UniCa UniCa News Rassegna stampa Giovedì 16 febbraio 2012

Giovedì 16 febbraio 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 febbraio 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia (Pagina 15 - Edizione CA)
Nella stessa piazza
Pericolo, chiude un laboratorio di Ingegneria
 
Quel laboratorio è una fonte di finanziamento per l'Università. Ma, soprattutto, è un punto di riferimento indispensabile dell'industria sarda. Il laboratorio grandi modelli della facoltà di Ingegneria è quello dove si testano, in grandezza reale, quelle grandi strutture che, poi, verranno utilizzate nell'ingegneria civile: le travi, per fare un esempio, che reggono i viadotti o i ponti. Ed è anche quella struttura che certifica la qualità di questi materiali: senza quell'attestazione non potrebbero essere utilizzati. Ebbene, il laboratorio da ieri è chiuso proprio per il pericolo di crolli: una parte di quel padiglione poggia proprio su una delle cavità di piazza d'Armi.
In realtà, il laboratorio aveva già iniziato a lavorare a regimi ridotti dopo le alluvioni del 2008: allora, il Comune decise di impedire il passaggio dei mezzi pesanti nelle strade vicine (non a caso, anche il Ctm utilizza soltanto i “pollicini”). Ma l'attività, in qualche modo, è continuata ad andare avanti. Anche forzando la mano: alcuni camion, rischiando (e, talvolta, pagando) multe hanno portato i materiali da testare. Cosa che, da ieri, è diventata impossibile dal momento che l'Università, per tutelare l'incolumità di chi opera nel laboratorio (tecnici, borsisti ma nessuno studente), ne ha deciso la chiusura. È vero che solo una piccola parte di quel padiglione poggia sopra la grotta ma il rischio è, comunque, alto.
Paga pesantemente il conto l'Università che, dopo la “cura Gelmini”, deve cercare da qualunque parte i fondi per il suo sostentamento. Ma, soprattutto, pagano le industrie che hanno bisogno di queste certificazioni. In altre regioni, il problema potrebbe essere risolto facilmente: chiuso un laboratorio, sarebbe sufficiente rivolgersi a quello più vicino, magari in un'altra regione. Ma in Sardegna non esiste questa possibilità.
Ma, appunto, dopo lo studio effettuato dalla stessa Università, i vertici dell'ateneo si sono ritrovati a dover fare una scelta obbligata. E, dunque, è arrivata la chiusura in attesa che il problema legato alle cavità della zona venga risolto definitivamente. ( mar.co. )
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 4 - Edizione CA)
Il confronto con la legislazione europea
L'articolo 18?
Anomalia tutta italiana
Pier Giorgio Corrias*
 
