Gelmini: Bisogna avere coraggio
14 July 2009

Roma, 14 lug (Velino) - Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha illustrato oggi i contenuti della riforma dell’Università. “Bisogna avere coraggio di cambiare l’Università – ha affermato –, non difendendo lo status quo ma premiando i giovani meritevoli, i nuovi ricercatori e le Università che puntano sulla qualità eliminando gli sprechi e i corsi inutili”. Ecco i CONTENUTI del disegno di legge:

Possibilità per gli atenei di fondersi tra loro o aggregarsi su base federativa per evitare duplicazioni e costi inutili. Come è: università vicine non possono unirsi per razionalizzare e contenere i costi; Come sarà: ci sarà la possibilità di unire e federare università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, per abbattere costi e aumentare la qualità.

Introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme secondo criteri nazionali concordati tra Miur e Tesoro. Come è: i bilanci delle università non sono chiari e non calcolano la base di patrimonio degli atenei; Come sarà: i bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiori trasparenza. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio.

Riduzione dei settori scientifico-disciplinari, dagli attuali 370 a circa la metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore). Come è: ogni professore è oggi rigidamente inserito in settori scientifico disciplinari spesso molto piccoli, anche con solo 2 o 3 docenti; Come sarà: saranno ridotti per evitare che si formino micro settori, che danneggiano la circolazione delle idee e danno troppo potere a cordate ristrette.

Delega al ministro per riorganizzare i dottorati di ricerca al fine di creare un vero sistema di formazione di terzo livello sia per l’accademia che per le imprese. (segue)

Per quanto riguarda la GOVERNANCE si prevede:

Adozione di un codice etico. Come è: non ci sono regole per garantire trasparenza nelle assunzioni; Come sarà: ci sarà un codice etico per evitare incompatibilità, conflitti di interessi legati a parentele.

Limite massimo complessivo di 8 anni al mandato dei rettori, inclusi quelli già trascorsi prima della riforma. Come è: ogni università decide il numero dei mandati; Come sarà: un rettore non potrà rimanere in carica per più di 8 anni con valenza retroattiva.

Distinzione netta di funzioni tra Senato e cda, il primo organo accademico, il secondo di alta amministrazione e programmazione. Come è: attualmente vi è confusione e ambiguità di competenze tra i due organi che non aiuta l’assunzione della responsabilità nelle scelte; Come sarà: Il senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il cda ad avere la responsabilità chiara delle spese, delle assunzioni e delle spese di gestione anche delle sedi distaccate.

Limiti di 35 membri nel Senato e di 11 nel cda per superare assemblearismo e paralisi; Come è: il senato è composto anche da più di 50 persone e il Cda da 30; Come sarà: sarà ridotto il numero di membri del senato a un massimo di 35 e del cda a 11 per evitare organi pletorici e poco responsabilizzati.

Cda fortemente responsabilizzato e competente, con il 40% di membri esterni.

Rafforzamento del peso della rappresentanza studentesca in Senato e cda.

Introduzione di un direttore generale al posto del direttore amministrativo. Come è: oggi il direttore amministrativo è spesso un esecutore con ruoli puramente amministrativi; Come sarà: il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come vero e proprio manager dell’ateneo.

Nucleo di valutazione d’ateneo a maggioranza esterna. Come è: i nuclei di valutazione sono oggi a maggioranza composti da docenti interni; Come sarà: il nucleo di valutazione dovrà avere una maggiore presenza di membri esterni per garantire una valutazione oggettiva e imparziale.

Semplificazione della struttura interna degli atenei. Come è: si sovrappongono organi quali il consiglio di corso di studio, il consiglio di dipartimento, la facoltà; Come sarà: saranno razionalizzati gli organi evitando sovrapposizioni (segue)

Misure previste per il RECLUTAMENTO e lo STATO GIURIDICO DEI DOCENTI:

Commissioni di abilitazione nazionale autorevoli con membri italiani e per la prima volta anche stranieri. Come è: le università posso assumere nuovi professori senza un filtro nazionale; Come sarà: una commissione nazionale autorevole dovrà abilitare coloro che sono abilitati a partecipare ai concorsi per le varie fasce. Saranno valutate le capacità e il curriculum sulla base di parametri predefiniti.

Le università potranno assumere solo coloro che saranno riconosciuti validi dalla commissione.

Attribuzione dell’abilitazione, a numero aperto sulla base di criteri di qualità stabiliti con Dm sulla base di pareri dell’Anvur e del Cun. Come sarà: la commissione nazionale, composta anche da docenti stranieri, dovrà esprimersi a favore della domanda di abilitazione. Non ci saranno limiti al numero di abilitazioni.

