Intervista al professor Paolo La Colla su “Biotecnologie 2000”
24 October 2008
RASSEGNA WEB
Biotecnologie 2000
 
Cagliari, 24 ottobre 2008 (unicaweb) - Proponiamo su Unica.it l’articolo di Eros Fabrizi pubblicato questo mese dalla rivista “Biotecnologie 2000”, dedicato ai risultati conseguiti da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e tecnologie biomediche del nostro ateneo nell’ambito del "laboratorio cooperativo" Idenix–Università di Cagliari.
 
Biotecnologie 2000 - Intervista al prof. La Colla
  
Lo scollamento tra ricerca universitaria e mondo delle imprese è da più lati additato come una delle cause principali del ritardo nello sviluppo del nostro Paese. Il laboratorio gestito dal prof. Paolo La Colla presso l’Università degli Studi di Cagliari è invece un esempio di come l’ambiente accademico possa fondersi con quello imprenditoriale massimizzando le prerogative di ambo gli universi
 
«Il Gruppo di ricerca coordinato dal sottoscritto - afferma il prof. Paolo La Colla - ha avuto origine grazie ai finanziamenti ottenuti nell’ambito del Progetto AIDS del Ministero della Sanità – ISS. Infatti, per dieci anni (dal ‘90 al ‘99) abbiamo potuto disporre di un flusso regolare di risorse finanziarie congrue che hanno consentito di pianificare gli investimenti in strumentazione e personale e garantito la necessaria continuità nelle attività di ricerca.
La pubblicazione dei risultati via via ottenuti nelle maggiori riviste del settore ci ha quindi permesso di ottenere visibilità internazionale e di partecipare a una delle iniziative di“spin off” di maggiore successo degli ultimi dieci anni negli USA: quella che ha determinato la nascita di Idenix (inizialmente Novirio) in virtù delle confluenza dei progetti di ricerca sugli antivirali di un gruppo di Farmacologi clinici dell’Università di Birmingham (Alabama, USA), di un gruppo di Chimici dell’Università e del CNRS di Montpellier (Francia), e del nostro gruppo di Virologi dell’Università di Cagliari».
 
Una grande sfida
 
«Ha avuto così inizio, nel 1998 - prosegue il professore - una seconda grande sfida, quella di riuscire a produrre una ricerca applicata in grado di soddisfare gli obiettivi di una SME (Idenix) sorretta esclusivamente dal Venture Capital, i cui destini erano e sono determinati solo dalla competitività sul mercato dei propri prodotti e dal rispetto dei tempi di sviluppo. Nell’ambito del Laboratorio Cooperativo Idenix – Università di Cagliari, oggetto delle attività di ricerca sono state:
1) due classi di molecole (DA-BOe Indoli)inizialmente sviluppate nell’ambito del summenzionato progetto AIDS, appartenenti ai cosiddetti inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI) di HIV-1 (il virus responsabile dell’AIDS);
2) una classe di analoghi di nucleosidi (caratterizzati da un metilenella posizione 2’ del ribosio), rivelatisi potenti inibitori delle polimerasi di alcune famiglie di RNA virus, una delle quali comprende anche il virus HCV (responsabile delle epatiti di tipoC). In particolare, l’ulteriore sviluppo di DABO e Indoli è stato reso possibile dalla collaborazione del nostro gruppo di ricerca con due gruppi di Chimici farmaceutici, quello guidato dal prof. Artico della Università di Roma La Sapienza e quello di Idenix, mentre lo sviluppo dei 2’-metil-nucleosidi è stato reso possibile dalla collaborazione con il gruppo di Chimici guidato dai professori Imbach e Gosselin dell’Università e del CNRS di Montpellier. Le specifiche competenze nelle diverse fasi di R&D dello Staff di Idenix ha poi reso possibile l’avvio della sperimentazione clinica, tutt’ora in corso negli USA sotto il controllo del FDA, di alcune molecole appartenenti alle suddette classi: i) derivati dei 2’-metil-nucleosidi, per la terapia delle infezioni da HCV; ii) derivati degli indoli per la terapia delle infezioni da HIV. Un prototipo degli NNRTI appartenenti alla classe dei DABO è, invece, oggetto di sperimentazione nelle scimmie per la dimostrazione della sua capacità di prevenire la trasmissione per via sessuale di HIV».