Nell'ambito dei temi in discussione fra il Governo e le parti sociali relativamente alla riforma del mercato del lavoro spicca quello dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970, più noto come lo Statuto dei lavoratori.
Si inserisce nell'ambito del principio fondamentale del sistema giuslavoristico in materia di licenziamento; che cioè esso deve essere giustificato, vale a dire fondato su una giusta causa ovvero su un giustificato motivo: ove sussista la prima il lavoratore può essere licenziato “in tronco”, cioè senza preavviso; ove sussista il secondo, cioè il giustificato motivo che è dato da un notevole inadempimento di obblighi contrattuali o da reali e serie esigenze attinenti al regolare funzionamento della organizzazione produttiva, il lavoratore può essere licenziato con il preavviso.
Tale fondamentale principio è previsto, non già dall'articolo 18, bensì dalla legge n. 604 del 1966, che ha regolato nella sua interezza il licenziamento.
Questa legge prevede che nel caso di licenziamento non giustificato, il giudice ordini la riassunzione del lavoratore, ovvero il pagamento di una indennità stabilita dal giudice. Ove il datore scelga il pagamento della penale il rapporto di lavoro non viene ripristinato. Diversamente accade quando si applica l'articolo 18 della legge 300/197 giacché esso prevede che il licenziamento ingiustificato è invalido; cioè non produce l'effetto di far cessare il rapporto di lavoro che, perciò, viene automaticamente ripristinato e, da allora, produce tutti gli effetti che gli sono propri. Non solo, il lavoratore avrà diritto a un risarcimento del danno determinato in una somma corrispondente al complesso delle retribuzioni che avrebbe percepito ove non fosse stato estromesso dal proprio "posto di lavoro" per via del licenziamento poi dichiarato invalido. Il datore di lavoro dovrà poi pagare la contribuzione previdenziale.
L'articolo 18 si applica ai soli datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze più di 15 lavoratori nell'unità produttiva in cui operano, ovvero più di 60 complessivamente. Anche se hanno tali dimensioni, non trova applicazione alle organizzazioni di tendenza, che svolgono attività di natura politica, sindacale e culturale ovvero di religione di culto (articolo 4 legge 108/1990).
Questa è la situazione di fatto che suscita tante contrapposizioni.
L'articolo 18, si dice, è norma che esprime un principio di civiltà giuridica; ma se così fosse non sarebbe tollerabile una tale differenza di trattamento tra lavoratori, che invece non è stata neppure sanzionata dalla Corte Costituzionale; d'altronde un regime analogo a quello di cui all'articolo 18 non è affatto generalizzato neppure nella Comunità Europea, i cui ordinamenti principalmente lo riservano al licenziamento discriminatorio.
Si dice ancora che, data la situazione della disoccupazione, occorrono provvedimenti che facilitano la creazione di nuovi posti e non certo la cessazione di quelli esistenti.
Si tratta di mera polemica posto che l'una cosa non esclude l'altra.
È fuori discussione che debba ricevere massima cura lo sviluppo, ma sia la Banca centrale europea che il governo reputano che un sistema che consente una più ampia “facilità in uscita” determini una maggiore produttività e competitività del sistema Italia, e dunque alla fine concorra a realizzare una situazione più favorevole per attirare capitali e imprese estere e in definitiva per gli stessi lavoratori e per la loro occupabilità.
Quanto sia vero tale convincimento non è facile dire e non può certo essere qui approfondito. Ma sembrerebbe ragionevole ritenere che questa maggiore facilità nell'estinguere i rapporti induca gli imprenditori ad assumere più facilmente.
In ogni caso porrebbe il nostro Paese alla pari con gli altri concorrenti europei.
* Associato di Diritto del lavoro nella facoltà di Giurisprudenza all'Università di Cagliari
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
L'esperto
«La ripresa? Abbassare le tasse per ripartire»
 
«Se per due trimestri consecutivi si registra un dato negativo, allora si parla di recessione tecnica», spiega Vittorio Dettori, docente di Economia all'Università di Cagliari. Siamo dunque nella fase del ciclo economico che tende verso il basso e ora si attende la risalita. Un percorso non semplice, anche se «i dati resi noti dall'Istat credo siano stati già ampiamente scontati, visto che l'Italia ha un problema di crescita che si trascina da tempo, e gli interventi messi in campo dal Governo sono volti proprio a promuovere un tentativo di ripresa», aggiunge Dettori. Anche se forse quanto messo in campo dal Governo non è sufficiente. Le imprese investono se ci sono aspettative positive, altrimenti scappano, vanno in altri Paesi. Anche perché magari la tassazione è favorevole. «La questione centrale riguarda le aspettative: se ci si attende un'ulteriore caduta, nessuno investe. E se la trattativa sul lavoro è importante, altrettanto lo sono la pubblica amministrazione e la giustizia civile», osserva Dettori. Insomma, le imprese vanno messe nelle condizioni di promuovere sviluppo, per esempio riducendo le tasse. «Certo, ridurle, sia per le persone fisiche che per le aziende, permetterebbe di stimolare la domanda interna nel primo caso e nel secondo di garantire maggior reddito agli imprenditori, e quindi migliori aspettative». ( g. d. )
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cagliari Quartieri (Pagina 20 - Edizione CA)
La cerimonia
Un mandorlo per ricordare Coroneo
 
Allievi e docenti di Lettere, nel giardino della Cittadella dei Musei, hanno ricordato Roberto Coroneo, il preside scomparso a 53 anni.
Durante la cerimonia è stato piantato un mandorlo, per gli studenti «l'albero che più si avvicina alla vita del professore». (ma.mad.)
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 46 - Edizione CA)
L'incontro a Cagliari
Editori e librai: una sfida da vincere uniti
 