Incentivi economici al trasferimento per i docenti al fine di rendere concretamente possibile la mobilità. Oggi la mobilità è spesso resa difficile dai costi che il docente deve sostenere per trasferirsi.

Procedure semplificate per i docenti di università straniere che vogliono partecipare alle selezioni per posti in Italia.

I professori dovranno svolgere 1500 ore annue di cui almeno 350 per docenza e servizio agli studenti. Come sarà: Viene per la prima volta stabilito un riferimento uniforme per l’impegno dei professori a tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione, fissato in 1500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti.

Scatti stipendiali solo ai professori migliori. Come sarà: si rafforzano le misure annunciate nel DM 180 in tema di valutazione biennale dell’attività di ricerca dei docenti. In caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi


Per il DIRITTO ALLO STUDIO delega al governo per riformare organicamente la legge 390 del 1991, in accordo con le Regioni. Obiettivo: spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi superiori e mobilità.

IL MESSAGGERO
Università, ecco il decreto che premia
il merito: più soldi agli atenei "coi fiocchi"

di Giulia Alessandri
ROMA (14 luglio) - Atenei, parte la spartizione dei fondi ai più virtuosi, quelli che primeggiano per qualità dell’offerta e dei risultati. Il ministro Gelmini ha infatti deciso i criteri e gli indicatori per premiare i migliori: peseranno il numero di studenti fuori corso, la quantità di laureati piazzati sul mercato del lavoro, i risultati della ricerca, la proporzione tra numero di docenti e corsi attivati.

L’università imbocca, dunque, la strada del merito: negli scorsi giorni agli organi di consulenza del Miur è arrivata la bozza di decreto con le regole per distribuire a chi fa meglio il 7% del Fondo di finanziamento ordinario degli atenei e dei soldi ad hoc stanziati nella Finanziaria 2007. Si parla di oltre 500 milioni. E domani o al massimo venerdì prossimo arriverà in Consiglio dei ministri, dopo una serie di rinvii, il nuovo regolamento dell’Agenzia di valutazione (Anvur). Un organismo terzo che darà le pagelle a atenei e enti di ricerca.

Per la riforma dell’università, invece, bisognerà attendere. Come da programma entrerà in vigore nel 2010/2011, ma il disegno di legge del ministro non farà più il suo ingresso in Consiglio dei ministri prima dell’estate, come sempre annunciato, ma in autunno. Mariastella Gelmini presenterà la riforma della governance degli atenei e dell’accesso alla docenza universitaria dopo la pausa estiva per motivi di opportunità. Ora il calendario parlamentare è troppo intasato e incombe la pausa estiva. Meglio posticipare, anche e soprattutto per dare rapido corso al testo.

Il periodo più probabile di presentazione, secondo fonti politiche, è quello immediatamente successivo alla Finanziaria: il ministro spera in qualche novità positiva sui fondi dal collega Giulio Tremonti. Il patto con i rettori fatto a marzo, era chiaro: “risorse in cambio di riforme”. I tagli per gli ermellini sono «troppi». Pure il senatore del Pdl Giuseppe Valditara invita alla revisione e propone il rilancio del merito partendo dai premi a docenti e ricercatori validi.

Ma cosa prevede la riforma Gelmini? Separazione più netta delle funzioni di Cda e Senati accademici, mandati limitati per i rettori (massimo otto anni), abilitazioni nazionali dei docenti di durata quinquennale al posto dei concorsi locali. Le risorse ai virtuosi. Sul piatto quest’anno ci sono 523,5 milioni di euro. Il 34% dell’importo (oltre 177milioni) sarà ripartito a breve tenendo conto della qualità dell’offerta e della riuscita della didattica. Peseranno l’occupazione dei laureati a tre anni dal titolo, il numero di abbandoni tra il primo e secondo anno, gli studenti in corso, la quantità di docenti rispetto ai corsi attivati.

La fetta più importante dei fondi, il 66% (oltre 345 milioni), dipenderà dalla qualità della ricerca. Dopo il sì della Corte dei conti si potrà procedere alla spartizione. Il Consiglio universitario (Cun) ha chiesto che nei prossimi anni i criteri siano fissati prima e che restino stabili, magari per un triennio. Quest’anno sono arrivati “tardi” e qualche università, forse, non ha concorso al meglio. Più in generale, per il 2009, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università (circa 7 miliardi) ci sono 3 milioni per facilitare la mobilità dei docenti, 2,5 milioni per chiamare esperti dall’estero, 6 milioni per arginare la fuga dei cervelli.

