I limiti del Nuovo Ordinamento. I numeri del rapporto del CNVSU tracciano un bilancio della riforma
11 February 2007
di Silvia Castracani e Dario Chiocca
(da: www.iniziativaonline.it)

Lauree triennali, si chiude il primo ciclo di studio. Si spalancano i problemi e i malcontenti. Questa volta a parlare non sono i "soliti" studenti, o sindacati di categoria che da anni chiedono l’abolizione, prima, e il cambiamento in corso d’opera, poi, della riforma universitaria. Questa volta a parlare sono i freddi numeri forniti dal Cnvsu (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, organo istituzionale del Ministero della Ricerca e Università) che dimostrano tutte le falle e i problemi del nuovo corso di studi.

Quest’anno, con la fine del primo ciclo delle lauree triennali e l’avvio delle lauree specialistiche, è emersa una certa stabilizzazione dei dati, che hanno permesso di vedere più chiaramente gli effetti del nuovo ordinamento "3+2". Il rapporto numerico tra studenti del vecchio e del nuovo ordinamento si è irreversibilmente invertito a favore di questi ultimi: un milione e 300 mila contro 512 mila, per una totale di circa un milione e 800 mila studenti universitari nel nostro Paese.

Dal 2001/02, anno accademico in cui iniziò la riforma, si è riscontrato un aumento delle immatricolazioni, con un incremento del 7,2 per cento rispetto all’anno di avvio. A riguardo, inoltre, è rilevante la proporzione di studenti che si iscrivono per la prima volta ad un corso di laurea dopo uno o più anni dalla fine della scuola superiore, attratti soprattutto dai nuovi corsi di studio del Nuovo Ordinamento e della flessibilità dei curricula formativi. Ma la tendenza alla crescita del numero di immatricolati si è comunque arrestata. Poco più di 330 mila i nuovi iscritti nell’anno accademico 2004/05 (ultima rilevazione disponibile), sei mila in meno rispetto all’anno precedente.

I dati per quanto reali, sono comunque alterati da un fattore allarmante: la diffusione delle lauree facili. Da quando infatti con la finanziaria del 2002 l’ex ministro dell’Istruzione Letizia Moratti eliminò il tetto al riconoscimento dei crediti formativi, c’è stata una vera e propria "corsa alla laurea" di numerose categorie di lavoratori, in particolare di dipendenti pubblici e delle forze dell’ordine, che tramite il proprio status di servizio hanno potuto fare carriera. Numerose convenzioni tra enti pubblici ed atenei hanno facilitato l’iter universitario per i dipendenti, arrivando al rilascio delle lauree triennali dopo appena sei, sette esami. Per fortuna, grazie alle polemiche scatenate dall’inchiesta giornalistica di Report, che mostrò come nell’ateneo San Pio di Roma un ispettore di polizia si laureava sostenendo appena sette esami, il ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi ha assicurato un giro di vite contro tale situazione, che offende i sacrifici di chi studia per conseguire una laurea (intera).

Nel Rapporto si leggono anche le prime ammissioni sul fallimento del "3+2" in alcuni dei suoi obiettivi strategici. La percentuale degli iscritti in regola con gli studi, dopo un lieve incremento nei primi anni della riforma, è tornata a livelli di dieci anni fa e le mancate reiscrizioni al secondo anno tornano ad aumentare. Oggi il 20,7 per cento di chi si iscrive all’Università l’abbandona dopo appena un anno. Un cenno, infine, merita il tempo medio di conseguimento del titolo calcolata in 4,24 anni per la laurea di primo livello, rispetto ai 7,5 anni per la laurea del vecchio ordinamento, di diverso valore giuridico e formativo. Ma il dato meno incoraggiante per tutti i fautori della nuova università targata "3+2" arriva forse dalla percentuale dei laureati regolari rispetto al numero di immatricolati tre anni prima: solo il 14,6 per cento degli immatricolati nel 2002/03, infatti, ha effettivamente ottenuto la laurea di primo livello nel 2006, cioè nei tre anni previsti. Se da un punto di vista puramente statistico, quindi, l’Italia è oggi un Paese con più laureati, per quanto riguarda qualità formativa, abbandoni degli studi e rispetto dei tempi previsti, l’emergenza universitaria rimane tale.

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