Dipartimento di Fisica

Curriculum Vitae et Studiorum
Prof. Dr. Luciano Burderi

DATI PERSONALI

Luciano Burderi
Dottore di Ricerca in Fisica e Professore Associato
Dipartimento di Fisica dell’ Universita’ di Cagliari
Indirizzo: SP Monserrato-Sestu, KM 0.7, 09042 Monserrato, Italy
Tel. 070 6754854
email: burderi@dsf.unica.it

ISTRUZIONE E CARRIERA SCIENTIFICA

Ha conseguito la laurea in fisica presso l’ Università di Palermo nel 1989 con una votazione di 110/110 e lode, ed una tesi dal titolo: Un metodo di timing per una pulsar superveloce in un sistema binario.

Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Fisica presso l’ Università di Palermo nel 1994 con una tesi di dottorato dal titolo: Fenomeni di variabilità temporale nelle NS.

Dal 1994 ha usufruito di diverse borse di studio e contratti post-doc presso l’ Agenzia Spaziale Italiana, l’ Astronomy Group dell’ Università di Leicester dove ha trascorso tre anni dal 1994 al 1996, e l’ Università di Palermo.

Nel 1999 è stato assunto come Ricercatore Astronomo presso l’ Osservatorio Astronomico di Roma.

Nel 2005 è stato assunto come Professore Associato presso il Dipartimento di Fisica dell’ Università di Cagliari, dove attualmente lavora.

ESPERIENZA DIDATTICA

Ha una notevole esperienza didattica, ed è stato titolare di parecchi Corsi Universitari a Contratto. Attualmente è titolare di tre corsi di Astronomia nell’ambito del Corso di Laurea in Fisica dell’Università di Cagliari ed un corso di Astronomia per il Corso di Dottorato di Ricerca in Fisica dell’Università di Cagliari.

NUMERO DI PUBBLICAZIONI ED H-INDEX

L’ attività di ricerca svolta è documentata da pubblicazioni su riviste internazionali: ad oggi un totale di 126 pubblicazioni su riviste internazionali ISI con referee sono documentate sul sito:
“ISI Web of Knowledge”, citazioni totali: 1883, H-index: 26 (fonte: Thomson Reuters Web of Knowledge SM – formerly ISI Web of Knowledge). Inoltre 120 Atti di Congressi sono documentati sul sito: SAO/NASA Astrophysics Data System – ADS (fonte: The Smithsonian /NASA Astrophysics Data System).

INCARICHI ORGANIZZATIVI ED ALTRI INCARICHI

Dal 1997 è collaboratore permanente, come “referee”, delle riviste scientifiche internazionali Astrophysical Journal, Astronomy & Astrophysics, e Monthly Notices of the Royal Astronomical Society

Dal 2006 è coordinatore del dottorato di ricerca in Fisica Nucleare, Subnucleare ed Astrofisica presso il dipartimento di Fisica dell’ Università di Cagliari.

E’ stato responsabile dell’ organizzazione scientifica e logistica (nonchè editore dei corrispondenti volumi di Proceedings) di parecchi Congressi Nazionali ed Internazionali, quali:

EVOLUTION OF BINARY AND MULTIPLE STAR SYSTEMS, A Meeting in Celebration of Peter Eggleton’s 60th Birthday, Bormio, 25 June – 1 July 2000

PRIMO CONGRESSO NAZIONALE SUI GAMMA RAY BURSTS, Osservatorio Astronomico di Roma, Monte Porzio Catone, 12 – 14 Dicembre 2001

INTERACTING BINARIES: Accretion, Evolution & Outcomes, July 4 – 10, 2004, Cefalu’ (Italy)

THE MULTICOLOURED LANDSCAPE OF COMPACT OBJECTS AND THEIR EXPLOSIVE ORIGINS: theory vs observations, June 11 – 24, 2006, Cefalu’ (Italy)

