Maria Pietronilla Penna, docente di Psicologia al Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia, spiega i temi in discussione al Congresso annuale dell’Associazione per il Coordinamento Nazionale degli Insegnanti Specializzati e la ricerca sulle situazioni di handicap, in corso in Aula magna Capitini. Tra i relatori Daniela Lucangeli. Resoconto, immagini e VIDEOINTERVISTA con la RASSEGNA STAMPA e l'intervista de L'UNIONE SARDA
12 April 2019
Daniela Lucangeli (a destra, Maria Pietronilla Penna)

Sergio Nuvoli

Cagliari, 12 aprile 2019 - “Sperimentalmente dobbiamo riconoscere che se la tecnologia è arrivata a riprogrammare l’umano è perché l’umano si è lasciato sostituire. Allora aumentiamo l’umano: ma la tecnologia non può sostituire lo sguardo di chi ho accanto e magari non mi guarda più”. Non è abituata a fare sconti, Daniela Lucangeli, una dei più grandi esperti italiani di psicologia dell’apprendimento e prorettrice all’Università di Padova. E non li ha fatti neppure stavolta, al Congresso CNIS, organizzato con Maria Pietronilla Penna, docente di psicologia generale, al Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia.

Daniela Lucangeli
Daniela Lucangeli
Guarda il VIDEOPITCH con la prof.ssa Penna

Lucangeli non è nuova alle aule di Sa Duchessa. Già in passato ha fatto il pienone con le sue lezioni, seguitissime, applauditissime e destinate ogni volta a diventare virali sui social: merito di una comunicativa senza confini, che ha il grande merito di indicare vie d’uscita anche nelle situazioni più complesse, come quelle che l’avvento delle nuove tecnologie ha determinato nel mondo della scuola, abituata spesso a vecchi modelli di insegnamento. Davanti alla platea che, ancora una volta, ha affollato la Stanza dei Tesori (è il nome dell’Aula magna Capitini, ribattezzata da Manu Invisibile con i suoi affreschi realizzati per volontà del Rettore Maria Del Zompo), la professoressa ha chiarito: “Abbiamo bisogno di voi, che nella società vivete e potete cambiarla”.

L'Aula magna Capitini
L'Aula magna Capitini

Saranno due giorni di alto profilo, oggi e domani, al Congresso annuale dell’Associazione per il Coordinamento Nazionale degli Insegnanti Specializzati e la ricerca sulle situazioni di handicap: “Un congresso con più competenze scientifiche – spiega la prof.ssa Penna - Pediatri, psicologi, eduicatori, biologi per capire come da un punto di vista educativo l’utilizzo delle nuove tecnologie non sia da demonizzare, ma anche da incoraggiare, per capire quali vantaggi ci può dare per gli apprendimenti. Rimettiamo al centro l’educare, e rimettiamo al centro le persone, ma usiamo le tecnologie in modo consapevole, come strumenti didattici”.

Un'altra immagine dell'Aula Capitini durante i lavori
Un'altra immagine dell'Aula Capitini durante i lavori

RASSEGNA STAMPA

L’UNIONE SARDA di domenica 14 aprile 2019
Prima Salute (Pagina 52 - Edizione CA)
«Adolescenti in crisi,
una condizione sempre più diffusa»

Secondo i dati più recenti dell'Organizzazione mondiale della sanità si tratta di una pandemia che colpisce gli adolescenti. I disturbi dell'umore, del sonno e dell'attenzione, in generale tutti i disturbi del sistema della maturazione, sono cresciuti nel corso dell'ultimo decennio in maniera esponenziale e a livello mondiale. I ragazzi stanno male, lamentano un forte disagio psicologico ed esistenziale (sono cresciuti anche i tassi di suicidio), e gli adulti sono disorientati.
Secondo Daniela Lucangeli, ordinaria di Psicologia dell'educazione e dello sviluppo all'Università di Padova, presidente dell'Accademia mondiale delle Scienze Learning Disabilities, la condizione dei più giovani è preoccupante ed esige che le famiglie e la scuola riprendano al più presto a fare ciò che gli spetta: educare e orientare. Nei giorni scorsi la studiosa era a Cagliari per il Congresso “Quando educare è più difficile: nell'era del digitale”, organizzato dal Coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati e ospitato dalla Facoltà di studi umanistici dell'Ateneo cittadino, grazie alla mediazione della professoressa Maria Pietronilla Penna.
Qual è lo stato di salute degli adolescenti italiani?
«Vorrei dire che è uno stato che ci consente di stare tranquilli, ma in realtà i dati raccolti nelle scuole indicano che, da 14 anni in poi, oltre il 60 per cento dei ragazzi lamentano malessere, e in alcune regioni la percentuale sale al 70 per cento. Si tratta di un disagio stabile, che perdura nel tempo».
In che cosa consiste?
«È un malessere legato perlopiù all'esperienza scolastica. Una delle ragioni è l'ingozzamento cognitivo, cioè una condizione in cui è molto elevata la fatica cognitiva che i ragazzi patiscono ogni giorno in classe. L'altra variabile è che alla fatica che si fa per imparare non si accompagnano emozioni positive: curiosità, interesse, desiderio di dare il proprio contributo, motivazione intrinseca all'apprendimento. Al contrario, le emozioni stabili associate alla scuola sono ansia, stress da verifica, un senso di noia e il giudizio».
Insomma, a scuola si sta male?
«Gli adolescenti vivono la scuola come un luogo in cui sono giudicati per le loro prestazioni, e non come un luogo in cui imparare. C'è da dire che anche la difficoltà a mantenere l'attenzione, la carenza di sonno e un uso improprio delle tecnologie digitali non aiutano l'apprendimento».
Usare il cellulare in classe può motivare i ragazzi oppure è sbagliato?
«Dobbiamo smetterla di ragionare in termini di aut aut e iniziare a ragionare in termini di et et. Il cellulare in classe si può usare sotto la guida di un docente e in maniera finalizzata, per una ricerca, per esempio. Non bisogna adoperarlo se serve a connettersi con un mondo altro da quello in cui ci si trova in quel momento. Il problema non è la presenza della tecnologia, ma la sostituzione dell'umano».
Oltre ad aver modificato il modo di imparare dei più giovani, la tecnologia ha inciso sulla loro capacità di provare emozioni?
«Le tecnologie digitali sono diventate un mezzo di mediazione psicosociale. Siamo tutti costantemente connessi al digitale, e anziché guardarci negli occhi e parlare guardiamo uno schermo. In questo modo sostituiamo al contatto, allo sguardo, al sorriso la mediazione tecnologica, e mutiamo la qualità dell'interazione umana. Tuttavia, non direi, come si è sostenuto, che l'analfabetismo emozionale di cui si parla a proposito dei più giovani sia dipeso dal digitale».
In che senso?
«Il digitale è un rifugio per i ragazzi perché, spesso, non trovano negli adulti quell'ascolto e quell'attenzione di cui avrebbero bisogno. È perché sono vulnerabili a livello emotivo che i più giovani si affidano allo smartphone, e lo sono perché gli adulti non interagiscono con loro come dovrebbero. Non era mai capitato che durante l'allattamento le mamme guardassero il telefono anziché il proprio bambino. La povertà di relazione si traduce nella povertà di capacità emotiva, e il digitale, che nel mediarla semplifica l'interazione, riempie questo vuoto».
Franca Rita Porcu

L'UNIONE SARDA
L'UNIONE SARDA

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