Pubblicato su una rivista internazionale lo studio di un team di ricercatori dell’Università di Cagliari che dimostra la grande capacità della pianta di trattenere zinco, piombo e cadmio a livello radicale e limitarne la diffusione. Nella scoperta coinvolti tre dipartimenti, Hortus Botanicus Karalitanus e il Centro Conservazione Biodiversità
19 October 2018
Un esemplare di elicriso

di Sergio Nuvoli

Cagliari, 19 ottobre 2018 - È stato appena pubblicato sulla rivista internazionale “Bulletin of Enviromental Contamination and Toxicology” l’articolo dal titolo “Metal Tolerance Capability of Helichrysum microphyllum Cambess. subsp. tyrrhenicum Bacch., Brullo & Giusso: A Candidate for Phytostabilization in Abandoned Mine Sites”.

Come ben noto, le discariche minerarie dismesse presenti in Sardegna causano un forte impatto ambientale sul territorio e portano ad una serie di problematiche che interessano l’aria, il suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, compromettendo fortemente la biodiversità e la salute umana.

Il frontespizio della pubblicazione
Il frontespizio della pubblicazione

La ricerca, frutto di un lavoro sinergico fra ricercatori dell’Hortus Botanicus Karalitanus (HBK), del Centro Conservazione Biodiversità (CCB), del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale ed Architettura e del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari, mostra la grande capacità dell’elicriso tirrenico di tollerare elevatissime concentrazioni di zinco, piombo e cadmio, i tre più pericolosi metalli pesanti inquinanti presenti nella discarica mineraria di Campo Pisano (Iglesias).

La pianta dimostra una grande capacità di trattenere questi metalli a livello radicale e limitare la loro traslocazione negli organi epigei come i fusti e le foglie. Queste capacità, unite alla sua grande adattabilità alle differenti condizioni climatiche ed edafiche, la rendono un’ottima candidata per interventi di fitostabilizzazione di aree minerarie dismesse. Lo studio dei ricercatori dell’Università di Cagliari, inoltre, permette di evidenziare l’importanza dell’utilizzo della flora autoctona come risorsa naturale in grado di mitigare gli impatti antropici pregressi.

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