ASPETTI PRINCIPALI DELL’ ATTIVITA’ DI RICERCA

Luciano Burderi svolge la sua attività di ricerca nell’ ambito dell’ Astrofisica delle Alte Energie.
I suoi studi sono focalizzati sui sistemi binari che ospitano un oggetto compatto (stella di neutroni, NS, o buco nero, BH) che accresce materia da una stella compagna (secondaria).
In queste sorgenti, la materia accresce sull’ oggetto compatto (primaria) rilasciando l’ energia potenziale gravitazionale nella banda dei raggi X. Per NS e BH l’ efficienza del processo di accrescimento è circa il 10% della massa di riposo. L’ analisi della emissione nella banda X permette di studiare la geometria del flusso di accrescimento, i parametri fisici della primaria ed il comportamento della materia in condizioni estreme: forti campi gravitazionali ed intensi campi magnetici.
L’ attività di ricerca si basa su un approccio sia teorico che osservativo, soprattutto attraverso l’ analisi di dati da satelliti per l’ astronomia X.
In particolare, l’ attività scientifica di Burderi si è concentrata sulle cosiddette Binarie X di Piccola Massa (LMXB), in cui le secondarie hanno masse inferiori a quella del Sole.

La gran parte di questi sistemi sono transienti con tempi scala che vanno dai giorni agli anni. La transienza è difficile da spiegare con variazioni delle condizioni di contatto tra la superficie della secondaria ed il suo Lobo di Roche (RL), poiché queste avvengono su tempi scala assai più lunghi. Invero, l’ evoluzione nucleare della secondaria va avanti almeno per decine o centinaia di milioni di anni, e tempi scala confrontabili o superiori, sono associati ad altri processi che mantengono il contatto con il RL grazie a perdite di momento angolare: Frenamento Magnetico o emissione di onde gravitazionali.

Una possibile soluzione è che instabilità nel flusso di accrescimento determinino la transienza. In particolare le instabilità termiche del disco di accrescimento che insorgono ove la sua temperatura superficiale scenda al di sotto della temperatura di ionizzazione del plasma, sono un meccanismo promettente.
Infatti i dischi instabili si svuotano su tempi scala viscosi che sono quelli desiderati (da giorni ad anni, in funzione dalla viscosità e dalla estensione del disco). In questo caso bisogna tener conto dell’ irradiazione del disco da parte della sorgente X. Ciò ha effetti stabilizzanti per sistemi binari stretti che ospitano dischi meno estesi (l’ estensione del disco dipende dalla dimensione del RL della primaria, che aumenta con il periodo orbitale). Lo scenario proposto si accorda in linea di massima con le osservazioni (van Paradijs 1996, ApJ, L139, King, Kolb, and Burderi 1996, ApJ, 464, L127), a patto di postulare valori “ad hoc” per il parametro di viscosità adimensionale di Shakura Sunyaev (1973, A&A, 24, 337) per riconciliarsi con i dati. In particolare è necessario assumere variazioni significative di tale parametro tra stati “caldi” e “freddi” del disco. Si crede che questi modelli più articolati, noti come Modelli di Instabilità dei Dischi (DIM), operino nella maggior parte dei sistemi.

Incoraggiati da questo successo, Burderi, King e Szuszkiewicz (1998, ApJ, 509, 85) hanno studiato i dischi che alimentano i BH supermassivi dei Nuclei Galattici Attivi (AGN), esaminando tutti i possibili modelli di dischi stazionari otticamente spessi e geometricamente sottili rilevanti per gli AGN ed identificando i regimi in cui risultano stabili rispetto ai DIM, e trovando che la maggior parte dei dischi degli AGN sono instabili. Essi hanno pertanto ipotizzato che ogni galassia ospiti un BH supermassivi al suo centro e che gli AGN siano soltanto la frazione di BH supermassivi attualmente soggetti ad un accrescimento instabile (outbursts), sebbene alcuni, se non tutti, i Quasar potrebbero contenere una popolazione di dischi stabili, avendo tassi di accrescimento molto maggiori degli altri AGN. I tempi scala dei DIM, opportunamente riscalati, vanno da svariate decine ad parecchie centinaia di anni in funzione del parametro di viscosità adottato. In questo contesto va menzionato l’ editoriale “News and Views” della prestigiosa rivista Nature a firma di Siemiginovska & Elvis (1999, Nature, 397, 476) che discute le implicazioni di questi risultati. Lo stesso lavoro è stato citato da Virginia Trimble nella sua rassegna “Astrophysics in 1999” (Trimble and Aschwanden 2000, The Publications of the Astronomical Society of the Pacific, Volume 112, Issue 770, pp. 434-503), dove vengono illustrati i risultati più significativi in astrofisica nel corso dell’ anno. Nella stessa rassegna è citato un’ altro lavoro di Burderi (Burderi, King, and Wynn 1998, MNRAS, 300, 1127) sulla discrepanza tra il tempo scala di raffreddamento e quello di rallentamento di una Radio Pulsar al Millisecondo (MSP, una classe di circa 200 pulsar radio con periodi di rotazione (spin) al di sotto dei dieci millisecondi).

