SANITA’ L’assessore Dirindin traccia gli indirizzi. In cinque anni saranno assorbiti 1.500 precari censiti dalle otto Asl regionali
09 June 2007

ALESSANDRA SALLEMI


CAGLIARI. Non succederà più che si ricorra ai lavoratori precari per colmare i vuoti della sanità pubblica. Gli infermieri che mancano saranno formati dalle due università sarde sul fabbisogno del sistema sanitario regionale. In cinque anni saranno assorbiti tutti i 1.500 precari censiti finora tra le otto Asl dell’isola e il Brotzu: subito quelli che hanno già maturato tre anni di collaborazione anche non continuativa; a stretto giro di ripensamento della pianta organica di ciascuna azienda quelli che hanno cominciato prima del settembre 2006. Dopo il risanamento dei conti in senso stretto, è cominciata la rivoluzione sul doppio binario della politica sanitaria e della politica del lavoro votata all’unanimità dal consiglio regionale per superare il precariato in un settore che non si rafforza qualitativamente e neppure economicamente se i dipendenti sono pagati anche il 40 per cento in meno rispetto ai contratti nazionali e sono destinati a lasciare il reparto nel giro di pochi mesi. L’assessorato ha raccolto l’indicazione del consiglio e il risultato è stato presentato ieri dall’assessore regionale alla sanità Nerina Dirindin: «Il piano basa le scelte sui dati acquisiti per capire la dimensione del fenomeno, per definire le priorità e anche la tempistica necessaria. La Sardegna è stata fra le prime regioni italiane a sostenere davanti al Governo la necessità di superare la situazione difficile rappresentata dal lavoro precario spesso in realtà sanitarie molto delicate. Al 31 dicembre 2006, su 21.806 dipendenti, il 6,9 per cento non era a tempo indeterminato. E’ una cifra superiore al 5 per cento che la finanziaria regionale indica come quota non patologica nell’amministrazione pubblica, ma non c’è dubbio che ci aspettassimo numeri superiori e ci siamo chiesti se l’indagine sia riuscita a elencare tutte le situazioni».
Se anche non fosse, si rimedierà presto: l’assessorato sta per varare l’atto di indirizzo perché le aziende sanitarie possano elaborare gli atti aziendali che stabiliscono quale ossatura organizzativa darsi sulla base della domanda di salute della popolazione. Se si accertasse che il numero dei precari è superiore, se ne terrà conto negli atti operativi coi quali la Regione intende procedere per stabilizzare i lavoratori. «Certo nel corso degli anni hanno ruotato nelle aziende più persone - diceva Dirindin -, dei 1.500 770 sono i lavoratori che hanno superato una selezione, 179 i co.co.co, 272 i contratti libero professionali. Il precariato è più elevato a Olbia (col 16 per cento), poi Nuoro e Sassari. Nella finanziaria nazionale era prevista la stabilizzazione solo del personale non dirigenziale, la Regione ha deciso di estendere questa azione anche alla dirigenza (medici, sono 114)». Un’altra scelta contenuta nella delibera di giunta del 7 giugno: con la stabilizzazione si riequilibrerà la presenza del personale dove serve realmente (finora difficile per la rigidità delle regole di mobilità tra asl) e quindi, a chi presenterà istanza per il contratto a tempo indeterminato, si chiederà di essere disponibile a lavorare nella regione, indicando le tre asl dove si preferisce andare. Per i co.co.co e i contratti libero professionali: «In armonia con la legge finanziaria è prevista una riserva di posti in occasione di selezioni a tempo determinato». Attenzione ai tempi. Entro il 30 giugno le asl pubblicheranno gli avvisi per i lavoratori con i tre anni già maturati. Per chi non ce li ha ancora, si raccoglieranno le manifestazioni di interesse «così - spiegava l’assessore - tra l’altro sapremo quante persone sono sfuggite eventualmente al nostro censimento. Entro il 31 luglio le istanze saranno accolte e analizzate nel complesso. Entro il 30 settembre la Regione si impegna a individuare uno schema operativo con le scadenze indicate». I precari stabilizzati non basteranno a colmare i vuoti in organico, ma «un passo importante è già stato fatto: abbiamo autorizzato le aziende a potenziare la presenza di alcune figure professionali». Infine, sugli infermieri, in risposta al centrodestra che accusa la Regione: «Il centrodestra dimentica che, da zero infermieri preparati dalle facoltà nel passato, quest’anno è prevista la formazione di 280 giovani e anzi ci dispiace che le università tendano ancora, pur in modo diverso, a non considerare importante la formazione delle figure non mediche».

Fonte: La Nuova Sardegna

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