La nostra attività non meno usurante di maestre e insegnanti
19 July 2007
Roma, 18 lug. (Apcom) - I professori universitari non si riconoscono nelle parole del segretario generale della Uil, secondo il quale i docenti accademici svolgerebbero tra le attività meno usuranti in assoluto: "mi devono ancora convincere che si ammazzano di lavoro", ha dichiarato ieri al Corriere della Sera. I docenti accademici, interpellati da Apcom, spiegano come la loro professione non si limiti a svolgere lezioni e fare esami, ma sia costellato di impegni, burocrazia e attività collaterali.
I professori universitari interpellati sottolineano che all’attività d’insegnamento va aggiunta quella di supporto agli studenti durante la realizzazione delle tesi, l’organizzazione della didattica sulla base di leggi che cambiano in continuazione, il continuo svolgimento della ricerca, la partecipazione a riunioni e confronti sulla didattica, sull’orientamento, la presenza ai consigli di dipartimento e di facoltà. Per alcuni docenti c’è anche l’attività di gestione dell’ateneo, attraverso la partecipazione al senato accademico o al consiglio di amministrazione con tutto ciò quel che comporta in termini di impegno e di tempo.
"La nostra è un’attività intensa e, per certi versi, anche certamente usurante, almeno dal punto di vista psicologico, non meno di quella delle maestre e degli insegnanti di scuola", spiega Gino Fornaciari, ordinario di Storia della Medicina presso il dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina all’Università di Pisa.
"Certamente il lavoro di professore universitario è, almeno per quello che mo riguarda, molto gratificante - continua Fornaciari - infatti a me piace sia la ricerca scientifica che l’insegnamento e, naturalmente, il contatto continuo con gli studenti. Ciò non significa assolutamente però che si tratti di un’attività poco impegnativa".
Il docente toscano sottolinea comeil suo lavoro oltre ad essere fortemente impegnativo lo ’blocchi’ in ateneo circa 10 ore al giorno: "oltre a tenere ben otto corsi e ad essere impegnato direttamente nella ricerca scientifica, sia di laboratorio che sul campo, e nell’attività diagnostica, sono anche anatomo-patologo, mi trovo costretto a sobbarcarmi un grosso carico burocratico per trovare i finanziamenti per la ricerca e per i miei giovani collaboratori".
"In conclusione - spiega Fornaciari - io entro in istituto la mattina alle 8,30 ed esco alle 18. Come è noto, l’età del pensionamento dei professori universitari è di 65 anni per gli associati e di 70 anni per gli ordinari. Ma non mi sento certamente un ’satrapo’".
Per i docenti universitari è previsto il pensionamento in età relativamente avanzata, 65 anni per i professori associati e 70 per gli ordinari. "E’ possibile ritirarsi anticipatamente ma questa è un’eventualità relativamente molto rara", spiega Patrizio Tirelli, professore ordinario di Economia Politica presso l’Università di Milano Bicocca.
"La stragrande maggioranza dei docenti universitari - continua Tirelli - preferisce restare il più a lungo possibile in servizio e non è raro il caso di colleghi che mantengono collaborazioni con l’università anche dopo il pensionamento. Ciò avviene perchè la componente motivazionale è importante e la combinazione insegnamento-ricerca è molto stimolante".
Rimane il luogo comune del professore privo di controlli da parte dei superiori e mai costretto ad affannarsi per il suo lavoro di didattica: "Se Angeletti - conclude Tirelli - è comunque convinto che i docenti universitari siano dei fannulloni gli suggerirei di aprire una vertenza con il Governo per recepire i suggerimenti del professore Ichino, così da consentire il licenziamento dei fannulloni, tra i docenti universitari come in tutti i settori della pubblica amministrazione".
 

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