Negli ultimi anni le indagini scientifiche di Burderi e del suo gruppo si sono concentrate su studi teorici ed osservativi di una nuova classe di sorgenti X, le cosiddette Pulsar al Millisecondo in Accrescimento (AMP): sistemi binari che ospitano una NS rapidamente ruotante (che emette pulsazioni nella banda X), con debole campo magnetico e che mostra episodi di accrescimento transiente da una secondaria di massa molto bassa. Il primo membro di questa classe, SAXJ1808.4-3658, è stato scoperto nel 1998 (Wijnands and van der Klis 1998, Nature, 394, 344). Attualmente si conoscono 14 sistemi di questo tipo e si crede che essi siano strettamente correlati alle MSP.
Il quadro teorico che unisce queste due classi, rivelati in due bande assai diverse dello spettro elettromagnetico, è il cosiddetto Scenario del Riciclaggio. Secondo questo schema evolutivo, lo spin di una NS è dapprincipio rallentato al di sotto della soglia richiesta per innescare l’ emissione non termica della pulsar radio dalla conversione di energia rotazionale in radiazione elettromagnetica secondo la formula di Larmor. Successivamente la NS è riattivata come pulsar radio (riciclata) in seguito ad una fase di accelerazione dello spin determinata dall’ accrescimento di materia e momento angolare dalla secondaria (vedi p. es. Bhattacharya and van den Heuvel 1991, Physics Reports, 203, 1, per una rassegna).
In senso lato lo Scenario di Riciclaggio suggerisce che le AMP siano almeno una parte dei progenitori delle MSP.

Dal punto di vista osservativo, Burderi ed il suo gruppo hanno sviluppato tecniche di “Timing” specificamente progettate per analizzare dati raccolti nella banda X di AMP, il che ha loro permesso di determinare gli spin delle NS ed i parametri orbitali con enorme precisione (vedi p. es. Burderi et al. 2007, ApJ, 657, 961, Papitto et al. 2007, MNRAS, 375, 971, Riggio et al. 2007, MNRAS, 382, 1751). Questo ha permesso di osservare il comportamento della NS in risposta all’ accrescimento di materia e momento angolare su un tempo scala di decine di giorni (Burderi et al. 2006, ApJ, 653, L133, Papitto et al. 2008, MNRAS, 383, 411). Inlotre l’ analisi di osservazioni successive da outburst differenti della stessa sorgente ha permesso di studiare l’ evoluzione secolare dello spin e dei parametri orbitali (vedi p. es. Papitto et al. 2011, A&A, 528, 55, Hartman et al. 2009, ApJ, 702, 1673).

L’ interpetrazione teorica di questi dati di altissima qualità ha permesso a Burderi ed al suo gruppo di verificare diverse assunzioni dello Scenario del Riciclaggio ed altresì di delineare nuove ed interessanti fasi evolutive di questi sistemi.

In particolare il rallentamento secolare dello spin della NS, rilevato in alcune AMP, ha permesso di determinare che le intensità del campo magnetico (dipolare) sono di alcune centinaia di milioni di Gauss (vedi p. es. Riggio et al. 2011, A&A, 531, 140), il che dimostra come, almeno in alcuni casi, le NS nelle AMP abbiano campi magnetici comparabili a quelli delle MSP, come predetto dallo Scenario di Riciclaggio.

