Il Seminario camilleriano entra nel vivo con un dialogo in un ideale salotto letterario - ospitato in Aula Capitini - tra la scrittrice siciliana e Manuela Arca, Morena Deriu, Eleonora Lusci, Simona Pilia, Paola Piras e Veronka Szoke. Mercoledì 27 febbraio alla Fondazione di Sardegna alle 17 si prosegue alla Fondazione di Sardegna con il volume di Aldous Huxley “L’albero dell’olivo” con Maria Del Zompo, Giuseppe Barbera, Vincenzo Campo, Gianluigi Bacchetta, Stefano Salis e Giuseppe Marci. Resoconto, IMMAGINI e VIDEO
26 February 2019
Manuela Arca, Morena Deriu, Eleonora Lusci, Simona Pilia, Paola Piras e Veronka Szoke hanno dialogato con la scrittrice siciliana

Fuoco di fila di sollecitazioni dalle sei donne - con storie e professioni diverse - che hanno dialogato con Simonetta Agnello Hornby, a Cagliari per partecipare al Seminario camilleriano

Sergio Nuvoli

Cagliari, 26 febbraio 2019 – Se di esperimento si può parlare, si può dire che è perfettamente riuscito. “Buona la prima”, dicono i registi. E potrebbe dirlo, a buon diritto, Giuseppe Marci, ideatore e attento regista delle sette (finora) edizioni del Seminario camilleriano, per il salotto letterario costruito – con tanto di tè e pasticcini – nell’Aula Capitini fatta affrescare pochi mesi fa dal Rettore Maria Del Zompo allo street artist Manu Invisible.

Tradizione e modernità nello stesso luogo, arricchito dagli arredi forniti per l’occasione da “Neri Antiquariato”, sposati alla perfezione nell’incontro con Simonetta Agnello Hornby, che per quasi tre ore ha dialogato fitto con Manuela Arca, che ha moderato la serata, Morena Deriu, Eleonora Lusci, Simona Pilia, Paola Piras e Veronka Szoke. Presente in sala anche il prorettore vicario Francesco Mola.

Simonetta Agnello Hornby tra Paola Piras e Manuela Arca
Simonetta Agnello Hornby tra Paola Piras e Manuela Arca
Manuela Arca introduce la conversazione con Simonetta Agnello Hornby

Dall'esperienza del dolore alla maternità, dalla scelta di lasciare la Sicilia alla scrittura delle sue opere, dal rapporto con la malattia al rapporto con Andrea Camilleri: tutti i temi intorno al tavolo

Intorno al tavolo, la varietà dei temi proposti dalle sei donne scelte da Marci (rigorosamente senza sapere l’una dell’altra, hanno svelato all’inizio della serata) per dialogare con la scrittrice siciliana, amica e ammiratrice di Andrea Camilleri. Dalla proposta del Premio Nobel per la letteratura da assegnare al papà del Commissario Montalbano al “mestiere” dello scrittore, fino al rapporto con le giovani generazioni: nulla è rimasto fuori dalla conversazione.

Durante la serata ha fatto capolino anche l’esperienza del dolore, raccontata da Agnello Hornby con severo distacco: “Per me è normale parlarne – ha rivelato - perché in famiglia la malattia era normale, sono sempre dell’idea di condividere le esperienze, tutte, le buone come le cattive, con tutto quello che questo significa: nella vita non è per nulla facile, e ha certamente delle conseguenze sulle amicizie. ‘La meglio parola è quella che non si dice’, direbbe mia mamma, ma io non l’ho mai imparato”.

Veronka Szoke e Paola Piras
Veronka Szoke e Paola Piras

"Non mi piace la parola sicilitudine - ha spiegato l'autrice - Credo si tratti di parole usate o per disprezzarci o per la necessità di sentirci migliori degli altri"

Provocata sulla sua appartenenza geografica, l’autrice ha sottolineato che “non mi piace la parola ‘siciltudine’: sarebbe impensabile declinare in questo modo l’essere sardi o milanesi. Credo si tratti di parole usate o per disprezzarci o per la necessità di sentirci migliori degli altri. Ogni volta che noi siciliani parliamo delle nostre pecche, dobbiamo farlo per migliorare, non per crogiolarci in esse. Dai popoli del Nord Europa siamo sempre stati considerati come un’isola quasi esotica, un poco strana. Sul Times scrissero nel 1918 che i siciliani erano addirittura cannibali. Furono costretti alle scuse. Sono modi che non mi piacciono

Simona Pilia – che nella vita insegna nelle scuole superiori – ha invece proposto il tema della maternità consapevole: “Non ho mai accettato che altri padri o madri ringrazino Dio per avere dei figli malati – ha detto la scrittrice - Il brutto delle malattie, tra l’altro, è che uno deve adeguarsi in continuazione: a Londra ho cambiato casa tre volte per ragioni collegate alla salute di mio figlio. Ora la trovo una incertezza interessante, perché mi incuriosisce sul futuro: adesso cerco di trovare la felicità nell’incertezza”.