Biotecnologie 2000 - Intervista al prof. La Colla
 
Quando ricerca accademica e industria si “sposano”
«È convinzione di molti che, quando si lavora con l’Industria, da una parte non si hanno gli stessi margini di libertà tipici della ricerca accademica, dall’altra è virtualmente impossibile fare ricerca di base - afferma il prof. La Colla. - Nell’ambito della collaborazione con Idenix, ciò non è accaduto. Non solo abbiamo potuto partecipare a un articolato lavoro di equipe a livello internazionale, necessario per lo sviluppo preclinico degli antivirali di cui si è parlato, ma, quattro dei temi di ricerca del Laboratorio Cooperativo Idenix – Università di Cagliari sono diventati altrettanti Progetti di ricerca finanziati dalla Comunità Europea, finalizzati a implementare le conoscenze di base attraverso attività da condursi in collaborazione con altre Università e Centri di ricerca pubblici. In ordine di tempo, i Progetti Europei che hanno coinvolto il nostro Gruppo di ricerca sono stati i seguenti:

- Progetto integrato C.E. – (V° P.Q.) – 2002-2005 – “Flavitherapeutics”– Research, Selection and Mechanism of Action of Potential Therapeutic Agents Against Flaviviridae (Hepatitis C, Dengue and West Nile viruses).

- Progetto integrato C.E. – (VI° P.Q.) – 2004-2009 – “SHIVA” – Selection and Development of Microbicides for Mucosal Use to Prevent Sexual HIV Transmission / Acquisition.

- Progetto integrato C.E. (VI° P.Q.) 2005-2008 “Vizier” – Comparative Structural Genomics of Viral Enzymes Involved in Replication.

- Progetto integrato C.E. – (VI° P.Q.) – 2007-2010 – “Europrise” – European Vaccines and Microbicides Enterprise.

In particolare, il Progetto SHIVA è coordinato dal sottoscritto. Spesso, coloro che sono abituati a valutare la ricerca di base e applicata sotto lo stretto profilo delle ricadute in termini di progresso delle conoscenze, rimangono piuttosto perplessi nel constatare che, nell’ottica industriale, è il mercato a essere parte determinante nella scelta e nella pianificazione delle attività. Ciò nondimeno, molte delle problematiche industriali possiedono un forte impatto sociale e, nell’impostazione delle attività di collaborazione Università – Impresa, vi sono, per un gruppo accademico fortemente propositivo, ampie possibilità di far valere la propria impostazione nell’affrontare i problemi di ricerca e sviluppo.

Biotecnologie 2000 - Intervista al prof. La Colla

Insieme per aiutare le popolazioni in via di sviluppo
«Ed è proprio da questa impostazione, che permette e predilige una visione ad ampio spettro dei problemi in esame, che la ricerca applicata potrebbe trarre il massimo vantaggio - chiarisce Paolo La Colla. - Vorrei cercare di esprimere meglio questo concetto prendendo in considerazione, come esempio, le malattie da infezione causate da virus, il cui scenario mondiale è in rapida evoluzione. Le più temute e diffuse epidemie attuali - dall’AIDS alle Epatiti da virus B e C, alle patologie emorragiche (Dengue), alle infezioni emergenti (SARS e Influenza aviaria) - si presentano con un quadro epidemiologico che non può non far riflettere su quali nuovi scenari di intervento sanitario saranno necessari per frenarne la progressione, legata a incontrollabili flussi migratori di uomini e animali o a cambiamenti climatici che pongono a rischio qualsiasi area del pianeta. Sono due gli esempi paradigmatici di infezioni da virus che vorrei portare per esempio della necessità e urgenza di offrire adeguate possibilità di accesso alla terapia e/o un efficace controllo della loro diffusione: le epatiti da HCV e l’AIDS, un’epidemia fortemente correlata con la povertà.
Le epatiti croniche da virus HCV sono la principale causa di cirrosi, tumore al fegato e trapianto di fegato. Globalmente, ogni anno, si contano circa 4 milioni di nuove infezioni. Nel corso dei prossimi dieci anni, nei soli USA si prevedono 800.000 pazienti con cirrosi da HCV. Al momento attuale, i soggetti con infezione cronica da HCV sono circa tre milioni in Giappone, tre milioni nel Nord America, e un milione e mezzo in Europa. Ma sono circa 170 milioni le persone affette dalla stessa patologia che vivono nei Paesi in via di sviluppo. E per questi ultimi ben difficilmente vi potrà essere accesso alle più moderne terapie.
Nel caso delle infezioni da HIV/ AIDS lo scenario è sostanzialmente identico. Le persone raggiunte dall’infezione sono 28 milioni nell’Africa sub-Sahariana e 6 milioni nel sudest asiatico, a fronte dei circa 6 milioni distribuiti tra Asia orientale e Pacifico (1 milione), Asia centrale e Europa orientale (1 milione), Europa occidentale (0,6 milioni), Nord America (1 milione), Carabi e America latina (2 milioni).
Ma la situazione non cambia nel caso di quasi tutte le altre infezioni da virus che, sostanzialmente, colpiscono per il 90% dei casi e oltre le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Che cosa fare, dunque? Può la ricerca essere indirizzata verso l’ottenimento di risultati svincolati dalla attuale logica di sviluppo, che virtualmente impedisce al mondo occidentale di esportare farmaci e soluzioni innovative nei Paesi del Terzo Mondo? Il tema è certamente complesso, denso di significati etici oltre che di importanza vitale per quella parte di umanità più flagellata dalle malattie. E rimane forte la convinzione che il problema non possa che essere risolto da una stretta collaborazione Pubblico-Privato».
 