D’ altra parte la significativa espansione orbitale scoperta in SAXJ1808.4-3658 (Burderi et al. 2009, A&A, 496, L17) sembra indicare che il trasferimento di massa è altamente non conservativo: brevi episodi di accrescimento durante gli outburst X, sono seguiti da lunghe fasi di quiescenza in cui la materia, che continua a fuoriuscire dal RL della secondaria, è spazzata via dalla pressione di radiazione esercitata dalla NS rapidamente ruotante che agisce come un rotatore magnetico (cioè un dipolo magnetico rotante che converte energia rotazionale in emissione di onde elettromagnetiche e particelle relativistiche di alta energia, vedi p. es. il modello classico di Goldreich and Julian 1969, ApJ, 157, 869, sviluppato subito dopo la scoperta della prima radio pulsar). Burderi e collaboratori hanno chiamato questa fase evolutiva Radio-Ejection (Burderi et al. 2001, ApJ, 560, L61). Poiché la pressione esercitata dal rotatore magnetico aumenta come il cubo della frequenza di spin, la Radio-Ejection è molto efficace nelle NS con alti spin. Questo è pertanto un meccanismo promettente per impedire la formazione di NS magnetiche con spin inferiori al millisecondo, che, in effetti, non sono mai state osservate a dispetto delle intense ricerche effettuate. In questo quadro non c’è bisogno di invocare l’ insorgere di instabilità rotazionali non assisimmetriche e la conseguente emissione di onde gravitazionali da NS rapidissimamente ruotanti per bloccare il processo di accelerazione ben prima del raggiungimento del limite centrifugo, che è calcolato essere ben al di sotto del millisecondo per modelli realistici di NS.
Il lavoro del 2001 di Burderi et al. è stato citato da Virginia Trimble nella sua rassegna “Astrophysics in 2002” (Trimble and Aschwanden 2003, The Publications of the Astronomical Society of the Pacific, Volume 115, Issue 807, pp. 514-591).

Rapidamente Burderi si è reso conto che questa fase evolutiva potrebbe giocare un ruolo cruciale nel determinare la natura transiente delle AMP. Infatti l’ applicazione dei DIM alle AMP solleva grosse difficoltà. Fasi di quiescenza che durano, di norma, parecchi anni sono implicate dalle osservazioni, ma poiché tutta la materia, riversata dalla secondaria all’ interno del RL della NS durante la quiescenza, deve accrescere sulla NS durante gli outburst, i tassi di trasferimento di massa dedotti sono molto bassi in quasi tutti i casi (spesso solo limiti inferiori possono essere posti per la durata della quiescenza). Tassi di trasferimento di massa così esigui sono marginalmente compatibili con i tassi predetti assumendo che il RL della compagna si stringa per le perdite di momento angolare dovute alla emissione di onde gravitazionali, particolarmente intense nelle AMP, caratterizzate perlopiù da corti periodi orbitali. Inoltre, se l’ espansione orbitale di SAXJ1808.4-3658 è il risultato di un trasferimento di massa di notevole entità, solo un decimo di questo flusso di materia è stato visto accrescere sulla NS durante i sette outburst osservati finora! Questo apparente paradosso è risolto se i DIM non giocano un ruolo significativo nel determinare la transienza delle AMP. D’ altra parte il comportamento transiente può essere agevolmente spiegato dall’ insorgere di lunghe fasi di Radio-Ejection alternate a brevi episodi di accrescimento (Burderi et al. 2009, A&A, 496, L17).

Una ulteriore evidenza della presenza di un rotatore magnetico nelle AMP è stata suggerita da Burderi e collaboratori attraverso una re-analisi della controparte ottica di SAXJ1808.4-3658 durante la quiescenza (Burderi et al. 2003, A&A, 404, L43). Le osservazioni ottiche indicavano che la secondaria era sovraluminosa. Questa luminosità extra è perfettamente compatibile con il riprocessamento della radiazione emessa da un rotatore magnetico da parte della superficie della secondaria, ove si assuma un campo magnetico di alcune centinaia di milioni di Gauss. Questo valore è consistente con i vincoli imposti dalla presenza di pulsazioni durante gli outburst, (Di Salvo and Burderi 2003, A&A, 397, 723) e con la summenzionata evoluzione secolare dello spin.
Successivamente questa metodica di indagine è stata da altri applicata con successo (p. es. Campana et al. 2004, ApJ, 614, L49, Campana et al. 2005, A&A 434, L9, D’Avanzo et al. 2009, A&A, 508, 297) per determinare l’ intensità del campo magnetico nelle AMP. L’ idea chiave è quella di utilizzare la secondaria come un bolometro che misura la quantità di energia assorbita dalla (altrimenti elusiva) radiazione di dipolo magnetico ruotante.

