il passaggio da 60 a 65 anni avverrebbe in modo graduale e si arriverebbe al nuovo regime nel 2018
16 July 2009



di Luca Cifoni
ROMA (14 luglio) - Sono circa 1.100 gli emendamenti presentati alla Camera al decreto legge anti-crisi. Mancano però quelli del governo, ed in particolare i più attesi, su età pensionabile delle dipendenti pubbliche e rimpatrio dei capitali dall’estero (per il quale si prospetta un’aliquota unica del 5 per cento). Se il governo, come sembra, è intenzionato a presentarli, dovrà farlo con tutta probabilità nelle prossime ore; un’interpretazione rigida del regolamento impedirebbe di far approdare le proposte di modifica direttamente in aula con il maxi-emendamento che accompagnerà il probabile voto di fiducia.

Intanto oggi il governo vedrà le parti sociali per parlare del Dpef, il Documento di programmazione economica e finanziaria. Poche sorprese nelle cifre, che prendono atto del deterioramento della situazione stimando un Pil in calo del 5,2 per cento nel 2009 e un rapporto deficit/Pil oltre il 5%.

Dunque per ora gli emendamenti provengono dai parlamentari, di maggioranza, e di opposizione. Quest’ultima, con i capigruppo in commissione Bilancio Baretta e Fluvi, concentra le proprie proposte di modifica su tre capitoli: credito d’imposta per gli investimenti, accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione, misure per favorire il credito delle banche alle imprese.
Dopo l’esame in commissione, che dovrebbe concludersi in settimana, il testo passerà all’aula, dove è probabile che venga posta la questione di fiducia. Lo stesso presidente della Camera, interpellato sul punto, ha detto di non escludere questa possibilità ed anzi di trovarla fisiologica data la mole di emendamenti.

L’esecutivo comunque dovrebbe uscire allo scoperto prima, perché l’inserimento nel maxi-emendamento di temi non trattati in precedenza sarebbe a rischio di inammissibilità. I due nodi principali sono l’età della pensione di vecchiaia per le dipendenti pubbliche e il rimpatrio dei capitali.

Sul primo argomento il governo ha già delineato la soluzione a cui sta pensando: il passaggio da 60 a 65 anni avverrebbe in modo graduale a partire dal 2010, al ritmo di un anno in più ogni ventiquattro mesi: si arriverebbe al nuovo regime nel 2018. Saranno fatte salve le lavoratrici che hanno già compiuto i 60 anni, e quelle che hanno lasciato il lavoro facendo conto sul limite di età attualmente in vigore. Una piccola controversia nel governo riguarda la destinazione dei risparmi di spesa (esigui all’inizio e poi crescenti): il ministro Brunetta vorrebbe farli affluire in un apposito Fondo per le politiche del welfare femminile (asili nido etc.), mentre Tremonti li userebbe per il sostegno ai soggetti non autosufficienti.

Quanto al rimpatrio dei capitali, il ministero dell’Economia sta lavorando ad un nuovo testo. L’aliquota del versamento necessario per mettersi in regola sarà unica, al 5 per cento; il provvedimento inoltre non riguarderà i reati eventualmente connessi all’esportazione dei capitali, come ad esempio falso in bilancio o bancarotta fraudolenta, che resteranno dunque punibili. Insomma saranno sanate solo le irregolarità amministrative. Più che allettare gli interessati con un “ombrello” sulle fattispecie penali, si punta a usare come deterrente la norma già inserita nel decreto anti-crisi, che invertendo l’onere della prova classifica come provente di evasione, salvo dimostrazione del contrario qualsiasi somma fatta uscire illecitamente dall’Italia.

Un altro capitolo delicato è quello della sanità. Le norme contenute nel decreto (tra cui il commissariamento della Calabria) non piacciono alle Regioni. Il governo cerca dunque l’intesa su un nuovo Patto per la salute.

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