«Ho da tempo un rapporto particolare con i librai sardi perché hanno un'identità da raccontarmi». Piero Rocchi, direttore tecnico della Scuola Librai Italiani di Orvieto, libraio lo è stato per quindici anni. E agli studenti universitari di Cagliari a caccia di opportunità professionali che permettano di coltivare la passione dei libri, chiarisce subito che l'identità serve eccome, ché non si è commessi bensì "facilitatori". C'è bisogno di librai per i consigli su un titolo, i suggerimenti sugli autori e sulle case editrici, la conoscenza delle novità editoriali e dei singoli editori nonché indicazioni dei percorsi di lettura. Nella cassetta degli attrezzi non deve mancare l'umiltà (da tenere a bada lo "snobismo culturale", dato che il lettore deve entrare e non restare fuori intimorito) e una sapienza contabile (ovvero meglio imparare a trattare con i bilanci, anche se si viene da facoltà umanistiche).
Alla mano le statistiche: «I numeri mi danno ragione: il 55 per cento dei nostri allievi, entro un anno dal termine degli studi, trova lavoro in libreria quando dispone di qualcosa da proporre, di un'identità». Ieri, all'Università di Cagliari, è stato uno dei protagonisti di una conversazione tra librai ed editori all'interno di una serie di incontri promossi dal corso di laurea in Scienze della comunicazione dell'Ateneo cagliaritano. Gli altri ospiti del seminario, organizzato in collaborazione con l'istituto di Orvieto e la libreria Cuec, tre editori di pregio introdotti dalla presidente del corso di laurea Elisabetta Gola: Marco Cassini di Minimum Fax, Pietro Biancardi delle Edizioni Iperborea e Lorenzo Ribaldi della casa editrice La Nuova Frontiera. Da qualche anno girano il Paese per incontrare i librai e riappropriarsi del mercato, ricorda quest'ultimo: «La risposta c'è stata: abbiamo trovato nuovi sbocchi e creato un circuito virtuoso che, credo, abbia favorito anche altri piccoli editori».
La crisi c'è sempre stata. «E la metafora che più si sente in giro nell'editoria è il bicchiere mezzo pieno mezzo vuoto», afferma Biancardi, «ma questo momento è anche molto interessante per chi vuole fare questo mestiere». Se hai la passione, come loro, accetti le sfide. «Senza mai dimenticare che se dici cultura ti riferisci all'industria culturale e con editoria si parla di un mestiere con regole da imparare», il monito di Cassini. Un plauso ai librai indipendenti: restano primi della classe quanto a preparazione. Come si collocheranno tra catene e grande distribuzione e un scenario di ebook? Da vedere. Intanto parlare di boom dell'elettronico è prematuro. I titoli sono ancora pochi rispetto al libro di carta che resta, in assoluto, il regalo più fatto. Ne sorride Rocchi: «ll libro è una di quelle cose in cui in ogni epoca si grida alla scomparsa. Ma se sono un buon librario ti convinco a comprare l'ebook e anche il cartaceo».
Manuela Vacca
 

LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Piantato un mandorlo alla presenza di familiari, docenti e studenti
Un albero nella Cittadella dei musei per ricordare Roberto Coroneo
 
 CAGLIARI. Studenti, docenti, collaboratori e familiari ricordano il professore Roberto Coroneo, il preside della facoltà di Lettere e filosofia scomparso l’11 gennaio scorso. La commemorazione si è tenuta ieri pomeriggio nel giardino della Cittadella dei Musei intorno al ‘noce greco’, il mandorlo piantato per l’occasione. Un albero che ‘darà frutti meravigliosi’ come sottolineano gli studenti che insieme a Coroneo hanno condiviso esperienze di vita e di studio come le corse a Istanbul. ‹‹Ha combattuto sempre in prima linea con noi studenti e grazie a lui non è stato chiuso il corso in Beni culturali - spiegano gli studenti - ci ha insegnato il metodo, qualcosa che ci rimarrà per sempre. Speriamo d’essere degli studenti degni di un professore come lui››. Il 9 marzo alle 18 alla Parrocchia delle Palme si terrà una messa in ricordo del professore.(b.c.)
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Mastino: «Le nostre richieste a Napolitano»
Un nuovo corso di laurea in ingegneria
La fabbrica della cultura dopo 4 secoli e mezzo cambia vita e si rinnova
PASQUALE PORCU
 