Una conferma spettacolare dell’ esistenza di una fase di Radio-Ejection, durante l’ evoluzione di
un sistema binario stretto che ospita una NS con campo magnetico rapidamente ruotante, è venuta dalla scoperta di PSR J1740, una MSP che mostra eclissi in (D’Amico et al. 2001, ApJ, 561,L89). Eclissi lunghe e variabili, allargamento della forma del profilo pulsato, dispersione elevata e variabile suggeriscono la presenza di sostanziali quantità di plasma sul piano orbitale. Inoltre una modulazione periodica ellipsoidale della controparte ottoca indica che la secondaria riempie il suo RL, benché l’ assenza di emissione X e la presenza di una MSP attiva indica che la materia non viene travasata attraverso il Punto Lagrangiano Interno fino alla superficie della NS. Burderi e collaboratori (Burderi, D’Antona, e Burgay 2002, ApJ, 574, 325) hanno interpetrato questo peculiare quadro osservativo come evidenza di un sistema che si trova attualmente in fase di Radio-Ejection. Essi hanno infatti calcolato che la pressione del rotatore magnetico è sufficiente ad arrestare il travaso di massa dal Punto Lagrangiano Interno, determinando le perdite di massa nel piano orbitale richieste per spiegare le osservazioni nella banda radio. Questo lavoro è stato citato da Virginia Trimble nella sua rassegna “Astrophysics in 2002” (Trimble and Aschwanden 2003, The Publications of the Astronomical Society of the Pacific, Volume 115, Issue 807, pp. 514-591).
La Radio-Ejection è stata invocata per spiegare la scarsità di sistemi con periodi orbitali tra 20 e 60 giorni nella distribuzione di binarie che contengono una MSP. Anche questo lavoro è stato citato da Virginia Trimble nella rassegna “Astrophysics in 2006” (Trimble, Aschwanden, and Hansen 2007, Space Science Reviews, Volume 132, Issue 1, pp. 1-182).

Nel corso di questi ultimi anni, Burderi ed il suo gruppo hanno sottolineato l’ importanza di fasi di trasferimento di massa altamente non conservative durante l ‘evoluzione delle LMXB. In queste fasi perdite significative di momento angolare, causate dalla perdita di massa, inducono una maggiore contrazione del RL intorno alla superficie della secondaria, il che incrementa il tasso di trasferimento di massa. Questo meccanismo di retroazione può amplificare in maniera drammatica il tasso di trasferimento di massa secolare. Se la NS non è in grado di accrescere questo enorme flusso di massa, vuoi per il raggiungimento del limite di Eddington o vuoi per l’ innescarsi della Radio-Ejection, il flusso in eccesso viene espulso dal sistema. Questo può determinare una breve fase di trasferimento di massa instabile, durante la quale l’ accrescimento avviene al limite di Eddington o non avviene affatto. Questo è un quadro promettente in cui inquadrare la fenomenologia delle Sorgenti X Brillanti del Centro Galattico, le cosiddette sorgenti Z (Burderi et al. 2010, A&A, 515, 44), un gruppo di meno di dieci LMXB, tutte con luminosità vicine al imite di Eddington. D’ altra parte, se l’ accrescimento è impedito dalla Radio-Ejection, il trasferimento di massa instabile può condurre alla espulsione della maggior parte della massa della secondaria (Di Salvo et al. 2008, MNRAS, 389, 1851). Questo è un possibile scenario evolutivo per la formazione di MSP isolate, ed è un meccanismo alternativo allo scenario delle “Black Widow” propostto da Tavani (Tavani 1991, Nature, 351, 39, Tavani 1991, ApJ, 379, L69, Tavani and Brookshaw 1991, ApJ, 381, L21) in cui la radiazione del rotatore magnetico è in grado di “evaporare” la secondaria di piccola massa.
La differenza sta nel fatto che, una volta che il trasferimento instabile ha inizio, non è richiesta energia alla NS per distruggere quasi completamente la secondaria poiché questo avviene a spese dell’ enorme energia di legame rilasciata dal nucleo della secondaria durante il drammatico restringimento orbitale. Una volta che la maggior parte della secondaria è stata espulsa, il piccolo nucleo residuo, ora in un orbita molto stretta, può essere agevolmente “evaporato” dalla radiazione di rotatore magnetico emessa dalla pulsar rapidamente ruotante. Questo rende la formazione di MSP isolate molto più facile.

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie