Nelle prossime settimane il decreto del ministro Gelmini con il ridimensionamento delle università e a Torino migliaia di studenti in agitazione per la chiusura delle sedi del Politecnico
19 October 2009


di Flavia Amabile

Sono già diminuiti del 20% i corsi di laurea delle università italiane, ma ancora non basta. iIl ministro dell’Istruzione Gelmini chiederà nelle prossime settimane con un decreto agli atenei di accorparsi e di creare sinergie.

Bisogna rientrare nei conti e le conseguenze saranno particolarmente evidenti a Torino dove il Politecnico intende chiudere tutte le sedi decentrate. Questa settimana ci sarà ancora un incontro in Regione e poi il Senato Accademico dovrebbe dare l’annuncio. Le sedi sono cinque, e per il Piemonte è un vero e proprio terremoto. La scorsa settimana i collettivi studenteschi hanno occupato il rettorato per diverse ore ed è difficile prevedere che cosa accadrà quando sarà chiaro che nulla si potrà fare contro la chiusura. 

Perché è vero che nelle cinque sedi a rischio c’è Verres in Val d’Aosta dove c’è un corso di sette studenti, ma è anche vero che la scure del Senato Accademico si sta per abbattere sulla Facolta di Ingegneria di Vercelli dove gli studenti sono 900, suddivisi tra gli studi tradizionali di ingegneria civile o meccanica ma anche quelli di «electronic and computer engineering», un corso in inglese con centinaia di studenti provenienti da Giappone, Africa e India. «Il miglior esperimento piemontese di internazionalizzazione», lo definisce Roberto Rosso, deputato del Pdl. 

E poi ci sono Mondovì e Alessandria: altre centinaia di studenti decisi a non farsi cacciare dalle aule. Ci sono i percorsi interamente in inglese del Politecnico di Biella e i milioni di euro stanziati in investimenti destinati a andare in fumo, come sottolineano gli enti locali in questi giorni: un’intera palazzina di nuovi laboratori attrezzati a Vercelli, 20 milioni spesi soltanto per la sede Mondovì. Per non parlare delle aziende che intendevano investire per progetti di ricerca e che ora si indirizzeranno altrove. 

La delusione è forte in Piemonte. Ma i vertici del Politecnico fanno capire che c’è poco da fare. Il prorettore Marco Gilli ha spiegato che la Finanziaria chiede di ridurre la spesa, che soltanto a Mondovì oggi il numero di ore è il doppio di quelle richieste a un’Università con quel numero di docenti. Per salvare la sede centrale di Torino la parola d’ordine è: «Da qualche parte si deve tagliare». 

Eppure il politecnico di Torino è al secondo posto nella discussa classifica degli atenei più meritevoli stilata a luglio dal ministro Gelmini. Ed è comunque ai primi posti nella classifica delle università italiane messa a punto dall'associazione Vision in primavera, una graduatoria che tiene conto di alcuni criteri che spesso non sono considerati: la percentuale di studenti stranieri sul totale degli iscritti e degli studenti italiani fuori sede, il numero di studenti che hanno conseguito il diploma di maturità con votazione 100/100, la stima dell'impatto dei diversi atenei in termini di produzione di ricerca. 

Ma la lettera inviata un mese fa a tutte le università italiane dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini parla chiaro. E il decreto che il dicastero sta mettendo a punto, e che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane, trasformerà in legge l’annunciata razionalizzazione degli atenei. Da un lato sono previsti tetti ben definiti al numero di ore dei corsi, dall’altro si chiederà alle università più piccole di unirsi, fondendosi oppure creando sinergie tra loro. 

Quel che conta è il risparmio. Perché le cifre lo chiedono, sostiene il ministro. Sono oltre 330 le sedi distaccate, vanno sfoltite. E quindi i rettori stanno procedendo. A Siena, dove il bilancio era in una situazione davvero critica, si è passati da 118 corsi di laurea a 84, le sedi esterne da 5 sono diventate 2 e i docenti da 1060 sono diventati 800, come ha raccontato il rettore Silvano Focardi nella sua relazione alla commissione Istruzione del Senato. In totale i corsi di laurea sono diminuiti del 20%, da 5699 almeno 100 sono già stati cancellati. Ora sono circa 4600, più o meno in linea con il dato della Francia (4878) e della Gran Bretagna (5009). 