 SASSARI. L’Università di Sassari si appresta a festeggiare i suoi 450 anni di vita con una serie di iniziative che aiuteranno a capire quale sia stato il suo ruolo in questo territorio, nella regione e nel Mediterraneo. «La nostra- dice il magnifico rettore Attilio Mastino- è una grande università europea con molte punte di eccellenza, buoni rapporti internazionali e un importante processo di modernizzazione in atto». E proprio in quest’ultima tema rientra il progetto dell’ateneo sassarese di istituire un corso di laurea triennale in ingegneria informatica. Tempi e modalità del progetto? Per ora il rettore non vuole dare particolari, ma la macchina organizzativa è già partita e non è escluso che già dal prossimo anno accademico il corso di laurea possa essere attivato.
 Ma qual è la fotografia della università di Sassari a 450 anni dalla sua nascita?
 I numeri erano contenuti nell’intervento che il professor Mastino ha presentato all’inaugurazione dell’anno accademico 2011/2012. «Celebreremo solennemente i nostri 450 anni di vita nel mese di marzo,- aveva annunciato il rettore in quella occasione- ma intanto vogliamo aprire questo anno accademico pensando alla nuova università che insieme stiamo rifondando, dando esecuzione ad una legge, la n. 240 del 30 dicembre 2010, che non possiamo valutare positivamente, che ci ha dato tante amarezze, che è in qualche modo espressione del mito dell’aziendalizzazione delle università e del valore commerciale del sapere, ma che paradossalmente oggi è diventata la nuova frontiera per difendere l’autonomia universitaria, per valorizzare il merito, per conservare un patrimonio che ereditiamo con emozione, consapevoli che saremo giudicati per quello che non saremo stati capaci di fare, soprattutto se non affronteremo alcuni problemi centrali e alcune minacce».
 Meno risorse per il Sud «La spaventosa diminuzione delle risorse specie nel Mezzogiorno- aveva detto Mastino- lo scardinamento dell’intera struttura degli Atenei e la confusa ricomposizione dei Dipartimenti su nuove basi, l’indebolimento del Senato, la riduzione delle rappresentanze, l’impoverimento dei momenti di democrazia e di confronto, la ulteriore precarizzazione dei ricercatori dopo anni di duro apprendistato, la generale confusione di ruoli, di compiti, di obiettivi; elementi che richiedono politiche di integrazione che correggano il modello centralistico di base e combattano il rischio di un’ulteriore stretta oligarchica, confermata dall’espulsione dei ricercatori sia dalle commissioni di concorso sia dai requisiti per i dottorati».
 E se la crisi economica e finanziaria colpisce duro un po’ dovunque in Italia e in Europa, in Sardegna la situazione è drammaticamente più grave. E in questo quadro l’università di Sassari vuole giocare la propria parte.
 665 docenti «Con i suoi 665 docenti, con i suoi 583 tecnici, amministrativi, bibliotecari, con i suoi 26 collaboratori esperti linguistici, con i suoi 15.561 studenti e oltre mille dottorandi e specializzandi- ribadisce ancora oggi il professor Mastino- l’Università di Sassari è una risorsa e non un peso. Lo diremo al presidente Giorgio Napolitano il 21 febbraio in occasione della sua visita a Sassari».
 Soprattutto, il magnifico rettore dell’ateneo turritano dirà al presidente della Repubblica, quanto «gli investimenti in conoscenza siano necessari» e di quanto «in Sardegna il compito dell’Università sia cruciale e come sia necessario arrivare alla nascita di un sistema regionale integrato in piena sinergia tra i due Atenei, con un modello di università a rete aperta ad una dimensione internazionale».
 E tra tanti segnali il rettore ricorda che «dal nostro osservatorio cogliamo tanti segnali di speranza, tanto impegno, tante aree di eccellenza: abbiamo aperto le celebrazioni per i 450 anni premiando con un tablet i nostri 450 migliori studenti, che sono veramente al centro dei nostri progetti».
 Eccellenze e fuoricorso Quando si parla di giovani Mastino ricorda «il recente premio nazionale ottenuto dalla giovane economista Francesca Piga, col progetto Campus mentis. Per non parlare del premio Unesco assegnato alla nostra chimica Valeria Alzari, riconoscimento insieme per una scuola scientifica e per un impegno personale».
 Accanto alle eccellenze, però, c’è la drammatica realtà dell’alto numero dei fuori corso: uno studente su due. E basta scorrere la tabella pubblicata in questa pagina per vedere che questo dato è praticamente costante negli anni. Ed è una ben magra consolazione sapere che il voto medio ottenuto negli esami sostenuti all’università di Sassari è 26 trentesimi. Lo scarso rendimento didattico proietta un effetto negativo anche sul bilancio finanziario dell’ateneo. Più peggiora il rendimento didattico meno soldi arrivano dal Ministero (si pensi che l’ateneo turritano poteva contare su 82 milioni nel 2008, nel 2011 sono dieci milioni di meno). A determinare un risultato didattico negativo, secondo molti docenti, contribuiscono almeno due fattori: la scarsa preparazione di base con cui i liceali affrontano gli studi universitari e una metodologia didattica nella quale molti ragazzi, più a loro agio col computer, non si riconoscono. Ben vengano pc e tablet, insomma, ma guai a dire a uno studente di leggere un libro in più.
 La classifica Censis E se fa piacere che l’università di Sassari sia al terzo posto nella graduatoria degli atenei medi (dai 10 ai 20 mila iscritti) del Censis pubblicata nella Guida all’Università de La Repubblica, non bisogna dimenticare che oltre ad Architettura (2º posto nella hit parade nazionale) e Agraria (8º posto) ci sono facoltà come Economia (27º posto), Medicina e Chirurgia (26ºposto), Lettere e Filosofia (33ºposto), Giurisprudenza (24º posto) con una tendenza, per qualche corso di laurea, a perdere piuttosto che a guadagnare posizioni in quella graduatoria.
 Da qualche giorno, inoltre, nell’università di Sassari le 11 facoltà sono state sostituite da 13 dipartimenti che, dice Mastino, saranno «la cellula di base nella quale didattica, ricerca, trasferimento a favore del territorio si incontrano, come è previsto nel nuovo statuto pubblicato il 23 dicembre sulla Gazzetta Ufficiale».
 I dipartimenti Dipartimento di Agraria, Architettura, Chimica e Farmacia, Giurispudenza, Economia, impresa e regolamentazione, Medicina Veterinaria, Scienze chirurgiche, microchirurgiche e mediche, Scienze biomediche, Medicina clinica e sperimentale, Storia, Scienze dell’uomo e della formazione, Scienze umanistiche e sociali, Scienze Politiche, comunicazione e Ingegneria dell’informazione e Scienze della natura e del territorio.
 