La valutazione. Sotto la lente d’ingrandimento dell’Anvur finiranno i corsi di studio universitari, i dottorati di ricerca, i master e le scuole di specializzazione. L’Agenzia dovrà misurarne efficienza ed efficacia e potrà anche proporre al ministro i criteri per l’istituzione di nuove università, sedi distaccate e corsi, compresi dottorati e master. Tra i criteri alla base della valutazione ci saranno "l’acquisizione di finanziamenti esterni, l’attivazione di rapporti di collaborazione e lo scambio di ricercatori con soggetti pubblici e privati". Ma anche la presenza di studenti "in possesso di un curriculum degli studi altamente meritevole” e di docenti stranieri di qualità. Pure servizi offerti, strutture e comunicazione peseranno sul giudizio. Ogni anno l’Agenzia fornirà un report dettagliato al ministro che servirà anche per allocare le risorse statali. La Gelmini assicura che l’organismo sarà indipendente dalla politica e il presidente sarà nominato da un consiglio direttivo scelto da un comitato di esperti.

CORRIERE DELLA SERA

LA RIFORMA E QUELLO CHE NON SI DICE

 

L’Università delle ipocrisie

 

Da almeno 30 anni ogni tentativo di riformare l’università è fallito per la resistenza di interessi potenti, non disposti a rinunciare ai propri privilegi. Il governo Berlusconi segue una strategia diversa, che potrebbe essere il banco di prova per altre riforme.
La legge finanziaria dello scorso anno — con un provvedimento che prevedo verrà riproposto nel Documento di programmazione economica — ha ridotto in modo drastico i fondi statali per il funzionamento delle università: meno 8% il prossimo anno, meno 17% nel 2011. A prezzi costanti i finanziamenti statali scenderanno del 20% in quattro anni. Sono stati anche azzerati i fondi per l’edilizia universitaria. Poiché la quasi totalità dei finanziamenti statali serve a pagare stipendi, con un taglio del 20% la maggior parte delle università nei prossimi due anni chiuderà. Sopravvivere indebitandosi (anche qualora lo Stato permettesse ai rettori di farlo e le banche concedessero i mutui) è una via preclusa ai più: a Siena le rate di ammortamento sui debiti contratti rappresentano già quasi il 20% delle spese non vincolate, a Firenze siamo intorno al 15%.
Mi sarei aspettato che il governo, dopo essere stato inflessibile sui tagli, annunciasse una riforma profonda dell’università ponendo gli oppositori (rettori, sindacati, baroni vari) di fronte a una scelta: accettate o vi assumete la responsabilità della chiusura delle università. Il ministro Gelmini da mesi ha nel cassetto una riforma ambiziosa e contrastata (ad esempio i rettori si oppongono alla proposta di vedersi sottratta la presidenza dei cda degli atenei e non vogliono veder modificato il meccanismo con cui sono eletti), ma non l’ha mai presentata. Perché?
A mio parere perché esistono due visioni molto diverse all’interno del governo: sull’università così come su altre riforme. Il ministro Gelmini—e i ministri «di spesa», dall’ambiente all’agricoltura — è disposto a dar battaglia sulle regole, ma chiede che, a fronte di nuove regole, tornino le risorse, o almeno un po’ di risorse. Dall’altra parte il ministro dell’economia — memore dell’insegnamento del presidente Reagan: «Affama la bestia, vedrai che diventerà mansueta» — non è disposto a rinunciare ai suoi tagli. Come ho scritto più volte, io penso che vi sia un solo modo per conciliare queste due posizioni: alzare le rette universitarie. Oggi esse sono (in media) inferiori ai mille euro l’anno, mentre ogni studente costa ai contribuenti circa 7.000 euro l’anno (quasi 12.000 se non si contassero i fuori corso). Rette più elevate dovrebbero essere accompagnate da borse di studio tali da garantire a chiunque lo meriti la possibilità di accedere all’università. Anticipo l’ovvia obiezione: in un Paese di feudi molte università non userebbero certo il merito come criterio di selezione. Ma esistono altre strade?
 
La mediazione fra i ministri è compito di Berlusconi: è disposto a spiegare agli italiani che l’università di fatto gratuita non solo non ce la possiamo più permettere, ma è anche un sistema iniquo perché trasferisce reddito dai poveri ai ricchi? (Gli operai rappresentano il 30% degli italiani, ma solo il 20% dei loro figli accede all’università). Oppure a novembre, quando studenti e rettori saranno insieme sulle barricate, farà ciò che hanno fatto i democristiani per 50 anni: nessuna riforma e qualche soldo in più per spegnere l’incendio?
Francesco Giavazzi
14 luglio 2009


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