Simona Pilia e Eleonora Lusci
Simona Pilia e Eleonora Lusci

Il distacco dalla Sicilia fino all'Inghilterra per seguire il marito, la necessità di conservare la conoscenza del dialetto siciliano perchè potessero impararlo i figli

La lontananza da casa e la scelta della lingua straniera per scrivere è stata una delle sollecitazioni di Paola Piras, ordinario di Diritto amministrativo: “Ero contenta di andarmene perché ero innamorata di mio marito – ha risposto Simonetta Agnello Hornby - Non è stata una sofferenza imparare un’altra lingua, e in inglese ho scritto solo un romanzo. Dal ‘67 scrivevo in italiano pochissimo, certo lo leggevo, ma fino ad allora non avevo mai scritto nulla”.

E ancora: “Ho imparato a parlare l’italiano in siciliano, come sempre accade in Sicilia. Poi più avanti ho capito che avrei dovuto insegnare ai miei figli un po’ di siciliano, perchè volevo che lo capissero, e questo allora è diventato il mio scopo. Da allora per me scrivere in italiano e inserire nel testo delle parole in siciliano è più facile che per mia madre o mia sorella, che non hanno avuto questo problema con i figli”.

Naturale, a quel punto, un passaggio sui libri: “Ho scritto il mio primo libro, ‘La mennulara’, cominciandolo in aeroporto – è stata la rivelazione - Mi è sembrato improvvisamente di vedere un film. Poi mi sono impegnata per scriverlo, costruendo i vari periodi volta per volta, quando trovavo il tempo e decidevo che arrivato il momento giusto per farlo. Non so come mai, ma è successo così, con gli altri è andata diversamente”.

Manuela Arca e Morena Deriu
Manuela Arca e Morena Deriu

In chiusura, l'omaggio di Giuseppe Marci a Pinuccio Sciola, l'indimenticato artista di San Sperate: sul tavolo del tè, oltre ai pasticcini, anche una sua pregevole opera lignea, a ricordare il legame con l'Università di Cagliari

“I giovani oggi sentono distanti certi temi, ma si mobilitano per i diritti o per gli argomenti più forti – è intervenuta Eleonora Lusci, appena quattordicenne studentessa del Liceo Siotto - Il web e la rete in questo aiutano molto, perché permettono di conoscere meglio quello che accade intorno a noi”. Parole che hanno suscitato l’approvazione della scritttrice: “La violenza istituzionale ora che è scomparsa sembra che si ripigli tra la gente – ha spiegato - ma la vera violenza è quella del potere”.

“Venendo qui volevo portare con me due libri di Camilleri, non necessariamente quelli che amo di più. Mi piace molto ‘Il re di Girgenti’, che è dedicato alla moglie. E poi ‘Un filo di fumo’. Non conosciamo mai completamente Andrea, c’è sempre qualcosa che ci sorprende: pensate che rileggendolo ho scoperto che questo secondo volume che ho preso è dedicato alla mamma. Non avevo mai notato che questi due libri fossero dedicati a due donne. Che grande uomo, Andrea. Non è mai commovente, non è mai pesante”.

In chiusura, un inatteso omaggio a Pinuccio Sciola: sul tavolino del thè anche una scultura del grande artista di San Sperate: “Volevo che lo scultore e Camilleri si incontrassero - ha spiegato Giuseppe Marci - E' stato un sogno che ho coronato quando l’Università di Cagliari ha conferito a Camilleri la laurea honoris causa. Anche per questo ho voluto che un’opera di Sciola fosse esposta durante questo incontro”.

Seminario camilleriano, il pubblico in Aula Capitini
Seminario camilleriano, il pubblico in Aula Capitini
Giuseppe Marci ricorda Pinuccio Sciola al termine della conversazione con Simonetta Agnello Hornby

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