Pagina 4 - Sardegna
LE CELEBRAZIONI
Una laurea al presidente della Repubblica
 
SASSARI. Le celebrazioni per i 450 anni di fondazione dell’Università degli studi di Sassari, messi a punto dallo storico professor Antonello Mattone, hanno un calendario molto ricco che si è aperto il 21 novembre con la cerimonia di consegna di 450 tablet ad altrettanti studenti meritevoli. Finora sono state presentati volumi (da quello di Benedetto XIV su «Gesù di Nazareth» alla «Storia dell’università di Sassari» curato da Antonello Mattone), conferita una laurea ad honorem a Pasqual Maragall, svolte conferenze e convegni sulla ricerca, concerti, seminari. Martedì prossimo è prevista la cerimonia di conferimento al presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Dal 22 al 24 marzo sono previste due giornate di convegno e di studio sui 450 anni dell’ateneo con il coinvolgimento delle amministrazioni locali del ministro dell’università, del presidente della Camera dei deputati e dell’ambasciatore di Spagna in Italia. Ancora mostre e concerti ad aprile e maggio e il 5 novembre l’inaugurazione del 451esimo anno accademico.
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
L’avvocatura non va più di moda: in caduta libera le iscrizioni all’esame
Numeri negativi per una professione messa alla prova dal mercato e da norme discutibili
MAURO LISSIA
 