Ma se c’è chi taglia c’è anche chi non lo fa. Come il Politecnico di Milano che ha una sede decentrata come Lecco dove i tagli della Gelmini e l’appello verso una razionalizzazione delle risorse hanno portato a uno stanziamento di 25 mila euro dalla Regione Lombardia e alla fine di ogni timore da parte degli studenti. «Purtroppo in questo momento si sottolineano di più i problemi di bilancio che le esigenze degli studenti e della qualità dell’insegnamento - lamenta Alberto Civica, segretario generale della Uil Università - Sedi decentrate come quelle del politecnico di Torino hanno anche venti anni di corsi alle spalle, non possono essere cancellate in modo così repentino».


ps: e da una persona che lavora al Politecnico di Vercelli ho ricevuto una lettera molto interessante. Ne pubblico uno stralcio: 

''Anche se la decisione definitiva non è stata ancora presa, chiunque sia al Politecnico di Torino ha già capito che molto probabilmente la sede di Vercelli sarà chiusa a partire dal prossimo anno (insieme alle altre sedi staccate). Infatti in Senato Accademico, alla presentazione dei piani di studio per l’anno 2010/2011, quelli relativi alla II Facoltà (Vercelli) non esistevano, sebbene il chiarissimo Rettore Profumo continui a sostenere che nessuna decisione è stata presa. 

Ciò che mi fa pensare è l’assurdità di questa decisione. Che l’università sprechi denaro a volte è innegabile, ma la chiusura di una sede non permette certo di risparmiare denaro e purtroppo a mio avviso porta anche alla diminuzione del carico di lavoro del personale, cosa che va in direzione opposta a quelli che almeno teoricamente dovrebbero essere gli obiettivi della riforma. Infatti immagino che tutto il personale, sia docente che amministrativo, sarà riassorbito a Torino (dubito si possano licenziare dipendenti pubblici così…), dove, non aumentando il numero di corsi, i professori saranno più numerosi e quindi insegneranno meno. Anche segretarie e tecnici saranno sicuramente in sovrabbondanza. Qualcuno potrebbe obiettare che almeno si risparmieranno i costi di affitto dei locali delle sede, del riscaldamento e della pulizia, ma probabilmente non sarà così. Tra le varie proposte del Senato accademico infatti ce n’è una molto curiosa, che prevedere di mantenere l’apertura dei locali per i corsi i distanza, che gli studenti potrebbero seguire in streaming. 

Tirando le somme, l’unico risparmio effettivo sarà quello dei docenti a contratto, che non saranno più necessari, che sono comunque una minoranza per Vercelli. Per il resto, personale con meno incarichi e paga piena, e una diminuzione importante dell’offerta formativa. Già, gli unici a pagarne le spese saranno gli studenti futuri, che saranno obbligati a trasferirsi a Torino e ad essere salassati da esorbitanti affitti, ovviamente in nero (Profumo comunque sostiene che il Piemonte non è poi così esteso, e che gli spostamenti non sono così problematici …). Come al solito, gli studenti abbienti le cui famiglie evadono le tasse usufruiranno come oggi delle borse di studio, e i figli delle persone normali pagheranno fior fior di tasse, che di anno in anno continuano tra l’altro ad aumentare. 

Ciliegina sulla torta. Vercelli ha inaugurato da pochi anni una palazzina nuova di laboratori attrezzati. Altri soldi buttati se ci sarà la chiusura. 

Faccio a tutti una domanda: la riforma dell’università non dovrebbe andare nella direzione di diminuire i costi e migliorare l’università? Non è un controsenso che i costi restino pressoché uguali, che si crei un sovrannumero di professori e dipendenti e che tutti i costi ricadano sulle famiglie degli studenti?'' 

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