Lo svela una ricerca del Censis per il World Social Summit, che si terrà a settembre
09 August 2008

IL SOLE 24 ORE
Lavoro, la «spintarella» non batte il curriculum
Che all’estero i giovani trovino lavoro prima che in Italia, non è una novità. Sorprende un po’ di più che un buon curriculum, anche in Italia, risulti spesso più utile che procurarsi una raccomandazione. E anche le inserzioni sui giornali o su Internet possono essere una scelta vincente. Lo svela una ricerca del Censis per il World Social Summit, che si terrà a settembre organizzato dalla Fondazione Roma.
L’indagine ha riguardato i neolaureati che hanno trovato impiego nei primi tre anni dalla fine dell’Università. Certifica ciò che già si sapeva: lavorare all’estero può garantire da subito uno stipendio migliore. Fuori dall’Italia, il 73% dei neo-laureati guadagna più di 1.300 euro. Tra quelli che restano nel nostro Paese, solo il 35%. Addirittura, fuori dai confini italici il 43% dei lavoratori appena laureati va oltre 1.700 euro netti; solo il 9,2% da noi.
Per più di uno ex-studente su quattro il lasciapassare nel mondo del lavoro è stato l’invio del curriculum (per il 28% dei casi). Subito dopo, arriva la famosa «segnalazione» al datore di lavoro da parte di familiari, amici e conoscenti (12,6%), e poi concorsi pubblici (11,6%). All’estero c’è sempre l’invio del curriculum (25,7%) al primo posto mentre la raccomandazione scende al quarto rivelandosi efficace solo per uno studente per 10. Più diffusa è invece l’opportunità di trovare impiego grazie a inserzioni su giornali o via internet. In Italia olo il 9% dei neolaureati è riuscito a trovare impiego in questo mod. Poco efficaci gli stage: in Italia hanno portato un contratto solo al 6,4% mentre all’estero questa percentuale sale al 10,8% degli ex studenti.
Secondo lo studio, nel 2006 il 14,2% dei giovani italiani tra i 15 e 29 anni aveva avuto un’esperienza di studio o di lavoro all’estero. Ci sono infatti almeno 38.690 studenti italiani iscritti in facoltà universitarie straniere, oltre ai 16.389 impegnati nel programma Erasmus.
Non ci sono grandi differenze nei curricula degli assunti all’estero e in Italia. Molto cambia sul riguardo opportunità professionali. A parità di precarietà, i laureati italiani all’estero sono collocati su livelli mediamente più alti dei loro colleghi (32,1% contro il 17,1% di quanti lavorano in Italia è già quadro o funzionario). E soprattutto con un ben più alto livello retributivo.
 


IL MESSAGGERO
Censis: per trovar lavoro serve un bel curriculum,
funziona molto più della raccomandazione

Roma, 9 agosto 2008 - La raccomandazione non aiuta i laureati: stando alla ricerca realizzata dal Censis per il World Social Summit, per la ricerca di un lavoro è più efficace l’invio del curriculum. E questo vale sia in Italia che all’estero, dove un neo-laureato su cinque trova lavoro anche rispondendo o mettendo inserzioni sui giornali o su internet. Dall’indagine, focalizzata sui neolaureati che hanno trovato impiego nei primi tre anni dalla fine dell’Università, emerge anche che lavorare all’estero consente subito di guadagnare molto di più. Solo il 35% dei neo-laureati italiani riesce ad avere da subito uno stipendio netto superiore ai 1.300 euro. All’estero, invece, a percepire un reddito netto analogo è ben il 73% dei neo-laureati. All’estero, addirittura, il 43% dei lavoratori appena laureati guadagna oltre 1.700 euro netti, mentre in Italia arriva a quei livelli solo il 9,2%.
I canali d’accesso. Una delle curiosità delle tabelle elaborate dal Censis per il World Social Summit (che si terrà a settembre, organizzato dalla Fondazione Roma), riguarda le modalità seguite dai neo laureati che sono riusciti a trovare lavoro entro tre anni dalla conclusione degli studi. Dai dati ottenuti risulta che il canale d’accesso che ha consentito di centrare l’obiettivo è stato, per più di una persona su quattro, l’invio del curriculum (nel 28% dei casi) seguito dalla "segnalazione" al datore di lavoro da parte di familiari, amici e conoscenti (12,6%) e dai concorsi pubblici (11,6%). All’estero la classifica è diversa: al primo posto c’è sempre l’invio del curriculum (25,7%), mentre la raccomandazione è al quarto posto (è stata efficace solo per uno studente per 10). Più diffusa è l’opportunità di trovare lavoro rispondendo a inserzioni su giornali o via internet. In Italia, invece, è riuscito a trovare impiego in questo modo solo il 9% dei neolaureati.
Gli stage. Poco efficaci si rivelano gli stage: in Italia hanno fatto ottenere un contratto solo al 6,4% degli studenti che hanno finito il cursus universitario, mentre all’estero questa percentuale sale al 10,8%. Negli altri Paesi, inoltre, pochi sono i neo laureati che hanno utilizzato il concorso pubblico per ottenere l’impiego (3,2%, contro l’11,6% dell’Italia).
Chi va all’estero. L’indagine del Censis mette in risalto che nel 2006 il 14,2% dei giovani italiani tra i 15 e 29 anni poteva vantare un’esperienza di studio o di lavoro all’estero. In particolare, risultano almeno 38.690 studenti italiani iscritti in facoltà universitarie straniere, oltre ai 16.389 impegnati nel programma Erasmus. Così, alla fine degli studi, il 3,9% dei laureati italiani lavora oltre confine. Tra coloro che scelgono l’estero e quelli che rimangono in Italia non si trovano grandi differenze nei rispettivi cursus honorum (22,1% di laureati in corso tra i primi, 18,6% tra i secondi, e raggiungimento del massimo dei voti da parte del 32,2% contro il 26,2).
Le opportunità professionali. E’ considerevole, invece, il solco che si viene a creare sul fronte delle opportunità professionali. Per quanto riguarda le tipologie di impiego, a parità di precarietà, i laureati italiani all’estero sono collocati su livelli mediamente più alti dei loro colleghi (32,1% contro il 17,1% di quanti lavorano in Italia è già quadro o funzionario). A segnare lo scarto tra estero e Italia è comunque soprattutto il livello retributivo dei neo laureati.
La capacità di relazionarsi a livello internazionale - sostiene il Censis - è sempre più un ingrediente fondamentale, e molti professionisti italiani sembrano averlo capito. Lo confermano i dati relativi agli Stati Uniti, da sempre destinazione prediletta dagli "emigranti" ad alta qualificazione. Tra il 1998 e 2006, infatti, a fronte dell’incremento del 47,9% dei borsisti e ricercatori italiani (nel 2006 ce ne erano quasi 3.000 negli Usa), quello degli occupati è aumentato del 62,1%, portando complessivamente a 24.445 il numero dei lavoratori italiani in possesso di visto temporaneo per gli Usa. Di questi, 13.368 sono lavoratori altamente specializzati, quadri o dirigenti di imprese internazionali e lavoratori il cui visto viene concesso per le "straordinarie capacità o risultati".