CAGLIARI. La professione di avvocato non è più un traguardo per i laureati in giurisprudenza: il numero degli iscritti alle ultime sessioni dell’esame per entrare nel Foro cagliaritano è crollato ed è vicino al cinquanta per cento rispetto ad appena quattro anni fa. Le cifre confermano spietatamente come il mercato, i tempi della giustizia civile e penale, i costi indispensabili per aprire e gestire uno studio legale abbiano indotto i giovani giuristi a cercare altre strade: se nel 2006 le iscrizioni al praticantato erano state 257, nel 2011 sono diventate 191, il 25% in meno. Significativo anche il calo dei nuovi avvocati: 283 nel 2008, l’anno scorso sono stati 116 con una leggera ripresa rispetto al 2010, quand’erano appena 92. Quella dei legali resta un’attività molto affollata: sono 2518 gli avvocati del foro di Cagliari, quasi la metà della Sardegna. Ma se le iscrizioni all’elenco del patrocinio gratuito e difesa d’ufficio sono salite vertiginosamente - ora sono 3309, oltre mille in più del 2006 - è chiaro che la domanda di tutela legale si è spalmata su un’offerta che spesso volge al ribasso, mettendo soprattutto gli studi più giovani in forte difficoltà: «Chi pensa a noi come a una categoria di ricchi - avverte Ettore Atzori, appena riconfermato presidente dell’Ordine forense cagliaritano - dovrebbe tener conto dei costi che un legale deve affrontare solo per tenere aperto uno studio». Costi elevatissimi, che ormai dissuadono molti giovani dal tentativo di farsi largo nelle aule di giustizia: l’affitto di una stanza (350-400 euro al mese), riviste giuridiche e codici (200 al mese) poi la cassa avvocati, il cui ‘fisso’ è stato raddoppiato di recente, passando agli attuali 3600 euro l’anno. Poi ancora l’assicurazione e le spese generali. Il conto oscilla tra gli 8000 e i 10000 euro l’anno, come dire che un giovane legale deve fatturare circa 900 euro al mese soltanto per non lavorare in perdita. Ma anche la parola fatturazione spesso diventa un miraggio: «Il mercato è quello che è - taglia corto Atzori - e anche quando, spesso dopo anni e anni, ci si trova in mano una sentenza che dispone il pagamento delle spese allo studio legale, incassare è un’impresa lunga e faticosa». Per non parlare dei clienti: «La crisi si sente, inseguire è diventata la normalità».
 A peggiorare le cose è arrivato l’aumento del contributo unificato, la ‘tassa’ dovuta allo Stato quando si avvia una causa: «Se per esempio trattiamo una causa tra i 26 mila e i 52 mila euro - spiega Atzori - chi l’avvia deve pagare 450 euro. Si arriva facilmente a oltre mille quando si supera un valore di 260 mila, come accade spesso nelle controversie ereditarie. Basta che ci sia un appartamento da dividere». Per ricorrere al Tar contro l’esito di un appalto servono duemila euro, quale che sia il valore. Ma tutto questo sarebbe meno grave se almeno i tempi delle cause e dei procedimenti penali fosse accettabile: in realtà sono lunghissimi, malgrado - l’ha detto la presidente Grazia Corradini all’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario - la Sardegna non sia la regione messa peggio.
 Avvocatura in difficoltà dunque? Di certo sotto tiro, nonostante gli ultimi due guardasigilli siano rappresentanti del Foro: «Tra un provvedimento e l’altro stiamo andando avanti in una situazione di precarietà totale - denuncia Atzori - e l’abolizione delle tariffe non è che l’ultima trovata in ordine di tempo. Chiedo semplicemente: se le tariffe non ci sono, come dovremmo compilare i preventivi che ora ci vengono richiesti dalla legge?». Nelle situazioni di crisi c’è sempre qualcuno che cede alla disperazione e sbaglia: gli esposti per illeciti disciplinari presentati all’Ordine nel 2011 sono stati 149 e le sanzioni inflitte 25. La cronaca recente poi, parla da sola: «Interveniamo con rigore - avverte Atzori - ma non è l’Ordine ad avere il potere d’indagine».

Questionario e social

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