smarrimento dell’Istituto di Filosofia per la perdita di quello che per anni era stato il suo capo, il maestro per la maggior parte dei docenti, per tutti un punto di riferimento imprescindibile.
 
Ancora in quell’ultimo dicembre Giovanni Solinas si dedicava alla stesura, per un editore napoletano, del Système de la Nature di Maupertuis; pur completa nei suoi tratti essenziali, l’edizione rimase incompiuta e soltanto nell’autunno del 1989 poté vedere la luce per opera della signora Maria Adelaide Solinas.
 
È significativo che proprio su quel testo Giovanni Solinas si affaticasse in quegli ultimi giorni. Dalla metà degli anni Cinquanta in poi l’Illuminismo aveva costituito l’ambito dei suoi studi. Nel 1955 aveva pubblicato Condillac e l’Illuminismo: un libro in qualche modo pionieristico in anni in cui l’Illuminismo timidamente cercava di riscattarsi dalla ingenerosa etichetta, impostagli dall’idealismo, di monolitica corrente antistorica, scettica e superficiale. Il Condillac di Solinas, da filosofo banalmente sensista quale era emerso dalla storiografia precedente, diventava complesso e difficile, non esauribile in una definizione univoca. Ma Condillac e l’Illuminismo era solo il primo passo in quell’opera di scavo della filosofia illuministica che Giovanni Solinas avrebbe compiuto negli anni Sessanta e Settanta: si rivolgeva soprattutto ad aspetti dell’Illuminismo poco scandagliati anche in quegli anni di ripresa europea dello studio del pensiero settecentesco. Aspetti che contribuivano a mettere in luce come il Settecento non fosse neppure filosoficamente quel secolo pacificato su posizioni newtoniane, empiriste e relativistiche, quale ancora appariva in molti manuali.
 
Così l’interesse di Giovanni Solinas si rivolgeva alle scienze della vita, alla biologia e - si passi l’anacronismo – alla genetica : proprio a quelle scienze, cioè, che mettevano in crisi l’universalità del paradigma delle scienze fisico-matematiche e avanzavano la richiesta di nuovi paradigmi, in un contesto epistemologico di grande movimento.
 
Il saggio su Buffon apparso sulla Rivista critica di Storia della Filosofia (1965), il volume Feltrinelli Il microscopio e le metafisiche (1969), i saggi sui dibattiti tra De Lignac e Condillac e quello, fondamentale, sulla ’Protogaea’ di Leibniz apparsi nel volume collettaneo Saggi sull’Illuminismo (1973), lo studio su La Teodicea negativa di Robinet (1987) sono i contributi più importanti di Giovanni Solinas alla rinascita dello studio del Settecento.
 
A partire dagli anni Settanta, però, accanto a questo, acquistò consistenza e peso sempre maggiori l’interesse per la filosofia morale. Un interesse certo acuito dalla concomitanza con l’insegnamento da lui tenuto in quegli anni, ma non solo da quello.
Alle analisi etiche di Juvalta, Solinas aveva dedicato nel 1954 un ampio saggio; e tuttavia la sua attenzione alla filosofia morale traeva linfa non solo dall’esame di autori e di temi quanto dalla riflessione sulla vita, sui momenti di crisì, sui problemi anche quotidiani.
Era quella tensione a guidare la sua ricerca storica e a sostanziarla di rispetto verso il passato, di tolleranza nei confronti di posizioni altre dalle sue. Fu quella tensione a improntare i suoi ultimi corsi di Filosofia morale nei quali si impegnava in prima persona sul problema dei valori, su quello dei giudizi etici e della loro configurazione nel nostro tempo.
 
Purtroppo su questi temi Giovanni Solinas non ha lasciato niente di scritto: di essi resta solo la testimonianza di quanti ebbero il privilegio di assistere alle sue lezioni. Molte cose sono cambiate da quel 1988: tante da far apparire quasi impossibile che siano passati soltanto dieci anni. I mutamenti hanno interessato tutti gli ambiti della nostra vita, dall’università all’Italia, dall’ Europa Europa all’intero pianeta.
Oggi non esiste più quell’Istituto di Filosofia che Giovanni Solinas diresse per molti anni: è stato sostituito dal Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze umane che ha fuso i due Istituti di Filosofia di Lettere e di Magistero; la stessa istituzione universitaria nel suo complesso ha attraversato e sta ancora attraversando grandi trasformazioni: dall’ormai avviata autonomia a quella totale ristrutturazione di curricula e di corsi che la metterà al passo con le università europee.
 
Il crollo del muro di Berlino - avvenuto appena un anno dopo la scomparsa del professor Solinas - ha determinato nell’orizzonte mondiale sconvolgimenti epocali, mettendo fine ai due blocchi contrapposti e, con essi, alla politica ’ideologica’. In connessione con questi mutamenti, la stessa ’politica’ è sembrata perdere consistenza, sostituita dall’economia e da un vago moralismo che hanno invaso ambiti prima in qualche modo loro preclusi; un generico liberalismo è sembrato prendere il posto di altri ’ismi’ troppo compromessi e ormai desueti, ma esso stesso sembra in bilico, sempre sul punto di trasformarsi in liberismo selvaggio.
 
Le leggi del mercato sembrano aver messo in secondo piano la questione sociale, mentre diventano sempre più consistenti e urgenti quelli che si annunciano come i grandi problemi del Duemila: l’immigrazione in Occidente dei popoli del Terzo mondo e il multiculturalismo, le questioni ecologiche e quelle della sopravvivenza del pianeta, l’ingegneria genetica e la bioetica.
Io non so se questa realtà fin-de-siècle, così diversa da quella degli anni Ottanta, sarebbe piaciuta a Giovanni Solinas.
 
Credo che egli non ne avrebbe approvato molti aspetti e che in molte nuove situazioni non si sarebbe ritrovato. Sono sicura però che avrebbe guardato alla strana e complessa congiuntura che stiamo vivendo con interesse umano e curiosità intellettuale. Quello stesso interesse e quella stessa curiosità che lo spingevano, nell’ormai lontanissimo 1968, ad accostarsi agli studenti in lotta, a chiedere le ragioni della loro protesta, a metterli in guardia da strumentalismi e da utopie, a richiamarli alla mediazione del giudizio critico, alla chiarezza degli obiettivi e alla linearità delle procedure. Questa attenzione al nuovo, critica e cauta e aliena dai facili entusiasmi e dalle facili condanne, questa esigenza di rigore insieme etico e scientifico, mi appaiono oggi - al di là dei suoi contribuiti scientifici - una delle eredità e non la meno importante lasciateci dal professor Solinas.
Maria Teresa Marcialis

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