ANSA.it
NEOLAUREATI? ALL’ESTERO 70% OLTRE 1300 EURO
ROMA - Una volta conseguita la laurea, lavorare all’estero permette da subito di guadagnare molto di più. Solo il 35% dei neo-laureati italiani riesce a guadagnare, già nei primi tre anni di lavoro, un reddito netto superiore a 1.300 euro; all’estero, invece questa soglia viene superata dal 73% dei neo-laureati.
All’estero il 43% dei lavoratori appena laureati guadagna oltre 1.700 euro netti mentre in Italia supera questa soglia solo il 9,2%. E’ quanto emerge da una ricerca realizzata dal Censis per il World Social Summit, che si terrà a settembre organizzato dalla Fondazione Roma. Lo studio mette in risalto che la capacità di saper affrontare il contesto internazionale è un ingrediente fondamentale per migliorare la propria carriera lavorativa, fin dall’inizio.
Nella ricerca del lavoro l’invio del curriculum vince sulla ’segnalazione’, anche in Italia. All’estero, invece, è più facile trovare occupazione rispondendo ad una inserzione sui giornali o su internet. I neolaureati italiani che hanno trovato lavoro nei tre anni successivi alla fine della carriera scolastica nel 28% dei casi lo hanno fatto con l’invio del curriculum ai datori di lavoro, contro il 12,6% di coloro che ce l’hanno fatta su segnalazione ai datori di lavoro da parte di familiari, amici e conoscenze.
All’estero, invece, le percentuali per questi due canali di accesso al lavoro sono state rispettivamente al 25,7 e al 10%: più diffusa è invece l’opportunità di trovare lavoro rispondendo a inserzioni su giornali o via internet, una chance che in Italia ha interessato solo il 9% dei neo-laureati. A poco, invece, servono gli stage: hanno fatto ottenere un contratto in Italia solo al 6,4% dei neo-laureati mentre all’estero questa percentuale sale al 10,8%.


IL TEMPO 
Economia
LAVORO: CENSIS, PER NEOLAUREATI MEGLIO ANDARE ALL’ESTERO
Roma, 9 agosto 2008 (Adnkronos) - Per i neolaureati e’ meglio andare all’estero, dove si guadagna di piu’ ed e’ piu’ facile fare carriera. E infatti aumenta il numero di quelli che progettano il loro percorso formativo e talvolta professionale, fuori dall’Italia, consci della necessita’ di sviluppare, in un mondo che cambia, relazioni ed esperienze al di fuori dei patri confini. E’ quanto emerge da un’indagine Censis, che sara’ presentata al prossimo World social summit organizzato da Fondazione Roma in programma a settembre. Nel 2006 ben il 14,2% dei giovani italiani tra i 15 e 29 anni poteva vantare un’esperienza di studio o di lavoro all’estero. Nello stesso anno, almeno 38.690 studenti risultavano iscritti in facolta’ universitarie straniere, oltre ai 16.389 impegnati nel programma Erasmus e per alcuni di loro studiare all’estero ha poi rappresentato l’occasione per gettare le basi oltre confine (3,9% dei laureati italiani, ad un anno dal conseguimento del diploma, lavora fuori dall’Italia). Tra coloro che scelgono l’estero e quelli che rimangono in Italia non si trovano grandi differenze nei rispettivi cursus honorum (22,1% di laureati incorso tra i primi contro 18,6% tra i secondi e raggiungimento del massimo dei voti da parte del 32,2% contro il 26,2%). Ad essere considerevole e’, invece, il solco che si viene a creare sul fronte delle opportunita’ professionali. Nella ricerca del primo impiego in Italia l’opzione piu’ diffusa e’ la solita segnalazione di parenti/amici (12,6%), mentre all’estero gli italiani mettono o rispondono con successo ad inserzioni sui giornali (22,4% contro 9% in Italia).

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