Biotecnologie per combattere l’inquinamento ambientale
«In parallelo con le attività di ricerca sugli antivirali - aggiunge il professore - nel 2002 abbiamo avviato una nuova linea di ricerca finalizzata all’impiego dei microrganismi per lo sviluppo di biotecnologie ambientali. Attualmente, infatti, fra gli obiettivi prioritari della ricerca e della salvaguardia della salute umana si ritrovano la soluzione del problema  dell’inquinamento ambientale e lo sviluppo di prodotti e processi industriali ecocompatibili.
Come è noto, l’attività antropica causa il rilascio nella biosfera di sostanze inquinanti che danneggiano la biodiversità e mettono in pericolo lo sviluppo sostenibile e la salute dell’uomo. In Italia sono stati censiti oltre 12.000 siti contaminati e, tra suolo, aree marine e coste, essi occupano più dell’1% del territorio nazionale. Per poter far fronte ai crescenti tassi di inquinamento si è reso necessario mettere a punto tecnologie a basso impatto ambientale. La linea di ricerca è incentrata sullo studio della biodiversità microbica e sul suo sfruttamento finalizzato alla scoperta di nuove molecole di origine biologica per impieghi industriali. Lo scopo è quello di individuare nuovi microrganismi produttori di biotensioattivi. I tensioattivi trovano applicazione in tutti i settori dell’industria moderna, per un valore di mercato che supera i 7.000 milioni di euro per anno. La quasi totalità dei tensioattivi in commercio è prodotta tramite sintesi chimica dal petrolio ed è ecotossica. Molti tensioattivi microbici hanno attività surfattante equivalente a quella dellecontroparti di sintesi, mostrando al contempo numerosi vantaggi quali bassa tossicità ed elevata biodegradabilità e possibilità di essere prodotti da materie prime rinnovabili ed economiche. Queste caratteristiche conferiscono ai biotensioattivi una maggiore accettabilità soprattutto in applicazioni che prevedono la loro dispersione nell’ambiente. In virtù dell’eterogeneità delle strutture e proprietà, i tensioattivi microbici trovano potenziale applicazione in molteplici settori. Da qui l’interesse dei ricercatori del gruppo nello sviluppo di processi biotecnologici per la produzione di biotensioattivi ecocompatibili per applicazioni industriali e per accelerare la rimozione di idrocarburi in tecnologie chimico-fisiche di bonifica e in processi di biorisanamento. Per alcuni biotensioattivi è stata poi dimostrata una potente attività biologica nei confronti di batteri, funghi e virus. Il gruppo ha individuato nuovi ceppi batterici in grado di produrre molto efficientemente biotensioattivi. Questi nuovi ceppi sono, inoltre, in grado di degradare tutte le principali classi di composti presenti nel gasolio. In prove su scala di laboratorio, i biotensioattivi prodotti da questi batteri sono in grado di promuovere il desorbimento dal suolo di idrocarburi petroliferi e di accelerare la loro degradazione. Per le loro proprietà, questi composti potrebbero
trovare, in futuro, applicazione nel settore del risanamento ambientale».
 
Eros Fabrizi

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